A Milano a dicembre ci sono le luminarie, a volte c’è la neve, ma c’è anche il 12 dicembre, e dopo 3 giorni c’è il 15. Come se la città si riproiettasse nel 1969 e dicesse: “Guardate che non dimentichiamo la bomba di piazza Fontana, Valpreda, Pinelli, guardate che avevamo capito subito chi fossero gli esecutori e i mandanti.”
E così la variegata Milano antifascista quest’anno, dopo due anni, ha potuto sfilare per il centro. E non era scontato. “Ma non lasciano manifestare in centro…” diceva qualcuno. E invece si, dopo le commemorazioni ufficiali con qualche contestazione, verso le sei di sera si parte. Diverse migliaia di persone si snodano per un lunghissimo corteo che gira largo intorno al centro cittadino e torna dopo due ore in piazza Fontana. Tornavano in piazza dopo parecchio tempo i grandi striscioni, si sentivano gli slogan di sempre, quelli che partono dal fondo dei polmoni, ma che è bene tenere vivi, quelli che in poche parole spiegano ai giovani passanti o ai turisti quello che avvenne a fine anni ’60 nel nostro Paese. La strategia della tensione iniziò quel freddo pomeriggio e proseguì negli anni seguenti nelle piazze, nelle stazioni, sui treni.
Oggi tutta la sinistra è presente, tanti giovani, gli anarchici, ma anche i centri sociali, il Naga, gli Ottoni a Scoppio. Chiude uno striscione che inneggia alla libertà di Leonard Peltier, Julian Assange ed Emilio Scalzo, militante No Tav incarcerato in Francia. Le lotte si uniscono. Come gridavano lungo il corteo: “Il 12 dicembre non è una ricorrenza, ora e sempre Resistenza”.
Martedì sera, sempre a Milano, appuntamento dalle 17 in poi in via Micene, ribattezzata per l’occasione via Giuseppe Pinelli. Realizzazione di un murales, presentazione di un video, di un libro, cibi e canti, fino alle 22, quando si svolgerà una manifestazione per il quartiere accompagnati dal coro Micene.
Foto di Andrea Mancuso