Abbiamo chiesto a Padre Kizito, missionario comboniano profondo conoscitore dell’Africa e grande attivista per i diritti di quel continente e della sua gente, di darci il suo ricordo di Desmond Tutu. Un ricordo vivo e diretto di cui lo ringraziamo, così come ringraziamo ed onoriamo quel grande lottatore per i diritti umani, per la riconciliazione e la nonviolenza.
Ho incontrato Desmond Tutu a Nairobi, in Kenya, credo fosse il 1995, con Andrew, un ragazzo che studiava giornalismo e gestiva News From Africa, uno dei primi bollettini di notizie in internet. C’era in corso una conferenza internazionale, Andrew, giovanissimo ed impacciato, riuscì ad avvicinarlo e a farsi concedere un’intervista. Andrew mi chiamò pregandomi di essere con lui durante l’intervista e insieme a Tutu, per isolarci un po’, andammo in una cabina di vetro, di quelle usate dai traduttori. Tutu mi accolse come se fossimo amici di lunga data.
Vedevamo fuori giornalisti ben più quotati e troupe televisive che avrebbero voluto intervistarlo. Tutu si prese tutto il tempo, dedicandosi a rispondere alla domande un po’ naif di Andrew, al quale non sembrava vero di parlare a tu per tu con un gigante della difesa dei diritti umani.
Tutu era concentrato sulla persona che aveva davanti, attento a che capisse bene il suo pensiero. Più che un intervistato sembrava un insegnante di giornalismo che voleva che il suo allievo facesse un buon lavoro. Sempre costellando il tutto con battute e risate. La positività in persona. Tornando in redazione Andrew si disse sorpreso che non gli avessi detto di essere amico di Tutu, e si sorprese ancora di più quando gli risposi che quello era anche per me il primo incontro.
Lo rividi ad Addis Abeba, in un incontro internazionale organizzato da All Africa Conference of Churches, Ad un certo punto mi ritrovai con lui in un gruppo di lavoro di una dozzina di persone. Io ero l’unico bianco e quando un partecipante toccò il tema della poca o nulla considerazione che viene riservata alle chiese di recente fondazione africana, Tutu disse che spesso il poco rispetto era un problema anche interno all’Africa e, rivolgendosi a me per parlare a tutti, disse qualcosa come: “Vede, padre, noi siamo i primi a svalutarci. Come quando un personaggio andò a visitare l’inferno e un diavolo gli mostrava le varie pene, e c’era un posto in cui i dannati friggevano in enormi padelle di olio bollente, a centinaia, e quando qualcuno cercava di sollevarsi aggrappando al bordo per uscire dall’olio i diavoli tutti intorno gli pestavano le dita per fargli abbandonare la presa e ricadere nell’olio. Ma intorno ad una pentola non c’erano diavoli, ne chiese spiegazione e il diavolo accompagnatore gli rispose che siccome quei dannati erano tutti africani non c’era bisogno di sorveglianti perché ci pensavano gli altri ad afferrarli per le gambe e ritirarli sotto. Così siamo noi africani”. E partì con una delle sue contagiose risate.
Un gigante fra i difensori dei diritti umani di tutti, non solo dei sudafricani e un uomo che amava stare in mezzo alla gente con una semplicità e umanità sempre autentica e sorprendente.
Padre Kizito