In queste giornate inquiete, in cui risuona ancora più forte la voglia di pace nel mondo, ricorre il 63° anniversario che diede inizio all’esilio di migliaia di persone e tante altre che persero la vita. Sto parlando del Tibet e a quel suo modo assoluto e autentico di rispondere all’invasione cinese. Un paese che voleva essere sostituito, cancellato, come se la memoria storica potesse essere veramente di colpo abbandonata a chi la stava aggredendo. L’aggressivita è madre di un epoca che crede al predominio dell’uno sull’altro, del più forte sul più debole, della forza che si misura in capacità distruttiva e non come qualità e virtù umana. Fortunatamente a guidare il Tibet c’era e c’è ancora oggi una personalità dal grandissimo coraggio e dalla profonda spiritualità: il Dalai Lama, che allora aveva appena 24 anni.
Il 10 marzo del 1959, in una giornata di insurrezione generale 300 mila tibetani si riunirono ai piedi del Potala, a Lhasa, la capitale del Tibet, per proteggere il Dalai Lama, che in quella giornata lasciò le sue radici ed entrò in India.
Con la sua guida, le virtù del popolo tibetano sono rimaste intatte, la società interiore nel loro cuore aveva preservato quella esteriore. Nessuna risposta alla violenza, nessuna reazione alla rabbia, nessuna iniziativa di offesa alla natura umana. Potrebbe sembrare utopia, e invece è storia. È come sè la lucidità e fede di questo popolo fiero avesse permesso di mettere la calma nella follia e di mettere in pratica e in azione gli insegnamenti profondi del buddismo tibetano. Come quello di considerare la natura della mente umana, le emozioni distruttive, le illusioni della mente, il gioco continuo della realtà nel tentativo di realizzare un equilibrio tra il mondo interiore e quello esteriore. Eppure davanti a tutto, il popolo ha scelto di restare fedele alla natura pacifica della mente che non si difende e non attacca: ferma e consapevole.
Un libro…
In un bellissimo classico buddista La via dei Bodhisattva di Shantideva, monaco buddista indiano esistito oltre 12 secoli fa, c’è un passaggio che racconta in parole ciò che il Tibet ha messo in pratica: – quando qualcuno ti attacca resta fermo come un tronco, letteralmente resta fermo come un tronco di legno! È proprio nel quinto capitolo del libro che ritroviamo questa espressione; Shantideva in riferimento alle preziose tre discipline che sono non nuocere, raccogliere virtù, beneficiare gli altri, ci dice che la prima disciplina è l’istruzione più importante per non creare pasticci:《quando l’impulso sorge nella mente a sentimenti di desiderio o odio irato, non agire! Taci, non parlare! Resta come un tronco di legno. Sperimenta e rilassati nell’irrequietezza dell’energia senza alimentarla. Prima che i pensieri sottili possano esplodere: osservali! Restare fermi è una potente e utile strategia che aiuta a dominare la mente e a trasmutare le emozioni. Ovviamente chi è intorno verrà a sua volta inondato dalla risposta consapevole e attenta, non reattiva.
È interessante osservare che gewa la parola virtù in tibetano significa: non aggressività, amore e compassione, fede, fermezza, rispetto, cortesia, modestia, coscienziosità e calma. Se ci si allena ad essere presenti e svegli a qualunque cosa accada, a restare con se stessi attraverso tutti i tipi di umori e stati d’animo, si svilupperanno rispetto e cortesia per noi stessi e per gli altri.
Queste qualità virtuose sono gentili e imparziali: sono presenti in ogni cosa e in ognuno. Sono l’opposto dell’armatura, della scortesia, della reattività, non umiliano, non causano disperazione, ma permettono di affermare: possiamo lavorare con calma per la felicità degli altri. Sempre Shantideva dice《Siamo tutti insieme sulla stessa barca, attraversando lo stesso mare》– “like me”, “come me” analogia forte e semplice che ci unisce nella gioia e nella sofferenza, e che ci ricorda di non sottovalutare il potere curativo dell’auto-riflessione.
Il Tibet attende con la calma di chi sa che tutto si compie al momento propizio la sua liberazione. Il Dalai Lama dice spesso che l’esilio gli ha donato grandi opportunita e che è solo lo stato della mente che determina se si vive nella miseria o nella benedizione. In molti incontri (che ora si possono seguire anche online) sorridendo dice spesso che starà bene per almeno altri venti anni, possiamo immaginare qual è il disegno che intende completare.
Un film…
C’è un film ben fatto che si chiama Kundum, disponibile gratuitamente su youtube, che consiglio e che specificatamente si dedica al periodo che va dalla nascita fino all’arrivo in India del Dalai Lama, in cui si possono vedere pratiche ancestrali del tutto uniche usate nei momenti di confusione in cui lo stesso Dalai Lama, che allora era appena un ragazzo, non sapeva cosa fare per guidare il suo popolo. Molto interessante è la parte che riguarda gli incontri chiave con Mao e i bellissimi e coinvolgenti momenti di resistenza pacifica, che hanno portato a piedi l’uomo e il popolo alla frontiera con l’India. Il link per vedere il film è il seguente https://youtu.be/z2UZsSggCUY
Un progetto…
Concludo, raccontandovi brevemente il progetto “Dolls4Tibet” che ho conosciuto qualche tempo fa e che ha sede in Dharamshala, la residenza al nord dell’India del Dalai Lama. È un piccolo centro di artigianato in cui donne tibetane, nepalesi e indiane realizzano bellissimi manufatti, in particolare bambole di tessuto vestite con abiti tradizionali tibetani e atri giochi di stoffa che diventano tramite di una cultura che esiste, è fiera e vitale. Recentemente è stato da loro pubblicato un libro “Once I was a nomad – Pema’s story from Tibet” che racconta il Tibet ai bambini e lo fa in un modo leggero, luminoso, sognante con i bellissimi disegni realizzati dalla figlia quindicenne di Mona Bruchmann fondatrice insieme al marito tibetano Karma Sichoe del progetto. Alla fine della storia Pema, la bambina protagonista che racconta la vita nomade sul tetto del mondo, così in alto da toccare il sole, la luna e le stelle e che ha viaggiato con la sua famiglia sino ad arrivare al Villaggio dei bambini Tibetani a Dharamshala (che esiste nella realtà e ho visitato nel 2018) dice: “il mio sogno più grande resta quello di tornare un giorno in Tibet…”.