Domenica 27 marzo con il patrocinio del Comune di Palermo e la preziosa collaborazione della “Bottega delle percussioni”, da un’idea di ”Classici in strada\classici contro”, del “Dipartimento culture e società” e del “Cidi” di Palermo, si è svolto ai Quattro canti e poi a piazzetta Sett’Angeli un flashmob dal titolo: ”Il suono dei tamburi contro il suono delle armi-Staffetta scuole per la pace”. Era presente una rappresentanza del liceo scientifico “Benedetto Croce” e del liceo classico “Vittorio Emanuele II”.
Tutti armati di tamburi, bacinelle, coperchi abbiamo voluto far sentire la voce di chi, in questo assurdo conflitto, non intende schierarsi con quanti ritengano le armi l’unica soluzione praticabile e pertanto non si riconoscono né nella parte dell’aggressore, la Russia, né in coloro che foraggiano gli aggrediti con le armi prolungando un conflitto che va mietendo di giorno in giorno sempre più vittime civili.
Appare ormai fin troppo chiaramente che nessuno voglia veramente la pace, a parte la gente comune che, com’è noto, nei conflitti non ha potere decisionale ed è carne da macello. Putin non si fermerà prima di aver portato a termine il suo progetto, Zelensky continua a chiedere sempre di più come se non si curasse delle conseguenze di un conflitto mondiale, Biden, immemore dei trascorsi americani, per la serie “da quale pulpito…”, in Europa, mette legna sul fuoco attraverso dichiarazioni che attendono solo una contromossa, i paesi Nato corrono al riarmo.
L’unico che mostri un po’ di giudizio sembra essere papa Francesco il cui grido rimane tristemente ignorato tanto che molta parte della stampa non lo racconta neanche. Certamente il suo ruolo facilita la posizione assunta ma non è poi così scontato affermarlo dal momento che Cirillo, patriarca di Mosca, proprio in virtù della sua missione avrebbe potuto mediare ma non l’ha fatto negando persino il nome alle cose.
Come non parlare dunque di superficialità ed irresponsabilità da parte di chi dice con la bocca di volere la pace ma poi la nega e la insulta con le azioni? Chiedere la pace e continuare il massacro non si annullano, forse, reciprocamente?
La storia purtroppo non insegna nulla a chi non vuole imparare ma se la si leggesse col desiderio di vedere come “nani sulle spalle dei giganti” apparirebbe chiaro che ogni guerra rischia di preparare la successiva nella storia antica (si pensi alle guerre persiane che spianarono la strada al conflitto del Peloponneso) come in quella contemporanea (la fine della Prima guerra mondiale aprì la strada alla Seconda).
Quale dunque il futuro per i nostri figli? Distruzione, desolazione, morte?
Non ci sto, credo nei nostri tamburi e nelle nostre bacinelle che rumoreggiano per la pace come valore assoluto senza se e senza ma. Credo nella forza prorompente dell’utopia che più di una volta ha salvato l’umanità. La pace la si conquista se la si desidera veramente e se si comprende che un mondo armato è destinato prima o poi all’autoannientamento.
La letteratura ha svolto non di rado il ruolo di Cassandra , si pensi alle dichiarazioni profetiche di Pasolini sulle degenerazioni del capitalismo o sul disastro ambientale così, dall’inizio del conflitto, non riesco a non pensare alle parole con cui Svevo conclude il suo romanzo più celebre, sperando ovviamente, che si sia sbagliato: “Un domani, quando sarà stata inventata la carica esplosiva più devastante di tutte quelle brevettate sino ad allora, qualche uomo, più malato degli altri, la ruberà, la collocherà al centro del mondo e la farà esplodere. In questo modo, distruggendosi del tutto la terra, finirà anche la malattia generale che la abita”. (Italo Svevo, La Coscienza di Zeno).