Annah Arendt scriveva che il male è banale
L’ Ufficio Scolastico Regionale siciliano ha avviato un protocollo con l’Esercito per l’alternanza scuola lavoro. Uno scivolone? Oppure un cavallo di Troia nella scuola italiana?
Il Politecnico di Torino ha avviato con Leonardo, azienda leader italiana per la produzione di armamenti, il progetto per la Cittadella dell’Aerospazio.
Sono noti i progetti che PoliTo, porta avanti con Leonardo, risulta che taluni dipartimenti non siano accessibili senza credenziali approvate, facile ipotizzare che attengano a progetti coperti dal segreto di Stato.
Facile intuire che l’Ateneo torinese non sia l’unico a fare ricerca per il colosso di produzione di armamenti e per altre società analoghe. Facile ipotizzare anche che capi dipartimento, professori, che conducono queste ricerche, possano essere monitorati dai servizi di intelligence.
C’è da chiedersi che vita sia la loro, impossibile raccontare in famiglia la natura delle loro ricerche e dei loro progetti. Cosa possono dire ai propri figli? “Io contribuisco a realizzare strumenti di morte e sono molto bravo a farlo”? C’è anche da chiedersi come facciano a dormire la notte: quei sistemi d’arma che stanno contribuendo ad ideare, su cui stano facendo ricerca, un domani potrebbero essere responsabili della morte dei loro figli.
Di fatto in questi dipartimenti si diffonde una cultura finalizzata alla morte, all’annientamento di vite umane, questo viene inevitabilmente insegnato agli studenti che partecipano a questi progetti.
Affermare che la pace si difende con le armi è un ignobile ossimoro, la corsa agli armamenti è incutere terrore nell’altro, significa: “se mi attacchi io ti anniento”. Questo è, letteralmente, terrorismo.
Stiamo tutti vivendo sulla nostra pelle le conseguenze di questa guerra anche se non ne siamo direttamente coinvolti e siamo geograficamente non confinanti.
L’aumento delle tariffe dell’energia e le ripercussioni commerciali che questa guerra sta determinando, che verosimilmente porteranno anche a significativi aumenti di beni di consumo, colpiranno le classi meno agiate. La guerra diventa di fatto anche una guerra di classe anche laddove i cittadini non sono direttamente colpiti dai conflitti.
L’Italia ha elevato le spese per gli armamenti dall’1.6% del Pil al 2%. L’anno scorso il Pil italiano è ammontato a oltre 1.781 miliardi di euro, significa che le spese per gli armamenti salgono a oltre 35 miliardi di euro.
Questi 35 miliardi di euro, assommati ai milioni di miliardi di euro spesi in tutto il mondo per strumenti di annientamento , se spesi per l’umanità e non per distruggerla, creerebbero uno standard di vita mondiale di un benessere inimmaginabile.
Non stiamo parlando di “peace & love” qui non si tratta di liti condominiali. Abbiamo esorcizzato la guerra dimenticandoci persino di quella nei Balcani, successa appena 20 anni fa. Ma questa guerra in Ucraina comincia a graffiare la nostra pelle. Benché geograficamente lontani circa 2000 Km dal conflitto, ci fa paura, cominciamo a renderci conto che non siamo al sicuro. Ma non lo siamo mai stati.
Quando ci sono armi ed eserciti la guerra è inevitabilmente un’opzione. L’art. 11 della Costituzione non a caso nasce l’indomani di una guerra feroce, il cui ricordo orrorifico è vivido, lo stesso dicasi per la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Eppure oggi la sensazione è che questi strumenti atti a non ripercorrere orrori del passato siano sbiaditi, se non addirittura considerati limitativi. Di certo elusi.
La pace si difende col disarmo, con la smilitarizzazione. E’ semplice. Ciò che attiene alla guerra, all’annientamento di vite umane non è complesso, è, come dice Annah Arendt, banale. Basterebbe smettere di produrre armi e riconvertire le aziende in settori utili all’umanità. E non si tratta neanche di volontà politica. La pace è un fatto culturale che dev’essere diffuso nell’opinione pubblica, la quale indurrebbe inevitabilmente la volontà politica.
Ma proprio qui è il punto: lo strumento di diffusione culturale per eccellenza, ovvero il sistema educativo, sta andando in direzione completamente diversa. Siamo quindi spacciati? Verosimilmente sì, se ci arrendiamo alle banali logiche del “male”.