“Le sanzioni imposte al Mali dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale e dall’Unione Europea devono prevedere eccezioni di carattere umanitario per far arrivare beni di prima necessità, cibo e forniture mediche; parliamo di un Paese dove un terzo della popolazione fa affidamento su questo sostegno, che importa il 70 per cento dei generi alimentari e il cui settore sanitario è finanziato per un terzo da fondi esteri”. A parlare è Tom Peyre-Costa, consulente per l’Africa centrale e occidentale della ong Norwegian Refugee Council (Nrc).
L’organizzazione scandinava, nata all’indomani della Seconda guerra mondiale per sostenere le persone sfollate, ha appena lanciato un appello insieme ad altre 12 ong, tra le quali Oxfam e International Rescue Committee (Irc), affinchè si tuteli la popolazione maliana dagli effetti dei provvedimenti varati nei confronti del Paese dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas/Cedeao) e poi anche dall’Ue. Il rischio, secondo le organizzazioni firmatarie, e che queste penalità, che comprendono anche la chiusura delle frontiere con gli Stati membri dell’organismo africano, un embargo commerciale e lo stop agli aiuti finanziari non essenziali, possa aggravare la situazione umanitaria.
Raggiunto al telefono dall’agenzia Dire, Peyre-Costa conferma questi timori. “Queste sanzioni potrebbero peggiorare la situazione di moltissimi maliani”, sottolinea. “Già sette milioni di persone su una popolazione totale di poco più di 20 fanno affidamento sugli aiuti umanitari, mentre un milione vive una condizione di sicurezza alimentare. Il 70 per cento del cibo è importato, mentre un terzo del settore sanitario è finanziato dall’estero”.
Le sanzioni sono state approvate il 9 gennaio al termine di una riunione straordinaria dell’Ecowas ad Accra, capitale del Ghana. Tra le ragioni dei provvedimenti, il rifiuto della giunta militare, salita al potere con un colpo di Stato, di organizzare elezioni entro febbraio. Gli esponenti delle forze armate, guidati dal colonnello Assimi Goita, avevano presentato un calendario alternativo, bocciato dall’Ecowas, che prevedeva elezioni al termine di un processo di riforme lungo cinque anni. Secondo il rappresentante di Nrc, gli effetti delle misure sono già importanti: “Molti carichi di cibo e di beni di prima necessità sono fermi al confine, mentre anche i voli umanitari sono bloccati a terra. Il risultato è che il prezzo dei generi alimentari in alcune zone è già aumentato del 25 per cento, raggiungendo cifre che i cittadini maliani non possono permettersi di spendere”.
A essere colpite da queste misure sono anche le organizzazioni umanitarie, denuncia Peyre-Costa. “Se il cibo, le forniture mediche e i beni essenziali non passano il confine è impossibile per noi distribuirli”, denuncia il consulente di Nrc. Sul suo sito l’organizzazione calcola di aver sostenuto oltre 130mila sfollati interni maliani nella ricerca di un luogo sicuro e più di 115mila nell’accesso all’istruzione. “E’ necessario quindi garantire esenzioni specifiche di tipo umanitario alle sanzioni per permetterci di fare il nostro lavoro sul campo e per fare in modo che queste misure colpiscano la popolazione maliana il meno possibile” l’appello di Peyre-Costa.
“Bisogna pensare anche a corridoi umanitari, se dovesse essere necessario”.