Abbiamo sentito la Dott.ssa Giovanna Corbatto, Garante comunale delle persone private della libertà personale di Gradisca
La storia della persona marocchina che si è tolta la vita nel CPR di Gradisca è storia di ordinaria tristezza. E’ stato prelevato dalla libertà, era una persona senza dimora, quindi viveva già in condizioni di estremo disagio.
Era una persona che è già stata detenuta in altri CPR, aspetto emblematico dell’utilizzo improprio di queste strutture: persone non rimpatriabili (il Marocco ha le frontiere chiuse causa Covid) continuano a ad essere soggette a situazioni detentive plurime in strutture che hanno esclusivamente funzione di “transito” in attesa di rimpatrio.
Si trovava in isolamento sanitario per la quarantena Covid di 10 giorni prevista. Le visite d’idoneità alla vita in comunità ristretta (alla detenzione) nel CPR vengono effettuate dalle Aziende sanitarie dei comuni di provenienza delle persone straniere e non dall’Azienda sanitaria di Gradisca, aspetto considerato critico dalla Garante che ha segnalato “con insistenza” la questione.
Le circostanze della morte non lasciano dubbi sulla ferrea volontà di togliersi la vita: ha bloccato la porta d’entrata della cella e si è autosoffocato, purtroppo una morte non istantanea. I soccorsi per poter intervenire hanno dovuto forzare il blocco della porta: inutili i tentativi di rianimare il paziente.
Raccontiamo queste circostanze non per un’insana attenzione alle tragedie, ma per spiegare quanto questa persona, che viveva in condizioni di indigenza, di esclusione sociale, all’ennesima detenzione in un CPR abbia completamente perso la volontà di vivere.
La Dott.ssa Corbatto ci ha rassicurato sulla condizione generale alla quale sono sottoposti i detenuti: l’Ente gestore Ekene assolve con la dovuta attenzione al proprio ruolo, sono in essere accordi e protocolli con l’Azienda sanitaria che garantisce le cure essenziali e continuative previste dall’art. 35 del Testo Unico sull’immigrazione, dall’inizio della pandemia il SERD interviene con colloqui via remoto.
I telefonini nel CPR di Gradisca, grazie ad un provvedimento del precedente Prefetto, sono concessi ai detenuti H24. Il Prefetto ora è cambiato, vedremo se manterrà il diritto alla comunicazione prescritto per legge. Diritto che praticamente in tutti gli altri CPR viene distorto e reso univoco, ovvero solo dall’interno verso l’esterno mediante telefoni pubblici (costosi) a scheda installati all’interno della struttura. Circostanza che i giuristi denunciano essere, tra l’altro, un ostacolo al diritto di difesa.
I detenuti sono nel CPR non per aver commesso un reato penale ma per una semplice violazione amministrativa, in attesa di rimpatrio. Rimpatrio che tuttavia quest’anno non è stato effettuato per il 52% dei detenuti: dal primo gennaio al 15 novembre più di 2.200 persone sono state detenute inutilmente – tra l’altro con costi enormi per la collettività – perché non rimpatriate, come evidenziato dal Garante Nazionale delle persone private della libertà personale.
Un’altra persona straniera morta nelle mani dello Stato. Sofferenza su sofferenze, B. H. R. ha deciso di smettere di soffrire.