L’Amazzonia punto zero per una nuova pandemia globale?
Il rischio è da mettere in conto, stando all’aumento sempre crescente delle deforestazioni che comporta il surriscaldamento globale ed il pericolo dell’esposizione a nuove malattie virali.
I virus che circolano tra mammiferi ed uccelli ammontano a 1,6 milioni, alcuni dei quali letali se colpiscono la specie umana, cosa che il coronavirus SARS-CoV-2 ha tristemente esposto.
Prendendo in esame l’estensione delle aree boschive e la loro ricchissima biodiversità – pari al 70% dell’intero pianeta – e la stretta correlazione tra la fauna selvatica e le popolazioni locali, non è da sottovalutare il pericolo concreto che quest’ultime possano contrarre patologie dagli animali.
Basti pensare al Brasile, che tra estrazioni minerarie e disboscamenti, ha perso 2 milioni di ettari della sua area boschiva nel 2020: gli studiosi avvertono del pericolo dell’ulteriore riduzione del 40% della foresta di qui al 2050. Il tipping point – il punto di non ritorno per il Pianeta – tanto temuto dagli scienziati, non appare così lontano.
Tuttavia, la questione non è di natura preminentemente ambientale.
A proposito del massiccio disboscamento e degli interessi in gioco, degne di attenzione sono le parole del Direttore del programma dell’Organizzazione no profit Amazon Watch, Christian Poirier: «L’Amazzonia, una foresta pluviale umida, non prende fuoco facilmente, a differenza delle arboree secche della California o dell’Australia. Gli agricoltori e gli allevatori hanno usato il fuoco per molto tempo per sgombrare la terra e ci sono probabilmente loro dietro il numero insolitamente elevato di incendi che bruciano oggi in Amazzonia. Rispetto agli anni scorsi, la distruzione di quest’anno (2019, ndr) è senza precedenti. Secondo l’Osservatorio sul clima brasiliano, gli incendi sono solo il sintomo più evidente della politica irresponsabile di Bolsonaro. Infatti il presidente ha tagliato i fondi all’agenzia di controllo ambientale del Brasile per 23 milioni di dollari, lasciando ad agricoltori, allevatori, minatori e taglialegna la possibilità di abbattere alberi per fare spazio alle attività produttive, alimentando la deforestazione insostenibile».
La deforestazione dell’Amazzonia, infatti, causa l’emissione di enormi quantitativi di anidride carbonica che vanno a gravare sul riscaldamento globale, provocando danni quali scioglimento dei ghiacciai, inquinamento dei sistemi acquatici, distruzione della biodiversità.
E proprio questo aumento delle temperature torride finisce col favorire la proliferazione di insetti portatori di malattie. È il caso delle zanzare, che trasmettono virus quali la dengue e lo Zika.
Uno storico ente di ricerca, tecnologia e innovazione brasiliano che si occupa proprio della salute in Amazzonia, l’Istituto Evandro Chagas, ha individuato più di 220 diversi tipi di virus, alcuni dei quali capaci di generare malattie nell’uomo ed altre vere e proprie epidemie.