Nasce la Rete No Green Pass Val Susa, in una valle che resiste da sempre per la salvaguardia del territorio contro la speculazione, la devastazione ambientale e che da sempre si oppone alla militarizzazione e al controllo sociale. Di questo ne parliamo con Angela Lano, giornalista professionista, orientalista, islamologa, direttrice di InfoPal, agenzia stampa online specializzata su notizie e informazioni culturali, politiche e sociali sulla Palestina. Volto noto del giornalismo non-embedded, nel 2010 descrisse il viaggio della Freedom Flotilla, la spedizione di aiuti umanitari per la Striscia di Gaza, che venne bloccata, attaccata e sequestrata dalla marina militare israeliana in acque internazionali. Laureata in lingua e letteratura araba, PhD in Studi Etnico-Africani e del Medio Oriente e post-dottoranda in Scienza delle Religioni, da anni si occupa di storia e geopolitica del Mondo arabo e islamico oltre ad essere autrice di numerosi libri, articoli e reportage sulla Palestina e sull’ “altro mondo”, quel mondo che non viene mai raccontato. Collabora da anni con le riviste Missioni Consolata e Tempi di Fraternità. valsusina, da sempre attiva politicamente nel Movimento NoTav.
Come e da chi nasce La Rete No Green Pass Val Susa?
La Rete è nata in questi mesi, dopo riunioni informali tra gruppi di amici valsusini No Tav che vogliono opporsi alla deriva tecno-autoritaria in atto. È iniziata in sordina, con incontri nella bellissima natura della Valle di Susa, con cene condivise e alla luce di candele e torce, nei boschi, poi nelle case, poi sotto le tettoie di mercati cittadini, ed infine, in una sede al chiuso e al caldo, perché il freddo dell’inverno non permette più incontri all’aperto. Sono ormai centinaia le persone che si sono unite alla Rete, molte delle quali hanno partecipato per anni, o decenni, alla lotta contro l’Alta Velocità in Valle di Susa, e dunque abituate a fare comunità, ad affrontare insieme le varie questioni, a organizzare gruppi di discussione e manifestazioni, e al convivio, fatto di pasti condivisi, musica e danze delle Valli Occitane (la nostra valle è un antico insediamento celtico pre-romano).
Diciamo che lo spirito è sempre lo stesso, seppur con la delusione – all’inizio vero e proprio sgomento – nel constatare che una buona parte del Movimento No Tav aveva sposato la narrazione ufficiale sulla “pandemia”, il lock-down, la vaccinazione sperimentale di massa e tutte le altre violazioni dei diritti umani e politici attuati da quasi due anni a questa parte.
A molti di noi è sembrata un’incoerenza, un non-senso vero e proprio, che No Tav abituati alla battaglia civile e democratica contro un’opera faraonica quanto inutile e pericolosa, il TAV, appunto, voluta dagli emissari del capitalismo neoliberista attraverso i suoi poteri forti, non vedessero la relazione con la situazione politica, sociale, sanitaria ed economica instaurata in tutto il Paese dallo scorso anno. Questa consapevolezza di lotta non è stata solo contro il treno ad alta velocità che distrugge la bella Valle di Susa, ma anche contro un sistema economico, finanziario e politico globale, che aveva portato molti valligiani, e non solo, a condividere anni di strada, di ostacoli, di crisi, di attacchi anche mediatici. Avevamo organizzato, negli anni, anche incontri sulle tecniche di manipolazione utilizzate dal giornalismo mainstream, sulla Palestina, sulle guerre imperialiste, nella consapevolezza o per “divulgare consapevolezza” che tutto è interconnesso e che il Sistema neoliberista domina sulla Valle come sul Medio Oriente, sui media e l’informazione come sulla politica e tutto il resto. Questa coscienza si era radicata ed ha scatenato riflessioni e reazioni interessanti fino all’avvento del Covid. Dal marzo 2020, tutto è stato resettato e i media-macchina del fango e diffusori di menzogne sui No Tav, improvvisamente divenivano “amici”, degni di fiducia. Un paradosso. Com’era possibile che la consolidata e condivisa lettura della realtà a cui il Movimento No Tav e, più in generale, la sinistra, erano storicamente abituati, non venisse più applicata verso gli eventi legati alla “pandemia” e alla sua discutibile gestione da parte del governo e delle Regioni, verso il lasciapassare verde in odore di apartheid sudafricano, verso l’alquanto discutibile obbligo vaccinale per insegnanti, medici, forze dell’ordine, verso una sperimentazione genica di massa degna di Mengele e violatrice del Codice di Norimberga, verso i dissidenti costretti a lasciare il lavoro e a vedersi relegare in spazi limitati di socialità? Com’era possibile non vedere nei decreti incostituzionali, nei divieti anti-democratici, nel Green Pass (che ricorda i tempi oscuri della Storia del XX secolo) un nuovo, sottile, sistema di oppressione e di dominio?
