Ci sono voluti altri cinque giorni dall’annuncio della scarcerazione ma finalmente, la mattina dell’8 gennaio il prigioniero di coscienza palestinese-egiziano Ramy Shaath è tornato in libertà, dopo più di 900 giorni di detenzione senza processo.
Figlio di Nabil, l’ex Ministro degli Esteri palestinese negoziatore degli accordi di Oslo, Ramy Shaath è uno storico attivista. Impegnato in favore dei diritti già da prima della rivoluzione del 25 gennaio 2011, aveva anche fondato la sezione egiziana del movimento “Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni” nei confronti di Israele.
Era stato arrestato il 5 luglio 2019 e accusato di appoggio a un gruppo terrorista, minaccia alla sicurezza nazionale e diffusione di notizie false: imputazioni mosse nei confronti di numerosissimi attivisti e dissidenti egiziani.
A portare avanti la campagna per la sua scarcerazione è stata soprattutto Céline Lebrun Shaath, difensora dei diritti umani francese e moglie di Ramy. Non si è mai demoralizzata, neanche quando nel dicembre 2020 il presidente Macron ha insignito il suo omologo egiziano al-Sisi della Legione d’Onore.
“La scarcerazione di Ramy è un testamento vivente della forza dell’organizzazione collettiva per porre fine alle gravi ingiustizie: esattamente quelle contro cui Ramy combatte da una vita”, è stato il primo commento dei familiari di Ramy Shaath, che dovrebbe presto giungere a Parigi dopo l’espulsione dall’Egitto seguita alla liberazione.