La libera interpretazione dell’articolo 20 del codice dei beni culturali ha prodotto negli ultimi anni diversi casi studio, più o meno eclatanti, che hanno aperto il dibattito su quali siano le attività compatibili con il carattere storico o artistico dei luoghi nelle quali vengono svolte. Per amor di conoscenza, è giusto quindi arricchire la querelle facendo luce sulla situazione del Museo Civico Gaetano Filangieri, per quanto l’interrogativo rischi di diventare retorico.
Da diverso tempo, infatti, l’istituzione napoletana sta vivendo una doppia vita: spazio museale di giorno e location per eventi privati non appena la biglietteria chiude. Cenare di fronte a un quadro di Giordano o Ribera e festeggiare il proprio matrimonio in una sala che riflette la storia civile e intellettuale di Napoli è oggi possibile… per chi può permetterselo. Sebbene sembri far parte di una narrazione distopica, tutto ciò è ampiamente documentato attraverso le pagine social delle agenzie che organizzano gli eventi e del museo stesso, che però sceglie di non pubblicizzare queste opportunità sul suo sito ufficiale. Meno discreta è invece la pagina dell’agenzia che vende il museo come: la “casa del principe, una location inusuale e prestigiosissima” (festeggiando.it/filangieri).
Il Filangieri è una piccola realtà se confrontata con i grandi musei cittadini, soprattutto dal punto di vista dei numeri, eppure tale fragilità non può essere usata come alibi di una condotta scellerata. In primis, è a rischio la conservazione delle collezioni e della loro sede, non adatta a ospitare eventi mondani, nondimeno sconcertante e preoccupante è la distorsione della funzione dello spazio museale. Al di là della natura non culturale degli eventi organizzati, ad essere minata è la democraticità del museo – da sempre fil rouge delle varie definizioni che si è tentato di dare all’istituzione – che viene meno nel momento in cui è possibile renderlo fruibile solo a pochi eletti paganti.
Palazzo Como (sede del museo) purtroppo non è il solo pezzo di patrimonio culturale napoletano a poter essere sottratto alla comunità di cittadini per diventare esclusiva di un un’élite, ma è proprio per la contraddizione tra l’esclusività e la definizione stessa di museo che è stato scelto come caso esemplare.
Il museo civico nacque dall’istanza illuminata di Gaetano Filangieri di donare alla città uno spazio educativo ed espositivo, che mostrasse i progressi napoletani in campo artistico e industriale, istanza che però rischia di essere dimenticata se verranno preferite ad essa logiche aziendalistiche e di profitto.