Oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua. Dovrebbe essere l’occasione per svolgere un’onesta riflessione sugli effetti di politiche trasversalmente condivise negli ultimi vent’anni che hanno fatto dell’acqua una merce e del mercato il punto di riferimento per la sua gestione, provocando degrado e spreco della risorsa, precarizzazione del lavoro, peggioramento della qualità del servizio, aumento delle tariffe, insufficienza degli investimenti, diseconomicità della gestione, espropriazione dei saperi collettivi, mancanza di trasparenza e di democrazia.
Non è un segreto che gestire l’acqua risulta essere un business molto redditizio. In Italia il giro di affari annuo è calcolato in oltre 8 miliardi di euro. Inoltre, gestire l’acqua vuol dire non avere rischio d’impresa poiché i profitti, anche dopo il referendum del 2011 che li aveva aboliti, continuano ad essere garantiti da una serie di meccanismi insiti nel metodo tariffario. Gestire il servizio idrico significa gestire un servizio in regime di monopolio poiché l’acqua è monopolio naturale e pertanto non sussiste possibilità di concorrenza.
Nonostante ciò, il Governo e in particolare il premier Draghi persevera lungo la strada delle privatizzazioni. Il 4 novembre scorso il Consiglio dei Ministri ha licenziato il disegno di legge per la concorrenza e il mercato il quale prevede finalità esplicite: rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo e amministrativo, all’apertura dei mercati. Questo provvedimento è attualmente all’esame della Commissione Industria del Senato.
Questa mattina presso la Sala Zuccari del Senato si è svolto il convegno “Il DDL concorrenza e la sorte dei servizi pubblici locali” organizzato dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua con il fine di avviare un confronto tra giuristi e rappresentanti istituzionali per comprendere appieno le conseguenze del disegno di legge.
I giuristi intervenuti hanno ribadito con chiarezza come l’articolo 6 di questo provvedimento punti a rendere residuale la gestione pubblica dei servizi essenziali, per cui gli Enti Locali che opteranno per tale scelta dovranno “giustificare” (letteralmente) il mancato ricorso al mercato e come questa norma porterà a un forte restringimento del ruolo degli Enti Locali, espropriandoli di una loro funzione fondamentale come la garanzia di servizi e dei diritti ad essi collegati. Non a caso sono decine gli Enti Locali (Comuni, Città Metropolitane, Regioni) che hanno approvato atti con cui chiedono al Governo di fare marcia indietro e cancellare questa norma.
Dal DDL emerge un approccio che tende a ribaltare l’impostazione sulla gestione dei servizi pubblici locali per cui la regola diviene l’affidamento al mercato e l’eccezione la gestione pubblica. Inoltre, la concorrenza da regola assurge a principio “tiranno” che prevale sui principi fondamentali dettati dalla Costituzione.
Diversi parlamentari hanno partecipato al convegno e hanno rappresentato i loro dubbi sull’impianto. Inoltre, hanno tenuto a evidenziare diverse criticità del disegno di legge e in particolare dell’articolo 6, confermando che si attiveranno per apportare modifiche, anche profonde, al testo.
A partire da tali riflessioni è stato richiesto ai rappresentanti istituzionali di adoperarsi per lo stralcio dell’articolo 6 e lo stop ai provvedimenti su sanità, servizi sociali, trasporti, rifiuti, energia e l’apertura di un ampio dibattito pubblico sulla gestione dell’acqua, dei beni comuni, dei servizi pubblici.
Queste richieste sono le stesse avanzate dalla campagna “Fermare il DDL Concorrenza, difendere acqua, beni comuni, diritti e democrazia” il cui appello, sottoscritto da decine di realtà politiche e sindacali, alle realtà sociali e di movimento, è stato diffuso nella giornata di ieri e si propone di mettere in campo una forte mobilitazione nelle prossime settimane.