In base DL 172/2021, dal 15 dicembre per poter insegnare nelle scuole italiane occorre sottoporsi obbligatoriamente alla vaccinazione anti-Covid-19 ritenuta “requisito essenziale per lo svolgimento dell’attività lavorativa” (art. 2 co. 2). Lo stesso varrà per i dirigenti, per tutto il personale amministrativo e i collaboratori scolastici. Dopo il DL 111/2021, in cui, di fatto, si era imposto l’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia, ora si ripropone un ulteriore ricatto, senza che ancora vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico in caso di eventi avversi più o meno gravi.
Tra di noi c’è chi ha scelto di sottoporsi alla vaccinazione; altri, per paura, per gravi effetti collaterali dopo la prima o la seconda dose, perché guariti e ancora dotati della propria copertura anticorpale o semplicemente per un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio sulla propria salute, hanno scelto di non sottoporsi alla prima o ad altre dosi di vaccino. Si aggiunga che la comunicazione da parte delle istituzioni non ha di certo favorito la fiducia dei cittadini (ne sono un esempio le indicazioni contraddittorie e confuse sul vaccino AstraZeneca somministrato in prima istanza proprio al personale scolastico).
I docenti, che finora si sono sottoposti a proprie spese ad un tampone ogni 48 ore, hanno sempre tutelato la collettività più di ogni altro; non si capisce, pertanto, quale sia la “ratio” di questo ennesimo DL che prevede “misure straordinarie ed urgenti per contenere l’epidemia e garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali”. Per contenere l’epidemia si obbliga ad un vaccino che viene utilizzato per la prevenzione della COVID-19, malattia causata dal virus SARS-CoV-2 e non dell’infezione poichè è ormai evidente a tutta la comunità scientifica che anche chi si vaccina può contrarre il virus e diffonderlo. Per garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività, quali azioni significative sono state messe in campo in questi lunghi mesi di emergenza? Si potevano prevedere screening periodici di personale e alunni, implementare le assunzioni di personale, rivedere gli spazi, mettendoli in sicurezza con filtri a ventilazione meccanica controllata. Pare che nulla di ciò sia stato fatto e dai tavoli tecnici (se così possiamo definirli) del Ministero sono usciti soltanto banchi a rotelle, per lo più inutilizzati, e mascherine per gli alunni di scarsa qualità e scomode da indossare (spesso accatastate negli armadi delle scuole) e, in alcuni, casi addirittura non conformi.
Reputiamo ingiusta e illegittima la discriminazione fattiva di una minoranza, poichè contrasta con l’art. 32 co.3 della Costituzione Italiana: “La legge non può in nessun modo violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, con quanto sancito dal Regolamento UE 953/2021 e con quanto peraltro espresso recentemente dalla comunità scientifica: “I call on high-level officials and scientists to stop the inappropriate stigmatisation of unvaccinated people, who include our patients, colleagues, and other fellow citizens, and to put extra effort into bringing society together”. Persino la Legge Lorenzin 119/2017, sull’obbligo vaccinale per i minori 0-16 anni, non ha di fatto comportato l’esclusione dalla scuola dell’obbligo (e, quindi, dal diritto all’istruzione) degli alunni non vaccinati (art. 3 co. 3); il DL 172/2021, invece, nega ad intere categorie di persone il diritto al lavoro, ponendosi in netto contrasto con gli artt. 1 e 4 della Costituzione italiana. Preoccupa, inoltre, che questa misura sanitaria straordinaria decada il 15 giugno 2022, ovvero tre mesi dopo l’attuale termine dell’emergenza (recentemente prorogato al 31 marzo 2022, nonostante l’art. 24 co. 3 del decreto legislativo 1/2008).
Negando di fatto il lavoro a specifiche categorie di persone, in base alle loro scelte personali e ai loro convincimenti, si allungano ombre sullo stato di diritto e sulla libertà di pensiero e di autodeterminazione. Si rischia di emarginare e colpevolizzare chi opera decisioni sulla propria salute, che nulla hanno a che vedere con i veri “requisiti essenziali” per l’insegnamento, quali competenza nella disciplina, applicazione di strategie di insegnamento efficaci, capacità educative, comunicative e valutative.
Non avanziamo che dubbi, meritevoli di un rispettoso dialogo. Poiché il dubbio alimenta la scienza e il dialogo la democrazia. Il dubbio è dibattito esperto, onestà intellettuale nell’interpretazione dei dati scientifici, attenta valutazione (e rivalutazione) del rapporto rischi/benefici alla luce anche dei principi di prevenzione, cura e precauzione. Il dialogo è curiosità di conoscere e desiderio di ascoltare ed è ciò che auspichiamo si avvii all’interno degli istituti scolastici, lì dove si parla sempre, e a ragione, di inclusione e tutela delle minoranze, affinché il nostro parlare non rimanga tale, ma diventi modo di agire e di porsi per perseguire una pluralità di possibili risposte e soluzioni al problema.
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