Piazza Venezia inaccessibile ad auto e pedoni. Centro di Roma blindato, i vicoli transennati e presidiati da pattuglie di esercito, polizia, carabinieri. Gli ultimi giorni di ottobre la routine cittadina di turisti e romani è stata completamente stravolta per consentire ai 20 grandi del pianeta di muoversi dentro la capitale italiana: dal lancio benaugurale della monetina nella Fontana di Trevi fino al festeggiamento della nuova promessa di limitare l’aumento della temperatura globale entro 1.5 gradi, a conclusione di due giorni di summit.
Nel frattempo, una ribellione nonviolenta ha invaso Roma.
Venerdì 29 ottobre, sui Muraglioni del Tevere un gruppo di attivisti ha proiettato immagini suggestive per raccontare ai cittadini che il gas fossile non è la fonte di energia pulita che tutti i governi stanno raccontando.
La mattina seguente, il 30 ottobre – il giorno inizio del G20 – un centinaio di cittadini/e del Climate Camp ha bloccato il traffico su Via Cristoforo Colombo di fronte al Ministero della Transizione Ecologica. Dopo due ore di blocco le forze dell’ordine hanno sgomberato il presidio scortando poi le persone fin dentro il Climate Camp e identificando chiunque uscisse dal campeggio. La giornata è continuata al pomeriggio con la partecipazione al corteo cittadino, che ha visto la presenza di cinquemila persone.
La mattina del 31 ottobre alcune attiviste di Extinction Rebellion si sono incatenate alle grate del Foro di Traiano, lì dove per tutto il giorno hanno transitato centinaia di auto blu. Dopo circa mezz’ora, altri/e attivisti/e hanno bloccato il traffico chiudendo l’incrocio di Via Nazionale, nei pressi del Quirinale. In una città con intere aree trasformate in zona rossa, dove i palazzi del potere legislativo ed esecutivo erano totalmente inaccessibili, gli attivisti/e è voluto portare il messaggio (“Crisi climatica ed ecologica: i governi hanno fallito“) direttamente al Presidente della Repubblica, che rappresenta ogni cittadino italiano.
L’esito del G20
Nel stesse ore, arrivava la dichiarazione finale del G20 sulla crisi climatica: “Ci impegneremo a raggiungere la neutralità delle emissioni attorno a fine secolo (..) per limitare l’innalzamento della temperatura a 1-5°[1]”. La dichiarazione non aggiunge nulla di nuovo rispetto agli impegni che i governi del mondo hanno preso ormai sei anni fa, a Parigi. A sei anni di distanza, nessun governo del G20 è in linea con quegli accordi e le emissioni climalteranti hanno continuato drasticamente ad aumentare. Inoltre, gli accordi dichiarati domenica pomeriggio ignorano completamente ciò che era già emerso a settembre dal primo capitolo del VI report dell’IPCC: l’impossibilità di rimanere sotto l’1.5° di aumento della temperatura.
Il rapporto definisce infatti come “inequivocabile l’influenza umana sul riscaldamento in atto in atmosfera, oceani e terre emerse” e afferma che “il cambiamento climatico indotto dall’uomo sta già influenzando i fenomeni meteorologici e gli eventi climatici estremi come ondate di calore, piogge torrenziali, siccità e cicloni tropicali”. Gli scenari futuri che il rapporto prevede sono più drammatici di quanto esposto nel precedente rapporto ed in particolare viene posta maggiore enfasi sul riscaldamento già incorporato nel sistema climatico poiché “le temperature superficiali globali continueranno ad aumentare almeno fino a metà secolo qualunque sia lo scenario [di emissioni] considerato” [2].
Il G20 si conclude con nessun impegno concreto, nessun piano dettagliato o una reale presa di coscienza sull’inevitabilità della crisi ecologica e climatica creata dal business as usual. Al contrario, il G20 si è focalizzato sulla ripresa in seguito alla pandemia di Covid-19, la crescita, la prosperità. Non ci sono accordi sul phase out dal fossile, sugli impatti negativi sul clima della finanza, o su come raggiungere la neutralità delle emissioni, che si parla di raggiungere “attorno al 2050”. Obiettivo che sarà perseguito “tenendo conto delle diverse strade e dei diversi approcci“: ancora una volta, quindi, senza definire impegni vincolanti. Unico impegno concreto è quello di non finanziare più, a partire dal prossimo anno, centrali a carbone in altri paesi. Nulla si dice, però, sulle centrali nel proprio paese e su petrolio e gas fossile.
Ma la Ribellione continua e non si ferma.
Extinction Rebellion continuerà portare nuove forme di disobbedienza civile nonviolenta nei paesi di tutto il mondo, affinché venga detta la verità sulla crisi climatica in corso e si agisca rapidamente per mitigarne gli impatti. A Glasgow nelle prossime due settimane e nelle strade di ogni città nei mesi che seguiranno, finché ogni singolo governo non riconosca come priorità l’emergenza planetaria che l’umanità sta affrontando.
Ancora una volta, i governi hanno fallito e ci stanno ingannando, alimentando una distanza dalla cittadinanza e negando ogni forma di partecipazione democratica alle prese di decisioni politiche.
Riferimenti
[2] https://ipccitalia.cmcc.it/messaggi-chiave-ar6-wg1/