Rullo di tamburi. Pioggia battente, bandiere colorate e centinaia persone in cammino verso gli ingressi dello Scottish Event Campus, dove da due settimane hanno luogo i negoziati delle nazioni unite sulla crisi climatica.
Inizia così l’ultimo giorno di COP26. Circa 300 persone rispondono all’appello di Extinction Rebellion per un presidio permanente di fronte ai cancelli d’ingresso della venue dove hanno luogo i negoziati. È il Get Tea Fuck day, una giornata di azioni per mandare letteralmente “a quel paese” i leaders mondiali per evidenziare l’ennesimo fallimento dei governi del mondo. Get Tea Fuck è la versione scozzese del “fuck off” inglese. Sulle pagine di Extinction Rebellion Scotland si legge infatti: “È ora che tutti i leader mondiali vadano a quel paese. Per non aver ascoltato le comunità in prima linea più colpite dalla crisi. Per non aver ascoltato la scienza. Per non aver agito in modo adeguato per contenere la temperatura al di sotto di 1.5°. Per i loro crimini contro l’umanità”
Il vuoto politico lasciato in questi anni dalla leadership mondiale, è stato oggi colmato dagli innumerevoli interventi di alcuni esponenti di diverse popolazioni indigene e delle popolazioni del sud del mondo che già da diversi anni soffrono gli effetti della crisi climatica. La giornata d’azioni è stata infatti lanciata con una dichiarazione di aperta rottura con tutti i governi del mondo: “Noi scegliamo di stare con le comunità indigene. Siamo al fianco di coloro che sono in prima linea di fronte alla crisi climatica. Stiamo con tutti gli scienziati, con i delegati che vi hanno supplicato di agire e salvare le loro case, i giovani attivisti a cui avete rubato il futuro, i nonni che hanno marciato fino a Glasgow per la COP26. Questa è la vera leadership”.
Intorno alle 12.00, un gruppo di circa 300 attivisti, osservatori della società civile e giornalisti che stavano assistendo ai negoziati dentro la Blue Zone, hanno deciso di lasciare il campus in forma di protesta, raggiungendo gli altri attivisti di Extinction Rebellion che stavano continuando a presidiare gli ingressi.
Un’ora più tardi, un’altra marcia del gruppo Feminist for Climate Justice (Femministe per la Giustizia Climatica) ha tentato di raggiungere il presidio di Extinction Rebellion ma è stata bloccata dalla polizia. Una folla di migliaia di persone si è quindi trovata a presidiare gli ingressi della COP26 per diverse ore.
Poco dopo l’ora di pranzo, due attivisti hanno provato a scavalcare i cancelli d’entrata, ma sono stati subito arrestati e trascinati via dalla polizia [Video].
Il presidio è andato avanti per tutta la giornata, con diverse performance e interventi nonostante la pioggia.
Nel frattempo, un altro gruppo di attivisti ha preso di mira la sede principale della Barclays, la banca che dagli Accordi di Parigi ad oggi ha investito circa 127 miliardi di euro in combustibili fossili [Banking on Climate Chaos, 2021].
Nel tardo pomeriggio, quando ormai la bozza della dichiarazione finale aveva reso evidente il fallimento della 26esima edizione della Conferenza delle Parti sul clima, due attiviste sono state ricoperte di sangue di fronte ai cancelli d’entrata. Con lo slogan “COP26 is a moral failure” (La COP26 è un fallimento morale), Extinction Rebellion ha voluto commemorare tutte le persone che perderanno la vita a causa del fallimento di questi negoziati.
L’ultimo giorno di COP26 si chiude con le dure parole di George Monbiot, giornalista del The Guardian: “Sto tornando a casa dalla COP26, pieno di frustrazione e rabbia dopo aver letto la bozza della dichiarazione finale. I potenti governi del mondo stanno di fatto proponendo di fare di più in difesa dell’industria dei combustibili fossili, non della vita sulla Terra (…). Alcune delegazioni staranno esprimendo soddisfazione per essere riusciti a difendere le loro industrie legate ai combustibili fossili. Nel testo della bozza si leggono infatti parole come “forse … un giorno … solo se vi sentite pronti”.
Qui non ci sono vincitori. Siamo tutti perdenti” [George Monbiot].