“Patrick è stato appena rilasciato”. Lo scrivono in inglese e in arabo sui social i membri dell’Egyptian initiative for personal rights (Eipr), l’ong con cui Zaki ha collaborato fino al suo arresto e che ora gli fornisce supporto legale. Nella foto che accompagna il post, Zaki abbraccia la sorella minore, Marise, che in questi 22 mesi di detenzione ha diffuso spesso messaggi in cui pregava che arrivasse presto il giorno in cui il fratello tornasse libero. Zaki, fuori del commissariato di Mansoura, appare sorridente, ma indossa ancora la divisa bianca dei detenuti.
Lo studente dell’università di Bologna, in carcere dal 7 febbraio 2020, ieri ha affrontato la terza udienza del processo presso il Tribunale speciale d’emergenza per i reati minori, a Mansoura, perché accusato di diffusione di false notizie. Nella mattinata i giudici ne hanno disposto il rilascio ma l’accusa non è decaduta e il 1° febbraio lo studente sarà di nuovo in aula. Rischia una condanna fino a 5 anni di reclusione.
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“Le immagini degli abbracci e dei sorrisi tra la sorella, gli amici e Patrick sono emozionanti e bellissime: Patrick è tornato in libertà, per il momento provvisoriamente. Speriamo che all’udienza del 1° febbraio questa libertà provvisoria diventi definitiva e che possa tornare alla vita che aveva prima dell’arresto, quel 7 febbraio 2020: quella di una persona libera, di un ricercatore, di uno studente, di un ragazzo che ama la vita“. Lo dichiara all’agenzia Dire il portavoce di Amnesty International, Riccardo Noury, commentando il rilascio dello studente egiziano dell’università di Bologna.