I membri dell’Assemblea di Catamarca (provincia nel nordovest dell’Argentina, N.d.R) hanno camminato per più di 1300 chilometri per richiedere che i giudici federali attuino la legge e frenino il progetto di estrazione MARA (precedentemente chiamato Agua Rica) delle società internazionali Yamana Gold, Glencore e Newmont. “Dobbiamo scendere per strada a difendere ciò che dovrebbe essere scontato: l’acqua, la vita, i nostri diritti di base”, denuncia l’Assemblea El Algarrobo.
La «Marcia per la Giustizia», intrapresa il 23 febbraio da Andalgalá, nella provincia argentina di Catamarca, dai membri dell’Assemblea El Algarrobo, è giunta mercoledì 9 marzo a Buenos Aires, dove sono state presentate due petizioni con più di mille firme. Una è per i Tribunali federali, per richiedere la chiusura del progetto della mega miniera MARA (sigla di Miniera Agua Rica-Alumbrera); l’altra è per la Corte Suprema nazionale, per richiedere che sia dichiarata costituzionale l’ordinanza che proibisce le estrazioni in larga scala in tutto il bacino del fiume Andalgalá.
«Questa marcia fa parte di un programma di azioni deciso dall’Assemblea. Chiediamo soluzioni urgenti. Non siamo stanchi. Siamo arrabbiati». Così Eliana Guerrero, una delle partecipanti alla marcia, ha parlato giovedì scorso durante la conferenza stampa avvenuta nella sede del Servicio de Justicia y Paz (Serpaj).
Ai Tribunali federali hanno chiesto la chiusura del progetto della mega miniera MARA (di proprietà delle multinazionali Yamana Gold, Glencore e Newmont) per l’estrazione di oro, rame, argento e molibdeno nella catena montuosa Aconquija. Si rivolgono alla Sala 1 della Commissione federale di Cassazione penale, che deve presentare un’istanza cautelare richiesta nell’aprile 2021 per il fermo del progetto MARA perché viola la Legge dei ghiacciai. Il giacimento, che inizialmente era stato chiamato Agua Rica, era già stato frenato nel 2016 dalla Corte suprema, che aveva appoggiato il ricorso dei cittadini e aveva ordinato ai tribunali provinciali di esaminare le motivazioni dei membri dell’Assemblea riguardo la valutazione dell’impatto ambientale del progetto (conseguentemente sospeso fino al 2019).
«È lo stesso progetto, ma ha un nome diverso per poter proseguire», ha avvertito Raúl Barrionuevo, un altro cittadino che ha partecipato alla marcia. Giovedì scorso hanno chiesto alla Corte Suprema di dichiarare costituzionale l’ordinanza 029/2016 redatta dalla popolazione di Andalgalá e convalidata nel 2016, che proibisce l’attività estrattiva in larga scala nel bacino del fiume Andalgalá. Nel dicembre 2020, con una manovra preannunciata dall’Assemblea, il tribunale maggiore di Catamarca (allineato al governo provinciale) ha dichiarato l’incostituzionalità dell’ordinanza. Quattro mesi dopo, la società ha cominciato a portare i macchinari sulle colline per avviare le attività di esplorazione.
«A Catamarca il modello minerario è diventato sistematico. Da dodici anni ci troviamo in perenne conflitto; ci hanno forzato a vivere così» sostiene Guerrero. «Dobbiamo scendere per strada per difendere ciò che dovrebbe essere scontato: l’acqua, la vita, i nostri diritti di base».
Ezequiel Moreno, un altro attivista, ha avvertito che l’esplorazione attuata dalla società tramite pozzi scavati nella montagna ha già conseguenze sull’acqua che arriva ai paesi. «Avevano dichiarato la realizzazione di dieci pozzi e siamo già arrivati a trenta», ha segnalato.
Hanno ripetuto che sia la miniera La Alumbrera (attiva per 24 anni), sia il nuovo progetto MARA, violano la Legge generale per l’ambiente, la Legge dei ghiacciai, l’articolo 41 della Costituzione nazionale e l’ordinanza locale; richiedono ai giudici supremi che quest’ultima venga ripristinata.
Andalgalá, marcia e resistenza
La marcia, intrapresa da cinque membri dell’Assemblea, è partita da Andalgalá mercoledì 23 febbraio. Hanno percorso più di 1300 chilometri, visitando le città di La Rioja, Córdoba, Santa Fe e Buenos Aires, dove sono stati ricevuti da altre assemblee e associazioni di vicinato solidali con loro. «L’acqua ci fa fraternizzare», ha sostenuto Guerrero facendo elencando le lotte a difesa dell’acqua lungo la catena montuosa, il fiume Paraná e nelle foreste primarie.
Durante la marcia hanno raccolto più di mille firme per le petizioni che hanno presentato; un appoggio che si è espresso anche con messaggi su una bandiera lunga tre metri: «Acqua per i popoli. Andalgalá marcia per la Giustizia».
«Le nostre cause procedono sempre lentamente con la Giustizia» sostiene Eliana, «invece le cause per assaltarci, le perquisizioni, le detenzioni, si muovono velocemente. Ci lavorano anche durante i fine settimana».
Continuano a denunciare che a Catamarca, e nello specifico ad Andalgalá, ci sono persecuzioni permanenti nei confronti di chi manifesta contro le mega miniere. «Alle marce del sabato siamo attorniati dalla polizia. Se ci fermiamo a chiacchierare in piazza, anche solo del tempo o di cibo, appare la polizia. Ci chiamano (dal commissariato) per qualunque cosa e prendono le nostre impronte digitali. Durante le perquisizioni non rispettano nemmeno i bambini, li tengono seduti per più di un’ora a guardare le violenze fatte ai genitori; mettono sottosopra le case», ha detto. Secondo l’Assemblea, non si vive nella democrazia ma in una «dittatura delle miniere».
Traduzione dallo spagnolo da Mariasole Cailotto. Revisione di Thomas Schmid.