8 dicembre 2021, sedicesimo anniversario della “presa” di Venaus, quando in molti si ricordano uno dei momenti più epici nella storica lotta della Val di Susa. Ogni anno è un appuntamento classico. Oggi era prevista neve su tutto il Nord Italia e la riuscita della manifestazione non era affatto scontata. E invece la valle dalle mille risorse ha dato un’ennesima dimostrazione di forza e generosità.
L’appuntamento è alle 13 a Borgone, uno dei paesi della bassa valle, uno dei tanti luoghi che in molti abbiamo imparato a conoscere in quella cartina dove si incrociano e si scavalcano autostrada, statale, ferrovia. Come spesso accade a queste manifestazioni all’inizio sembra di essere in pochi, nevica, freddo da sopra e da sotto, ma cominciano i primi abbracci, ci si ritrova. Gli arrivi da lontano scaldano i cuori dei valsusini, tutti impegnati nell’organizzazione: il camion, il ristoro, i gonfaloni che non passano nel sottopassaggio. Dopo un po’ il corteo si distende e nel giro di poco è lungo almeno 500 metri, moltissimi i giovani. In una natura ovattata dalla neve, tra le ultime case e il bosco, si alternano discorsi, musica, i ritmi dei tamburi della Murga coloratissima arrivata da Milano. Tra i primi striscioni quello degli amministratori della valle, almeno una decina di fasce tricolori, uomini e donne che non hanno alcun problema a mescolarsi col loro popolo. Molti i ricordi di Emilio, da pochi giorni detenuto in Francia.
Si cammina al freddo per almeno un’ora prima di arrivare a San Didero, dove un cavalcavia permette di vedere il corteo nella sua lunghezza: bellissimo.
Lungo il corteo incontro Loredana Bellone, ex sindaco di San Didero, che avevo intervistato due mesi fa. Non ci eravamo mai conosciuti e ci abbracciamo. Mi rispiega l’assurdità di questo recente cantiere a San Didero, questo interporto per il quale hanno già sbancato, tagliato piante, coperto le tane degli animali e dove tengono le luci accese tutta la notte, tanto da snaturare la valle. Descrive la militarizzazione del territorio e la resistenza No Tav. Parlo con i sindaci di San Didero e di Venaus, entrambi uomini di una certa età.
Avernino Di Croce, sindaco di Venaus, ha 75 anni, ha fatto tutta la manifestazione reggendo lo striscione degli amministratori, ha voglia di parlare. Racconta di come nel 2005 l’avversione per il TAV fosse soprattutto “di pelle”, ma come nel corso degli anni i dati raccolti, le analisi, le ricerche, abbiano dimostrato l’assurdità di questo progetto. Ricorda come in tutti questi anni abbiano sempre difeso la valle, le fatiche, le difficoltà, ma anche le gioie nel vedere continuare un movimento che ha più di 30 anni e di cui i giovani stanno raccogliendo il testimone. Continua a parlarmi anche se la nostra andatura rallentata ci fa avvicinare ad un camion che spara musica, ma lui va avanti, parla nel registratore come fosse una borraccia da non mollare. “Perché insistono in questo progetto?” Gli chiedo. “Per continuare a spartirsi quelle briciole (che poi sono milioni di euro), spacciandoci poi, a compensazione dei danni che stanno facendo, opere che sarebbero interamente dovute.” Mi racconta di come i bilanci non siano affatto chiari, neppure ai sindaci, alle varie istituzioni, di come il famoso tunnel di base non esista ancora, ma solo le indagini geognostiche. “La talpa che doveva scavale il tunnel vero e proprio per la linea del TAV non ha ancora scavato un centimetro!” E sono passati più di 30 anni dalla scrittura del progetto. Mi spiega che le stesse ricerche fatte da terzi e commissionate dagli stessi governi e dalla Corte dei Conti europea dicono come questa opera “non stia in piedi, né dal punto di vista economico, né da quello delle esigenze di trasporti”. Soldi sperperati per alimentare giri di affari.
La musica ci incalza, ma lui alza la voce e dice queste ultime parole: “Vorrei mandare a dire al direttore di Repubblica, il quale ha sostenuto che i No Tav sono terroristi, che dice due bugie: i No Tav non sono terroristi e lo invito a venire al festival di Venaus dell’Alta Felicità. Siccome ci sono numerosi sindaci No Tav, secondo la sua affermazione e per semplice sillogismo, allora ci sono dei sindaci terroristi. Quell’uomo dice, scusate il termine, un’enorme puttanata, che il direttore di un grande quotidiano non dovrebbe permettersi. Non per nulla si è preso un po’ di querele da parecchi di noi.”
Arriviamo infine davanti al “fortino” di San Didero; all’interno ci sono numerose camionette della polizia. Una battitura alla rete, qualche palla di neve, l’agganciare delle corde per togliere qualche metro della recinzione di filo spinato in alto sono sufficienti a far partire i cannoni ad acqua. Nel piazzale i “fornelli in lotta” hanno preparato un’ottima zuppa calda. Ultimi discorsi dal camion, soddisfazione, ringraziamenti e gioia dei leader storici nel vedere tanti giovani che mantengono viva questa lotta, perché, come ripetono ancora una volta: “C’eravamo, ci siamo e soprattutto ci saremo”. Grazie No Tav.