Com’era possibile non vedere e riconoscere nell’azione del capitalismo neoliberista, con la scusa di un virus, una nuova guerra non-convenzionale contro i popoli della Terra?
Quanto ai mezzi di comunicazione che riversano, 24 ore al giorno, su lettori e telespettatori dubbi e notizie sanitarie veicolate da scienziati-veline, non sono gli stessi che, per anni, hanno attaccato il Movimento No Tav, presentandolo come terrorista? È cambiato qualcosa? Hanno, alla fine, conquistato la fiducia dei fratelli e sorelle valsusini?
Sarà, forse, che quando parlano e scrivono di TAV o di Palestina o di lavoratori mentono mentre quando parlano o scrivono di Covid, vaccini obbligatori, Green Pass e altro sono sinceri?
Come i media mainstream, anche molti dei nostri amici hanno iniziato a chiamare i critici della gestione sanitaria con gli epiteti di “No Vax”, “terrapiattisti”, “negazionisti”, “fascisti” e quant’altro. E qui si è compreso lo “swich”, un cambiamento radicale quasi automatizzato. Un corto circuito difficilmente recuperabile.
Da questo stupore, incredulità e delusione, ma anche voglia di rimettersi in gioco, di capire e ricominciare a fare comunità, è nata la Rete No Green Pass Valle di Susa, per riprendere a resistere all’oppressione capitalista neoliberista e alla sua nuova deriva tecno-sanitaria.
Cosa sono i “comitati tematici”?
La Rete ha al suo interno dei comitati/gruppi di lavoro: scuola, trasporto, salute, relazioni esterne, comunicazione, cure naturali e nuovi mondi possibili e così via. L’idea è quella di mettere a disposizione le proprie competenze e formazione, capacità manuali e pratiche, per affrontare insieme questa tragica situazione. Ogni comitato si riunisce con sue proprie periodicità e propone poi alla riunione generale, attività, iniziative e riflessioni. Tutto è discusso, secondo la consuetudine No Tav, in assemblea. Anche la manifestazione del sabato, a Torino. Si stanno prendendo contatti con tante realtà italiane, nell’ottica della rete e della comunità.
Perché, come NoTav, avete sentito il bisogno di opporvi al Green Pass?
