Ors, multinazionale con sede a Zurigo, è prima classificata nel bando per la gestione del CPR Brunelleschi di Torino
La Prefettura di Torino ha comunicato l’aggiudicazione.
La Legge 40/98, la Turco-Napolitano, escludendo la detenzione per migranti dal sistema carcerario, ha introdotto per la prima volta in Italia un sistema detentivo affidato ai privati.
Un pericoloso precedente che oggi assume connotazioni preoccupanti. Il sistema carcerario italiano versa in condizioni disastrose se non drammatiche. Lo stesso si può dire per servizio sanitario nazionale e per la scuola pubblica.
Lo Stato sembra da tempo porre tutte le condizioni affinché organi così sensibili come scuola, sanità e sistema carcerario possano venire dismessi perché ormai irriformabili. Ciò ne implicherebbe ovviamente l’affidamento ai privati.
Questo lento ma inesorabile processo avviene da anni sia nella scuola che nella sanità pubblica dove politiche bipartisan ne hanno sempre peggiorato le condizioni, smantellando sistemi che, pur se non perfetti, ora capiamo quanto funzionassero in modo efficace.
Peraltro il Testo unico sull’Immigrazone (Dlgs 286/98), che integra la Turco-Napolitano, prevedeva un periodo massimo di detenzione di 20 giorni prorogabili di altri 10. La legge nel tempo ha subito notevoli modifiche sempre più restrittive per le persone migranti, fino al parossismo dei decreti Salvini che prevedevano un periodo di detenzione fino a 6 mesi e un anno per i richiedenti asilo.
Questa detenzione avviene per una violazione amministrativa e non per un reato penale: la mancanza di un titolo di soggiorno valido dà facoltà agli uffici che rispondono al Viminale di disporre un allontanamento immediato che implica il rimpatrio forzato e la detenzione nei CPR in attesa che questo avvenga. La detenzione nei CPR è convalidata a prorogata non dalla Magistratura (togata) ma dai Giudici di pace, altra anomalia: il Giudice di pace non può comminare pene, tranne nel caso di persone straniare, discrimine di notevole entità.
Ora il periodo di detenzione per le persone titolari di un decreto di allontanamento immediato, peraltro utilizzato in misura doppia rispetto alla reale capacità di rimpatri forzati dello Stato, può arrivare fino a 4 mesi.
Ors è stata gestore del CPR di Macomer, CPR tra i più anomali d’Italia, quello che ha rimpatriato meno e con più alto numero di giorni di permanenza dei migranti nella struttura. Ha vinto di recente l’appalto per il CPR di Ponte Galeria (RM) ed ora anche per il CPR di Torino.
Come evidenziato da La Stampa Ors fa parte del pacchetto del fondo d’investimesto Equistone, che ha sede a Londra. Ors, come Gepsa (il gestore uscente del CPR di Torino), si occupa di “ambienti sensibili” ovvero strutture detentive private.
La vicenda giudiziaria di Gepsa per la morte di Moussa Balde evidenzia il rischio per i gestori in caso di situazioni analoghe. Il fatto che nell’inchiesta siano stati inquisiti, oltre a due figure apicali del gestore, anche 9 operatori di pubblica sicurezza, lascia presagire, vedremo cosa emergerà a chiusura dell’inchiesta, la commistione tra gestori e uffici dello Stato preposti. Il gestore risponde alle Prefetture, uffici territoriali del Ministero dell’Interno, preposto dalla Legge 40/98 alla gestione della detenzione delle persone migranti. Nei CPR è presente un ufficio stranieri della Questura competente.
L’opacità che contraddistingue il sistema di detenzione e rimpatri forzati rende difficile comprendere quanto e in che termini il rapporto tra gestore e uffici preposti possa di fatto determinare la sorte delle persone migranti e quanto questo possa avvenire in termini generali e territoriali.
Emblematica l’affermazione del settembre 2021 del Garante Nazionale Palma: “Deve tuttavia essere rilevato come in qualche frangente nel corso dell’incontro con il Viceprefetto e l’Ente gestore vi siano state una sovrapposizione e una confusione di ruoli tra le due figure, l’una istituzionale committente e l’altra entità privata contrattualizzata, che dovrebbero invece rimanere ben distinte sotto il profilo del necessario controllo ispettivo che la prima deve esercitare sulla seconda”.
Da anni l’ASL competente di Torino non ottempera (ora sembra che la cosa sia almeno formalmente in via di risoluzione) alle visite di idoneità alla detenzione, ma Gepsa ha sempre supplito a questa elusione normativa effettuando direttamente le visite con i propri medici contrattualizzati.
Anomalo e controverso è stato l’intervento di volontari dell’Ordine dei Medici di Torino per supplire al deficit di assistenza medica nel CPR, peraltro sancita dal Testo Unico sull’Immigrazione, da parte della stessa ASL di competenza, ma anche da parte del gestore che ha ridotto nel 2019 la presenza dei medici da 144 ore settimanali a 42. Intervento che di fatto ha “puntellato” una situazione che, in quanto non rispondente ai requisiti normativi, andava chiusa. Scelta che nei fatti avrebbe finito, secondo molti, col favorire non solo le molto controverse politiche sull’immigrazione poste in atto nel nostro Paese, ma anche l’oggettiva disapplicazione delle normative vigenti da parte dello Stato.
Ma l’operare – stante le continue denunce di associazioni che si occupano di diritti delle persone migranti – in zone “grigie” di legge sembra non scoraggiare i gestori. Lecito evincere che il business sia talmente appetibile da indurre una multinazionale svizzera che fa capo ad un fondo d’investimento ad acquisire più strutture.
Tabella comparative dei servizi Gepsa rispetto al 2018 a partire dal 2019 (dati del Garante per i diritti delle persone private della libertà personale di Torino):