Anna Lamboglia inizia con questo articolo una serie di corrispondenze e notizie dal Buthan, paese affascinante quanto sconosciuto e spesso mitizzato.
Quando si è presentata nella mia vita l’opportunità di vivere un periodo in Bhutan ho accolto con grandissimo entusiasmo questo progetto. Solo a pronunciarne il nome, misconosciuto prima, mi sembrava di assaporarne il mistero, la magia, la sensazione di un sapere buddhista millenario che mi sarebbe stato svelato. Sospeso tra le alture e le vette altissime che guardano all’Himalaya, incastonato tra le spiritualità e complessità dell’India e il Tibet, terra custode di insegnamenti profondi sulla non violenza e ricerca di se stessi. Qualcuno direbbe la Cina, ma per me quello è Tibet.
Il Bhutan è intimamente vicino al Tibet, alla sua cultura e al buddismo tibetano, secondo la lingua ufficiale del paese – lo Dzongkha – e il tibetano, il paese si chiama “Druk Yul” – “terra del drago tuonante”. Il termine “Bhutan” probabilmente deriva dal sanscrito “Bhu-Uttan” che significa altopiano, o”Bhots-ant” che significa “a sud del Tibet”.
Il regno himalayano presenta una identità ben definita, che va dall’uso degli abiti tradizionali a trame multicolori, alle fortezze (dzong) che risiedono in ogni distretto del paese, ai tempi e monasteri ricchi delle pratiche e ritualità del buddhismo Mahayana, allo stile tradizionale delle case di legno e terra arricchite con decorazioni e disegni, agli astrologi e al calendario lunare che viene consultato per le scelte quotidiane, ai bellissimi festival religiosi, i “tsechu”, che si svolgono ogni anno in ogni parte del paese, alla preservazione della natura che ha una sacralità di cui prendersi cura.
Il Bhutan negli ultimi anni spesso è stato associato all’idea della felicità, un indice che si misura per valutare il livello di ben-essere dei suoi abitanti. Si leggono spesso articoli che inneggiano a questa idea della felicità del paese, definendolo il “paese più felice della terra”; la realtà non è vicina a questi slogan, e si rischia in questo modo di disperdere l’attenzione, senza fare di questa esperienza così ricca un esempio che si può ripetere.
Quando sono arrivata in Bhutan, infatti, avevo questa idea idilliaca che si può leggere in tantissimi articoli sulla rete, e ora che sono qui mi rendo conto quanto possa essere importante restituire una idea della realtà più veritiera. Più che frasi fatte, è sicuramente interessante capire come viene affrontato questo studio sulla felicità, quali sono gli aspetti che rendono la vita qualitativamente felice, quali sono gli indicatori che vengono misurati per vivere in maggior armonia con l’ambiente, quali sono i valori che se implementati permettono la crescita globale dell’uomo, con un approccio alla vita olistico (che non sia solo economico). Oltre all’idea della felicità spesso il Bhutan è designato come il paese in cui è abolito il tabacco, l’alcol, la plastica, e tutta una serie di cose che non corrispondono assolutamente alla realtà. Per approfondire vi rimando ad un articolo pubblicato su Kunsel, che è il maggior quotidiano bhutanese, che parla proprio di questo aspetto. (https://kuenselonline.com/ban-the-ban-idea-if-we-arent-serious/).
Uno degli obiettivi, se non l’unico di questi miei articoli è quello di voler raccontare un po’ un paese meraviglioso nei suoi molteplici aspetti e non solo nella narrazione romantica che se ne fa. Prima di arrivare qui è stata necessaria una lunga preparazione burocratica, rallentata anche dalla situazione pandemica, in cui ho avuto tempo a sufficienza, più di un anno a dire il vero, per documentarmi un po’ sul paese, leggere qualche libro (non ce ne sono molti), vedere qualche documentario, apprezzare la pellicola del “Piccolo Buddha” di Bernardo Bertolucci, leggere il romanzo bhutanese più tradotto all’estero “Il viaggio di Tsomo’ di Kunzang Choden, navigare tra le pagine dei social per trovare qualcosa di attuale, cercare le organizzazioni non governative più attive per scoprire di che progetti si occupano e quali sono gli interessi educativi e sociali del paese. Le ricerche con cui volevo pregustare il mio viaggio mi hanno riempito gli occhi con le bellissime fotografie del Bhutan, dei suoi paesaggi e fortezze, con la sacralità presente in tutti gli aspetti della vita quotidiana del regno, una specie di “cristallizzazione” di un piccolo mondo perfetto nelle informazioni raccolte. Da qui, il tentativo di provare a scioglierle un po’ con qualche storia, incontro, osservazione, passeggiata invitandovi a guardare un poco più da vicino un paese certamente unico.