Perché abbiamo visto delle similitudini con la nostra storica lotta per la tutela geologica, umana, culturale della nostra Valle contro i piani dell’imperialismo finanziario e le sue mafie nazionali: come ho accennato prima, i poteri sono sempre gli stessi e i progetti di dominio economico-socio-politico anche. Inoltre, abbiamo assistito all’uso delle stesse armi di manipolazione di massa. Come studiosa di geopolitica – e qui, dunque, parlo esclusivamente per me stessa – ritengo si tratti di un’operazione di guerra biologica mondiale, da una parte, e di controllo sociale e declino delle democrazie nazionali, dall’altra. Ancora una volta, rispetto alle passate operazioni – attacco alle Torri Gemelle e lotta al cosiddetto terrorismo islamico, con guerre di rapina al seguito in Afghanistan, Iraq, Somalia, e “rivoluzioni arcobaleno” e “primavere arabe”, da leggersi come “regime change” pianificati dalle agende occidentali ai danni di Paesi sovrani ricchi di risorse -, con il Covid-19 si stanno portando avanti piani di dominio sempre più globali da parte della cupola finanziaria internazionale – una oligarchia mondiale di cui fanno parte qualche centinaia di nomi noti e meno noti, e alla quali le grandi imprese dei media mainstream sono al servizio, insieme a interi governi, politici di schieramento e opposizione, medici e scienziati in pieno conflitto di interesse con le multinazionali farmaceutiche. La Medicina e la Scienza, da secoli radicate nei principi del Dubbio e della Precauzione (“primum non nocere, secundum cavere, tertium sanare”) ora stanno imponendo dogmi religiosi insindacabili. Una vera e propria religione scientista, non meno pericolosa e oppio per i popoli di altre. Trovo il lasciapassare verde un abominio razzista, così come è vergognoso non poter prendere treni, autobus o andare in pizzeria senza tessera. Siamo precipitati in un presente-futuro degno delle peggiori dittature del passato.
Quanto ai media mainstream, che in Italia sono precipitati a un livello professionale vergognoso e degno della peggior omologazione (alla faccia della deontologia), veicolando, da due anni, una narrazione fraudolenta, fake-news elevate a verità assolute, sono proni a questa forma nuova e innovativa di tecno-capitalismo, dove le libertà individuali e collettive, e i diritti umani sono repressi in nome della “paura”, creata ad hoc e in modo spesso spettacolare e fittizio, e dove le espressioni di dissenso sono etichettate come “cospirazione”, “negazione”, “terrapiattismo”.
In questa nuova e al momento, atipica, situazione globale, sintesi ed evoluzione ancora più perfida di tante altre, giornalisti, scienziati, filosofi e pensatori vari che contestano le versioni ufficiali vengono sospesi ed esclusi. E per tutti i cittadini comuni che non si piegano alla terapia genica sperimentale e al lasciapassare, non rimane che disoccupazione e emarginazione sociale.
Ecco, non ce n’è abbastanza per risvegliare anche nei più tiepidi osservatori della realtà uno spirito di rivolta e indignazione?
Perchè è poco sentita, all’interno del Movimento NoTav, l’opposizione ad un dispositivo tecno-politico come il Green Pass?
Come accennato sopra, è incomprensibile. O meglio, si comprende, forse, alla luce della propaganda mediatica di massa che ha creato una bolla ipnotica diffusa e del fatto che è imposto da uno pseudo “governo-amico”. Le analisi possono essere tante e da vari punti di vista e prospettive.
Possiamo dire che la Val Susa è stata un laboratorio di sperimentazione di pratiche repressive volte al controllo sociale?
Certamente, a livello italiano, lo è stata come lo è ancora, a livello geopolitico, la Palestina, oppressa territorialmente e militarmente da uno dei bracci dell’oligarchia finanziaria transnazionale e trans-religiosa internazionale. Ma anche lì, l’assoluta maggioranza dei Palestinesi, in patria e in diaspora, ha aderito alla narrazione pandemica senza fare collegamenti politici, geopolitici ed economici. Questo è un altro doloroso e inspiegabile mistero.
Tu stessa, una decina di anni fa, hai subito una persecuzione in quanto militante NoTav. Riesci a fare un paragone tra quello che ti è successo e quello che sta succedendo ora?
