Ben 24 organizzazioni contadine, ambientaliste, dell’agricoltura biologica e del mondo sindacale chiedono al Movimento 5 Stelle di ritirare la proposta di legge che accelera la sperimentazione in pieno campo dei nuovi OGM. Un tentativo di deregolamentare i prodotti derivati da alcune biotecnologie considerate “di ultima generazione”, che presentano però molti dei rischi associati ai “primi” OGM.
A un anno dal tentativo di sdoganare i nuovi OGM attraverso i decreti dell’allora Ministra Bellanova, il Fronte Italia libera da OGM denuncia l’ennesimo attentato all’agricoltura italiana, questa volta da parte del Movimento 5 Stelle, che recentemente ha presentato alla Commissione Agricoltura della Camera una nuova proposta di legge sulle – da loro – definite tecniche di evoluzione assistita (TEA), ma che non sono altro che le New Breeding Techinques (NBTs) ovvero i cosiddetti “nuovi OGM”, che la corte di Giustizia Europea, con una sentenza esecutiva del 2018, ha equiparato agli OGM tradizionali.
La proposta è firmata dal presidente della Commissione Agricoltura Filippo Gallinella e dai deputati Chiara Gagnarli, Giuseppe L’Abbate, Luciano Cadeddu e Luciano Cillis. Con una modifica del decreto legislativo 8 luglio 2003, n.224, si propone di accelerare le procedure per l’emissione in pieno campo di varietà vegetali ottenute in laboratorio con tecniche di modificazione del genoma (genome editing). Durante la conferenza stampa, i prodotti delle NBTs sono stati definiti dai promotori della proposta di legge come non equiparabili agli OGM, mentre è oggettivo, anche in base alla normativa europea, che debbano essere classificati e regolati come tali.
La maggior parte degli argomenti che i deputati portano a sostegno della necessità di deregolamentare i nuovi OGM si ritrovano nelle linee guida per la comunicazione diffusa dall’International Seed Federation (ISF): la campagna promozionale “Building on Success”, condotta negli ultimi cinque anni dall’industria sementiera, batte infatti su alcuni punti chiave, su tutti il tentativo di equiparare manipolazione di laboratorio e mutazioni spontanee che avvengono in natura. Un’altra argomentazione è che queste biotecnologie rappresentino una risposta per l’agricoltura alle prese con la crisi climatica.
La realtà però dimostra che l’editing del genoma – in modo diverso rispetto alle mutazioni che avvengono in natura – può generare molteplici cambiamenti del DNA con un unico intervento. Di qui i preoccupanti effetti collaterali di queste biotecnologie: mutazioni off target, delezioni, riarrangiamenti e inserzioni non desiderate di DNA non sono l’eccezione, ma la regola del genome editing.
Il problema, denunciato da più parti, è che gli effetti fuori bersaglio non vengono studiati né cercati con rigore scientifico per la fretta di brevettare i prodotti o i processi di creazione di questi nuovi OGM. Ci troviamo di fronte a una politica che risponde alle pressioni dell’agroindustria, accettando una scienza che rinuncia al rigore e al metodo, saltando passaggi doverosi per aprire all’industria nuovi spazi di profitto attraverso brevetti e privative.
Inoltre, questa iniziativa legislativa arriva nella totale assenza di un confronto pubblico sul tema dei nuovi OGM con le organizzazioni contadine, le Associazioni dell’agricoltura biologica e ambientaliste, mentre ampio spazio viene concesso alle organizzazioni professionali agricole e alle associazioni sementiere, che chiedono di poter coltivare in campo gli OGM, ignorando totalmente il principio di precauzione, le norme europee in vigore e il volere dei cittadini italiani, in grande maggioranza contrari alla produzione e al consumo di prodotti OGM.
L’eventuale introduzione dei nuovi OGM nel settore agroalimentare italiano metterebbe profondamente a rischio la qualità e la resilienza dell’intero comparto, compromettendo il diritto di informazione e scelta dei consumatori. Una delle argomentazioni più fallaci riguarda la sostenibilità di queste tecniche di evoluzione assistita e la loro capacità di produrre varietà resistenti ai cambiamenti climatici e alle malattie che colpiscono le colture; eppure studi sostengono che l’editing genomico, volto tra le altre cose a introdurre geni di resistenza ad alcune patologie delle piante, proprio come per gli OGM tradizionali porterebbe in breve tempo alla perdita di tali caratteristiche, rendendo vana la loro introduzione forzata attraverso la manipolazione in laboratorio.
Queste tecniche, secondo le associazioni, hanno il solo scopo di rafforzare l’attuale paradigma fondato sull’agricoltura estrattiva e intensiva, che necessita di input chimici in quantità crescente che impattano sia sulla salute umana che sull’ambiente. Quello che gli impegni internazionali e soprattutto sempre più cittadini in tutto il mondo chiedono, è invece un’agricoltura realmente sostenibile e agro-ecologica, che tuteli la biodiversità e le risorse e fornisca cibo sano e di buona qualità.