Il 15 dicembre 1972, 49 anni fa, veniva promulgata la legge 772 “Norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza”. Si trattava dell’esito, ancora parziale e insoddisfacente data la formulazione estremamente restrittiva della legge, di una lotta nonviolenta, durata oltre vent’anni, di un gruppo di pacifisti che si erano tramandati il testimone di immaginare una difesa della patria con mezzi diversi dal servizio militare.
il Centro Studi Sereno Regis, che raccoglie e conserva la testimonianza ideale di quelle lotte, ha pensato di celebrare il cinquantennale della legge con un programma piuttosto nutrito che attraverserà tutto il 2022, grazie al progetto “Signornò! Torino, città protagonista della storia dell’obiezione di coscienza in Italia”. Lo scopo è quello di valorizzare la storia dell’obiezione di coscienza al servizio militare e favorire le ricerche di studiosi, interessati, docenti, formatori del servizio civile attraverso la digitalizzazione e la messa a disposizione su un archivio telematico di nove fogli pacifisti e di oltre 1000 documenti, conservati nei suoi archivi, che sarà disponibile a partire dal febbraio 2022. Si prevedono altresì una mostra itinerante sui luoghi torinesi dell’obiezione di coscienza da maggio a dicembre; un convegno sull’obiezione di coscienza previsto per ottobre; un reading e l’uscita di un libro sull’obiezione di coscienza a Torino, in corrispondenza del cinquantennale di dicembre.
Il progetto è coordinato da Umberto Forno, direttore del Centro Studi Sereno Regis, Massimiliano Fortuna, responsabile della Biblioteca del Centro e lo storico Marco Labbate, assegnista di storia contemporanea all’Università di Urbino e autore del libro “Un’altra patria. L’obiezione di coscienza nell’Italia repubblicana” e si avvale della collaborazione di numerosi professionisti.
Nel 1972 si apriva dunque una fase nuova: per la prima volta in Italia prendeva corpo il servizio civile. 708 erano in totale gli obiettori che fino all’approvazione della legge avevano pagato con il carcere il rifiuto di svolgere il servizio militare per un’idea di nonviolenza. La cifra si sarebbe ancora accresciuta perché la nuova legge non risolveva definitivamente il problema: manteneva l’obiettore sotto il controllo del Ministero della Difesa, sottoponeva la scelta di svolgere il servizio civile al giudizio di una commissione, prevedeva un servizio civile più lungo di otto mesi rispetto al servizio militare.
Durante questi venti anni la scelta di obiettare aveva coinvolto figure che provenivano da radici culturali e ideali molto diverse: libertari, cattolici, valdesi, testimoni di Geova, anarchici, radicali, socialisti. Alcuni casi, come quelli di Pietro Pinna, Giuseppe Gozzini, Fabrizio Fabbrini, Alberto Trevisan o Roberto Cicciomessere sarebbero divenuti celebri. Altri sarebbero rimasti quasi sconosciuti.
Alla lotta per il riconoscimento dell’obiezione avrebbero partecipato per brevi tratti o per tutta una vita, grandi personalità del Novecento, laiche e cattoliche, come Aldo Capitini, Norberto Bobbio, Marco Pannella, Bruno Segre, padre Ernesto Balducci, don Lorenzo Milani, Luigi Bettazzi, Guido Ceronetti, Arturo Carlo Jemolo, Umberto Calosso, Bianca Guidetti Serra, Franco Antonicelli, Luigi Anderlini.
Quella storia è dunque un patrimonio valoriale della storia italiana: partecipa all’allargamento della sfera dei diritti civili e all’emancipazione dell’Italia dai retaggi culturali e normativi del fascismo, rappresenta una fase di riflessione importante sulla nuova era militare costituita dall’arma atomica. Al tempo stesso è un angolo privilegiato dalla quale si può scrutare la storia d’Italia: coinvolge le culture politiche e religiose, si snoda lungo i conflitti che attraversano la contraddittoria storia democratica del Paese, risente delle cesure della storia della Repubblica italiana.