Oggi 10 dicembre, Giornata internazionale dei Diritti Umani, viene da dire: ma sotto quanti consolati bisognerebbe manifestare oggi?
Il gruppo Colombia Pace e Giustizia Sociale oggi si è trovato sotto il consolato della Colombia di Milano, anzi non proprio sotto…. Perché, come ormai sempre più spesso, non si può….
Appoggiati dal collettivo Cambio Rotta, dalla Panetteria okkupata, dallo storico centro di via dei Transiti, dall’associazione Italia-Nicaragua, alcune decine di persone hanno ricordato il non compimento degli accordi da parte del governo colombiano. Mesi fa – forse ricorderemo – il popolo colombiano si sollevò di fronte ad una riforma tributaria che arricchiva ancor più i ricchi. Venne fermata, ma il governo riuscì a spezzettarla e a farla passare in gran parte. Il movimento non può arretrare: denunciano i massacri compiuti dalla narcopolitica, le sparizioni, le uccisioni di uomini e donne che lottavano per un mondo migliore. Chiedono anche cose piuttosto semplici: la soberania alimentare. “Cosa significa?” Chiedo ad una delle donne colombiane che animano il presidio. “Il popolo colombiano vive di agricoltura, eppure c’è chi soffre la fame e non sono pochi. Il governo, secondo la nostra Costituzione, dovrebbe sostenere i piccoli contadini, la produzione per il fabbisogno della gente, eppure non lo fa. Le ingiustizie continuano, ma il movimento è forte e si sta preparando ad essere presente nelle elezioni del prossimo anno. Nel frattempo, in questi giorni, è arrivata a Cali la marcia indigena, la cosiddetta Minga, un’esperienza formidabile, che prima o poi arriverà a Bogotà”.
Oggi si manifestava anche a Roma e in Spagna. Ma da queste piazze, come da quella di Milano, si è alzato forte un grido anche contro l’imperialismo, che in Sud America conoscono bene: sanno cosa vuol dire impedire la libertà di stampa, sanno cosa vuol dire mettere un bavaglio a giornalisti che fanno il loro mestiere. E ricordano al megafono la vicenda di Julian Assange che non riguarda solo lui, ma tutti noi. Ricordano le somiglianze tra stati come Turchia, Egitto, Colombia, e altri ancora e ricordano come l’imperialismo britannico sia stato un buon maestro per il successivo strapotere USA.
Il freddo pungente di Milano non ha impedito a questi attivisti ed attiviste di far sentire la loro voce, attraverso slogan e musica, di fronte ad un consolato spento e sordo, in questa fredda giornata internazionale dei Diritti Umani. Forse una all’anno non basterà.