Di violenza di genere nei suoi aspetti culturali e strutturali e nelle sue diverse forme si è discusso con la dott.ssa Maria Luisa Benincasa, psicologa e psicoterapeuta, nel corso dell’incontro “Violenza di genere: riflessioni attuali sulle caratteristiche del fenomeno”, organizzato dal Caffè Filosofico Beppe Bonetti e dal Laboratorio Andrea Ballarò di Palermo.
Si definisce la violenza di genere come una violazione dei diritti umani, una forma di discriminazione contro le donne che comprende tutti gli atti specifici di natura fisica, sessuale, psicologica, economica e la privazione della libertà sia nella vita pubblica che privata. Il cosiddetto femminicidio rappresenta solo la punta dell’iceberg di un fenomeno sottostimato ben più diffuso e complesso, un fenomeno strutturale perché connaturato al funzionamento della nostra società patriarcale.
La violenza si sviluppa spesso all’interno delle pareti domestiche e di relazioni familiari che si caratterizzano per maltrattamenti fisici e psicologici, abusi sessuali, più difficili da rilevare perché spesso nascosti. La gravidanza è uno dei momenti critici in cui la relazione violenta tende a manifestarsi più frequentemente, con esiti non solo fisici, come ad es. un aborto, ma anche psicologici per la madre, sottoposta a minacce e abusi e per il sereno sviluppo del feto, legato in un rapporto simbiotico ad essa. Durante la prima infanzia i bambini che subiscono violenza o che assistono a forme di violenza domestica spesso diventano oggetto di vendette trasversali da parte del partner violento nei confronti della donna. Innumerevoli i fatti di cronaca che ne sono testimonianza, soprattutto negli ambienti più degradati si assiste spesso a forme di abusi fisici, sessuali e psicologici sulle bambine, o a forme di discriminazione con l’attribuzione di compiti precoci di aiuto alla famiglia e inadatti all’età di bambine adultizzate, che impediscono un normale sviluppo infantile o il diritto all’istruzione. Se è vero che gli abusi sessuali nell’infanzia non riguardano solo le bambine, ma anche i bambini, è altrettanto vero che il genere femminile è prevalente all’interno del fenomeno e che le bambine vengono più abusate, spesso preparate a divenire giocattoli sessuali nelle mani degli adulti. Avere subito o assistito a forme di violenza durante l’infanzia o l’adolescenza, può condurre a perpetrare gli stessi comportamenti all’interno dei rapporti affettivi e a far sì che nell’età adulta si creino condizioni di rischio maggiori, un fenomeno che viene considerato il precursore di quella che poi potrebbe diventare una condizione di autore di maltrattamenti. Anche gli orfani di femminicidio sono una categoria poco attenzionata, sottoposti a traumi che devono essere curati e che possono sfociare in forme di sessualità distorta.
Nella seconda infanzia e nell’adolescenza, una sessualizzazione traumatica precoce, spesso legata a forme di pornografia e prostituzione, i matrimoni forzati, la vendita di bambine a uomini adulti, le gravidanze precoci, la pratica delle mutilazioni genitali femminili, rappresentano forme di violenza diffuse all’interno di varie culture, e non solo della nostra. La diffusione di immagini in rete di adolescenti rappresenta l’ultimo dei fenomeni di violenza a cui assistiamo sempre più spesso, anche in ceti sociali che non possono definirsi degradati. Così come le forme di corteggiamento intimidatorio e violento di partner che sfociano in veri e propri atti di violenza fisica o la prestazione sessuale in cambio di favori, una prassi del mondo dello spettacolo venuta recentemente alla luce grazie al movimento del Me Too.
Se i dati dell’ISTAT ci dicono che nel nostro paese, nella fascia di età tra i 16 e i 70 anni, circa il 31 % delle donne ha subito nel corso della vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, è indubbio che il fenomeno sia molto più diffuso poiché tutte le donne ricordano di avere subito un atto di molestia sessuale, più o meno grave, nella propria vita, una condizione di discriminazione sul posto di lavoro, delle avances non richieste come il tentativo di aprire ad una sessualità non desiderata. La condizione strutturale della violenza di genere nella nostra società è tale per cui ogni donna può raccontare di avere subito una qualche forma di violenza, di molestia sessuale, essere stata oggetto di attenzioni indesiderate, eventi traumatici che, se non curati, sfociano spesso in traumi psicologici permanenti. I maltrattamenti psicologici che sottendono alle forme di violenza fisica vera e propria possono avere vari aspetti, minacce di abbandono, di maltrattamento, di controllo, di persecuzione come lo stalking, di allontanamento dei figli, una delle minacce più frequenti che rendono le donne deboli nei confronti del partner. Le donne vittime di violenza domestica soffrono di problemi emotivi gravi e gli esiti sulla loro salute mentale sono spesso sottovalutati da operatori impreparati, soprattutto in sede giudiziaria o nelle aule dei tribunali, dove i fenomeni da stress post traumatico e gli elementi di rischio vengono minimizzati e considerati segni di inaffidabilità delle vittime che precludono anche l’affidamento dei figli. Il momento più pericoloso per le donne vittime di violenze soprattutto domestiche è quello della denuncia, che, come ha più volte sottolineato la Dott.ssa Benincasa, deve considerarsi un punto di arrivo e non di partenza. Le donne denunciano quando si sono create le condizioni per farlo, cioè una tutela da parte di operatori qualificati che ne valutino i rischi. Se manca una rete di sostegno le donne non denunciano gli abusi e le violenze domestiche, perché vanno incontro ad un percorso lungo, con procedimenti penali che si protraggono anche per anni.
La Dott.ssa Maria Luisa Benincasa ha affrontato questi problemi sia come responsabile del Centro Armonia dell’Azienda Sanitaria di Palermo sia come Referente Regionale del CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia); in pensione dal 2019, si dedica costantemente ad attività di formazione di psicologi e operatori sanitari su questi temi. Concludiamo dunque con le sue parole di denuncia per la mancanza di servizi di assistenza rivolti alle donne vittime di violenza.
La Sicilia è la terza regione per femminicidi, la maggior parte delle province della nostra regione non ha servizi dedicati e operatori specializzati a cui le donne possono rivolgersi per trovare assistenza.
Palermo finora era stata la provincia dove il servizio era presente perché la Rete Antiviolenza, coordinata dall’Associazione Le Onde, nata grazie ad un protocollo di intesa tra i servizi sociali del Comune di Palermo, Questura, Carabinieri, Tribunale Ordinario e Minorile, Azienda Sanitaria di Palermo e altre associazioni del privato sociale, ha funzionato e dal 1999 si è attivato un numero verde, Telefono donna, con un gruppo di lavoro formato da operatrici dell’azienda sanitaria, assistenti sociali e psicologhe che prendevano in carico proprio la parte iniziale del percorso di assistenza per le donne. Ma nel silenzio di questo ultimo anno molte cose sono cambiate, i servizi dedicati alle vittime di violenza sono stati aboliti senza che nessuno pensi di riattivarli, il numero verde a cui si poteva chiamare in anonimato, collegato al numero rosa e al pronto soccorso degli ospedali, è rimasto attivo ma i locali del centro di accoglienza dell’Azienda Sanitaria di Palermo, a cui questo telefono era collegato, sono stati destinati ad altro servizio, perché il gruppo di donne che vi lavorava è andato in pensione e non è stato sostituito. In un momento particolare come questo in cui il Covid copre tutti gli altri bisogni, le istituzioni sono impegnate a fare altro e il servizio sulla violenza di genere è l’ultimo dei problemi.
Su queste tematiche non si può far calare l’attenzione e le associazioni femminili dovrebbero vigilare affinché questi servizi vengano ripristinati.
Sicuramente, dove i servizi non ci sono aumentano le violenze e manca del tutto la prevenzione del fenomeno, soprattutto per le fasce deboli, meno garantite. La difesa del diritto di accedere ad un servizio che ti aiuta in un percorso di informazione, di affiancamento dal punto di vista psicologico e di assistenza legale è fondamentale. Chi deve combattere se non le donne? Sono temi sui quali non si può abbassare la guardia.