Pubblichiamo ampi stralci della lunga intervista a Tomás Hirsch, deputato cileno del movimento Acción Humanista, per conoscere il suo parere – sia a livello globale che nazionale – sui maggiori successi ed errori dell’anno appena finito.
Prima di tutto, vorrei salutare tutti coloro che ci leggono su Pressenza in questo intenso cambio di anno dal 2021 al 2022, che definirei l’anno della speranza. A livello globale, a livello nazionale, a livello della squadra che mi appoggia come deputato e anche a livello personale. Almeno così lo vivo io.
La pandemia ha messo in evidenza – come se fosse una lente d’ingrandimento – tutte le carenze del sistema neoliberista, la crisi ambientale globale, le crisi a cascata di cui parla il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres. Come vedi questo fattore di lente d’ingrandimento e la sensazione che la pandemia sia come una cerniera tra un mondo che sta morendo e un altro che ancora non sappiamo come sarà?
In effetti, la pandemia, che è soprattutto una tragedia per il numero di morti che ha causato, è anche un’occasione per riflettere sulla nostra vita, sia a livello individuale che sociale. Ha messo a nudo un sistema in cui la salute è un business, in cui alcuni paesi hanno tutti i privilegi per rispondere a questo allarme, mentre altri – anche interi continenti – sono semplicemente invisibili rispetto alle crisi che li stanno colpendo. E queste crisi non sono solo dovute alla pandemia, ma sono anche crisi umanitarie, crisi alimentari e idriche, come sta succedendo in Africa e in gran parte dell’America Latina. La pandemia dimostra l’iniquità del modello neoliberista in vigore per più di 30 anni in gran parte del pianeta. Non è solo un modello economico, ma anche politico, sociale, culturale, è un sistema che concentra in poche mani un enorme potere, tutte le forme di potere. È un sistema in crisi. E la pandemia dimostra semplicemente che questo sistema non è in grado di rispondere ai bisogni degli esseri umani.
In che senso questa crisi è un’opportunità?
Nel senso che come risultato di questa riflessione stanno emergendo nuove risposte. I filosofi sono stati i primi. Mi ha colpito il fatto che molti pensatori e filosofi, già nell’aprile o maggio del 2020, riflettevano sull’ambiente sociale, sulle risposte, non solo sulla pandemia, sul problema della vita e della morte, su ciò che significa prendersi cura di noi stessi individualmente o socialmente. Questo si è poi tradotto in rubriche di opinione, riflessioni, dibattiti in altri livelli della società, nel mondo femminista, tra la popolazione, nelle piccole e medie imprese che sono state colpite dalla pandemia. Anche se non ho visto grandi cambiamenti rispetto al modello, credo che queste riflessioni stiano funzionando e dobbiamo capire che ci vuole tempo perché diventino efficaci; sono cose che non si possono misurare nei tempi vitali di una persona, decretando che il sistema finirà l’anno prossimo. I processi non sono così, ma cominciano ad aprirsi nuove prospettive e questo sta modificando intere strutture.
Stanno emergendo temi come il femminismo, la lotta per la diversità, l’ambientalismo, le lotte delle nuove generazioni, l’animalismo e altri ancora, in un momento in cui il modo tradizionale di vedere il mondo viene messo in discussione. Mi sembra che con le quarantene e i lockdown la pandemia ci abbia portato a guardarci e a guardare chi ci stava accanto, a scoprire che la comunicazione non può concentrarsi solo su ciò che consumeremo la settimana prossima; questo si esaurisce rapidamente. La comunicazione si costruisce necessariamente sulla base di progetti e significati di vita e questo è presente in molte persone. Forse non ha ancora un’espressione politico-sociale a livello globale, ma è molto presente.
Stanno avvenendo anche cambiamenti politici. Negli Stati Uniti Trump, che era un negazionista della pandemia e dei vaccini, un avversario della scienza, ha perso. E in Cile ha perso Kast, che negava la scienza come avanguardia di questi processi e la crisi climatica.
Come spieghi quello che è successo in Cile? Poco tempo fa, quando si stava definendo chi sarebbe stato il candidato progressista, la sinistra tradizionale aveva più forza. Poi è emersa una nuova leadership che ha permesso di vincere le elezioni
Oggi i processi sociali sono imprevedibili. La pre-candidatura di Gabriel Boric, ricordiamolo, è nata come opzione per competere nelle primarie con il comunista Daniel Jadue, che era visto come il sicuro candidato progressista. Tuttavia Gabriel Boric ha vinto in modo inaspettato e clamoroso. Poi è arrivato il primo turno e infine il ballottaggio, in cui la vittoria non è stata solo di Gabriel Boric…
Dunque che cosa ha vinto?