Fu nel 2012. Il Tribunale dei Minori di Torino mi fece chiamare dai servizi sociali della Valle di Susa per verificare la mia “genitorialità”, in quanto mio figlio più piccolo era, come me e tante altre famiglie valsusine, molto coinvolto nella lotta per la tutela del territorio. Risposi che ero orgogliosa di come avevo educato mio figlio. La cosa finì lì. Ma ora vedo che le persecuzioni si sono estese, dallo stesso sistema, ai tanti italiani che rifiutano la narrazione pandemico-vaccinale ufficiale. All’epoca non avrei mai pensato che l’Italia tutta sarebbe diventata una grande Valle di Susa o una Palestina. Tuttavia, già a febbraio-marzo del 2020, quando nel nostro Paese si iniziava a parlare di “Covid-19”, a fronte di anni di studi e analisi geopolitiche sulle altre operazioni citate prima, e di un dottorato di ricerca sulla distruzione della Libia e le agende imperiali, il “film” mi apparve chiaro ed estremamente preoccupante. Purtroppo non sbagliavo analisi.
Da sempre a fianco della Palestina e contro l’apartheid razzista, come descrivi il clima della militarizzazione della pandemia?
Un film fanta-horror ma, come ho detto, prevedibile, purtroppo, già dalle prime settimane di pandemia. Nei lunghi anni di studi e lavoro sulla Palestina, mi scoprivo più volte a pensare: l’oligarchia finanziaria mondiale prima o poi applicherà al resto del mondo lo “standard palestinese”. Mi dicevo: stanno facendo le “prove generali” di dominio e oppressione su alcune regioni del mondo, ma prima o poi ne globalizzeranno il modello, applicandolo a tutto il Pianeta, per trasformare miliardi di umani in sudditi obbedienti. E, allora, noi dovremo prendere esempio dalla indomabile resistenza palestinese. Sinceramente, ancora fatico, tutte le mattine, quando mi sveglio, a interiorizzare il fatto che siamo sprofondati in una deriva tecno-sanitaria e che i “manovratori” vanno avanti come un treno nel loro progetto di manipolazione, controllo di massa e di militarizzazione della società.
La nostra bella Costituzione è resa carta straccia da un governo che procede a decreti-legge blindati e con un’emergenza sanitaria riconfermata all’infinito.
Non credi sia contraddittorio che coloro che hanno privatizzato la salute e devastato l’ambiente, improvvisamente oggi si riscoprano “paladini della salute”?
Lo trovo ridicolo. Soltanto il fatto che quelli che ora si impongono come “paladini della salute” siano gli stessi che hanno distrutto, anno dopo anno, governo dopo governo, il nostro buon sistema sanitario, chiudendo ospedali e riducendo i posti letto e le terapie intensive, dovrebbe far riflettere sulla Grande Truffa in atto. Ma tant’è. Per citare Ugo Mattei, ci troviamo di fronte a una prevalenza del capitale sui diritti della persona e dei beni comuni, salute e sanità comprese.
Come professionista e giornalista “non-embedded”, come giudichi la comunicazione al tempo del Covid?
La trovo ai minimi storici, totalmente o quasi “comprata”. Mi viene in mente il bel libro del giornalista tedesco Udo Ulfkotte “Giornalisti comprati” (in tedesco “Gekaufte Jornalisten”).
Tutti pensavamo che il periodo delle tirannidi, dall’Inquisizione alla caccia alle streghe, dal nazi-fascismo e allo stalinismo, dalle dittature sudamericane a quelle arabe, fosse finito, invece ci ritroviamo in una evoluzione del capitalismo neoliberista globalizzato, che oggi legittima il suo operato non con la scienza ma con uno scientismo dogmatico inquietante. Il giornalismo dalla “schiena dritta” dovrebbe denunciare tutto questo, non servirlo. Ma siamo alla Fine dei Tempi, Kali Yuga, per dirla con certe tradizioni spirituali. O in epoca orwelliana: il falso è spacciato per vero, la menzogna per verità, la salute per malattia, e così via. Dobbiamo dosare bene Resistenza e “resilienza”.