Quando abbiamo intervistato Antonella Bellutti, pluri-olimpionica la sua attenzione e sensibilità ci avevano molto colpito. Immaginiamo che in questo momento il suo sguardo aperto al mondo la faccia soffrire parecchio, e così è…

Cara Antonella, come vedi questa recente “incursione” della guerra anche nel mondo dello sport?

Nell’antichità i giochi olimpici avevano la funzione di bloccare i conflitti. Erano nati con una connotazione quasi religiosa, per portare pace e sostenere i valori migliori dell’animo umano. Da quando sono partiti i giochi moderni, da De Coubertin in poi, alcune edizioni sono state soppresse per via delle guerre, ci sono stati boicottaggi nel periodo della guerra fredda e c’è stata comunque spesso una strumentalizzazione per ragioni politiche come, per esempio, nel caso del Tibet o di altri territori o per attentati terroristici. Ricordiamo che il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) è una potenza, ha 207 Stati membri e la visibilità dei giochi è altissima. Quello attuale è un ennesimo caso in cui lo sport diviene involontariamente strumento e vittima.

Come hai visto l’estromissione dalle Para-olimpiadi di atleti russi e bielorussi? Aveva un senso o era solo una ritorsione?

Si dice che lo sport dovrebbe essere al di fuori di tutto, invece così non è. Gli stessi atleti italiani non hanno potuto partecipare ai giochi di Mosca se facevano parte di un gruppo militare e chi lo ha fatto lo ha fatto sotto la bandiera del CIO, senza inno. Un atleta fa la sua vita, non credo debba essere punito per scelte che avvengono sopra la sua testa, ma anche le guerre avvengono sopra la nostra testa: c’è qualcuno che vuole la guerra? Non credo.

Io non avrei estromesso nessuno, ma la situazione è terribilmente complessa: il CIO deve tenere conto delle tante pressioni al suo interno, che spero si manifestino democraticamente. Certo io credo che un atleta dovrebbe essere al di sopra, neutrale, ma non sempre è così. Perché poi anche la Bielorussia? Perché sono alleati della Russia? Ce ne sono altri?  E la Cina, ultima sede di Olimpiadi e Para-olimpiadi, che rapporto ha con la Russia?

In un contesto del genere io non avrei proprio fatto i giochi, avrei eliminato il problema alla radice, ma mi rendo anche conto che non ci sono conflitti di serie A e di serie B. Se non si dovessero fare i giochi in presenza di conflitti, non li faremmo mai. Forse non è un caso che Putin abbia aspettato la fine delle Olimpiadi per iniziare questa guerra… Forse le Para-olimpiadi non interessano a nessuno.

Davvero non so quale sia la cosa giusta; credo però che anche lo sport, come noi, rimanga “incastrato” in un meccanismo feroce, distruttivo. Quello che è accaduto in questo inizio di 2022 è la dimostrazione che lo spirito olimpico ha fallito: quando nacque la carta olimpica e il CIO nel 1894 l’obiettivo professato era quello di creare un’umanità migliore. La gioventù, anche attraverso lo sport, doveva essere educata ai migliori valori di cui l’animo umano è capace. Questa missione è stata tradita, sia all’esterno dello sport, visti i tanti conflitti, sia all’interno del mondo sportivo stesso, il cui modello di gestione patriarcale e capitalistico alimenta tante disuguaglianze, discriminazioni, problemi.

Credo che dopo due anni di pandemia la speranza e la bellezza della vita vadano sollecitate. Siamo tutti stanchi e stanche, per due anni non abbiamo vissuto, dovevamo proteggerci e salvarci e adesso che vedevamo uno spiraglio è arrivata la tegola dell’energia, le bollette, attività in crisi che stanno peggio ancora, il timore del conflitto nucleare, i profughi, la disperazione…  Le persone sono devastate emotivamente, psicologicamente, economicamente, siamo sull’orlo del baratro. Un’assurdità: prima tutti impegnati a salvarci, curarci, rischiando la vita in corsia, per poi bombardarci… Una follia. Credo si debba ridare speranza e ricordare quanto possa essere bella la vita, fare tutto il possibile perché ciò che abbiamo fatto di buono possa avere il sopravvento. Sostenere le cose belle che sappiamo fare, anche se non sono perfette.

Non credi che lo sport, sottolineando l’appartenenza ad una nazionale, con le bandiere, possa “rinforzare” in qualche modo i nazionalismi? Se guardiamo un mappamondo fisico o politico, lo sport sembra radicato in quello politico, con tanto di confini e colori diversi…

Si, anche se quando si è ipotizzato che non ci fossero competizioni fra nazioni ma fra club, si è ritenuto che sarebbe stato ancora peggio… Io credo che lo sport sia destinato a un vero e proprio stravolgimento, quello che dici tu si innesta in realtà con un’altra grandissima questione che nello sport si mantiene fortemente: una visione binaria, maschile e femminile, che ora si sta mettendo in seria discussione con la possibile partecipazione degli atleti trans. E questo porterà il mondo dello sport agonistico a uno stravolgimento: probabilmente non ci saranno più gare per uomini e donne, ma ci saranno gare per persone che hanno il testosterone fino a questo livello, che hanno l’eritropoietina fino a questo livello, se vogliamo fare delle cose che abbiamo un senso.

Fino ad oggi il sistema con cui lo sport agonistico è stato organizzato rispondeva a una rigida classificazione, conseguenza di una visione antica della società, una visione vecchia ed esclusiva.  O prendiamo in mano il sistema nel suo complesso, perché è tutto da rivedere, o non basta ragionare sui nazionalismi, che sono solo una faccia del problema.

Pensi di ricandidarti alla guida del CONI? In fondo Lula è diventato presidente del Brasile al quarto tentativo…

(sorride) Mi piace molto che ci sia questo movimento che spinge, cerca qualcosa di diverso; quindi, con il gruppo con cui è nato il tutto stiamo cercando di continuare, di impegnarci per una reale rigenerazione, anche se non è facile, dato che siamo tutti volontari. Quindi ti dico che stiamo andando avanti con entusiasmo, quando sarà il momento di presentare una candidatura vedremo se sarò io la persona più rappresentativa di questo movimento. Diciamo che “facciamo paura”. Se, come diceva Gandhi, all’inizio ti ignorano, poi ti sbeffeggiano, poi ti attaccano e poi vinci, siamo alla terza fase.