Hanno vinto una sensibilità, una generazione, un mondo che cerca di aprirsi ed esprimere la necessità di muoversi in una nuova direzione. Un esempio in questo senso è la giovane dottoressa Izkia Siches, presidentessa dell’Ordine dei Medici, che è diventata un riferimento sociale per via della sua posizione molto ferma rispetto ai vaccini, alle quarantene, all’uso delle mascherine, alla cura, al distanziamento sociale, al mantenimento di protocolli molto chiari, ecc. Poi ha svolto il ruolo di responsabile della campagna elettorale di Gabriel Boric per il ballottaggio di fine dicembre, è stata fondamentale nella sua vittoria come presidente eletto e ora è uno dei coordinatori politici del futuro governo. Izkia Siches ha la stessa età di Gabriel Boric e di molti altri leader studenteschi di qualche anno fa e fa parte di questa nuova generazione.
Tutto questo va comunque oltre le singole persone; è come se ci fosse un processo, una specie di intenzione evolutiva, una dinamica che avanza. In qualche modo lo collego con il risveglio sociale cileno nel 2019, a sua volta collegato con quello che è successo nel 2011 e prima ancora con i Pinguini (il movimento degli studenti delle scuole secondarie cilene, N.d.T) e così via… E’ come se ci fosse qualcosa che sta cercando di sfondare e fa parte di un lungo processo.
Mi sembra che la vittoria di Gabriel Boric sia la vittoria di questa intenzione a favore della creazione di altre condizioni di vita. Mi viene in mente la parola “dignità” , la Plaza Dignidad delle manifestazioni, la ricerca di qualcosa che va oltre una richiesta specifica…
Un risveglio?
Sì, un risveglio. Ha a che fare con un nuovo modo di fare politica, con un nuovo modo di trattare le persone, una nuova valorizzazione delle persone. Mi ricorda Silo che diceva che ogni essere umano è prezioso, non è un numero, non è una formica.
A livello internazionale si collega a molti movimenti. Una delle cose peggiori che stiamo affrontando è la crisi ambientale, ma allo stesso tempo – e questo ci rallegra moltissimo – esiste un movimento, soprattutto di giovani, che lotta per introdurre misure immediate ed efficaci per fermare il cambiamento climatico. Sta facendo pressione sui paesi, sta facendo pressione sui potenti per chiudere le centrali elettriche, farla finita con il carbone e con i veicoli a combustibile fossile. Anche se sono questioni che possono richiedere anni, tra i giovani si sentono con chiarezza una convinzione, un impegno, una comprensione che il futuro è nelle loro mani.
Tornando alla vittoria di Gabriel Boric e a ciò che sta accadendo qui, è un’espressione di speranza. Ha aperto la possibilità di costruire un paese diverso.
Questa è una generazione con molto coraggio, che ha deciso di prendere in mano le cose, vero?
Questo fenomeno, che ci mette nella situazione di guidare il paese saltando una generazione, passando da un presidente di 72 anni per trasferire il potere a quelli che ne hanno 30, la generazione dei nostri figli e saltando quelli che hanno tra i 35 e i 60 anni, saltando un’intera generazione, mi ricorda anche la riflessione di Silo secondo cui saranno le nuove generazioni ad indicarci la strada. Non si tratta quindi della vittoria di una persona in particolare, ma di una generazione dotata di coraggio, audacia e convinzione che decide di prendere il futuro nelle sue mani.
Quale altro grande evento positivo hai visto in Cile quest’anno?
Senza dubbio la Convenzione Costituzionale che sta elaborando una nuova Costituzione con membri democraticamente eletti per la prima volta nella nostra storia, con una composizione a parità di genere per la prima volta nella storia mondiale e per la prima volta anche con quote riservate ai popoli nativi. Questo realizza l’aspirazione per la quale noi umanisti ci siamo battuti per tanti anni. Nel 2005 abbiamo buttato nella pattumiera la Costituzione di Pinochet e il tempo ci ha dato ragione; era necessario muoversi verso l’elaborazione democratica di una nuova carta fondativa e questa è una pietra miliare del 2021.
Per chiudere questo bilancio dell’anno, a livello molto personale, non come parlamentare, ma nella tua vita, qual è stata per te la cosa migliore?
La cosa più potente è stata il riconoscimento da parte dei movimenti sociali del mio collegio, che ha permesso la mia rielezione.
A livello più personale il rapporto con le mie nipoti, la scoperta di questo spazio nella vita, di queste piccole creature che hanno fatto irruzione con le loro domande, sguardi, paure, affetti. Mi meraviglia la sensazione che con ognuna di loro stia cominciando a crearsi un rapporto speciale e unico.
In un anno complesso come questo, le relazioni affettive e personali si sono rafforzate moltissimo. Con la mia compagna, con i miei figli e i loro compagni, con i miei fratelli, abbiamo potuto approfondire le relazioni e l’affetto tra di noi. Questo affetto si è rafforzato in mezzo alla pandemia e questo rafforza anche la speranza per gli esseri umani.
Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo