Le biblioteche, presidio pubblico di cultura, da sempre aperte a tutti, sono diventate luogo accessibile solo a chi ha il Green Pass. In Italia l’obbligo è scattato il 6 agosto, in Francia il 30 settembre, a partire dai 12 anni di età. In Francia, il “pass sanitaire” vale solo per le biblioteche pubbliche comunali mentre la biblioteca nazionale, le biblioteche universitarie o specializzate sono esentate dal dispositivo. In Italia vale per tutte le biblioteche.
Ma se in Francia i bibliotecari sono compatti e uniti nella protesta, in Italia la protesta è flebile.
In Francia il motto è “Bibliotheques pour tous sans pass”.
L’88% dell’intera categoria aderisce. La stessa associazione di categoria Association des bibliothécaires de France, ABF si è detta apertamente e fin da subito contraria al GP.
La stragrande maggioranza dei bibliotecari (70%) ha infatti notato un calo di presenze dall’introduzione del pass sanitario; questo dispositivo viene considerato “una barriera all’accesso alla cultura per tutti. La cultura è fondamentale, la richiesta del pass porta a un divario enorme tra le persone.” dichiarano i bibliotecari francesi.
Hanno inviato al Ministro della Cultura rapporti, dati e osservazioni, riguardanti le forme di controllo, la mancanza di risorse per effettuarli e criticità sull’utilità del GP come forma di contenimento della pandemia.
Hanno lanciato una petizione on-line che ha ricevuto decine di migliaia di adesioni.
I combattivi bibliotecari francesi, hanno anche creato un sito web, Bibsanpass, dove coordinare le forme di lotta e ricevere informazioni https://bibsanspass.wixsite.com/website
Finora sono stati indetti ben tre scioperi, il 1 ottobre e il 13 ottobre e il 10 novembre ed i media nazionali (a differenza dei nostri) ne hanno dato grande risalto, tanto da spingere molti comuni (Cannes, Cherbourg, Carreaux, Gentilly, ecc.) a decidere di non richiedere più il GP per minori o studenti, sulla base di una scappatoia legale (chi entra per “studio e ricerca” è infatti esente dall’esibire il pass).
Molti i nomi della cultura (scrittori, illustratori, musicisti) che sono a fianco dei bibliotecari.
Molti gli interventi di sostegno in parlamento, moltissimi anche da sinistra (la France insoumise è da sempre schierata contro il GP che comunque in Francia non vale per i luoghi di lavoro e neppure per accesso a Università), oltre all’appoggio dei sindacati.
In Francia nessuno si sognerebbe mai di etichettare i bibliotecari come “novax” “complottisti” o “fascisti”, etichette che invece in Italia si appioppano a chiunque dissente.
Complice il clima molto più pesante che aleggia in Italia, i bibliotecari italiani tacciono, e non prendono posizione. Ma il malcontento serpeggia.
Uno fra i pochi a dissentire pubblicamente è stato il movimento ” Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali” un collettivo che unisce operatori culturali, di biblioteche e musei ed che ha un gruppo FB molto attivo. Con un post, il 4 agosto, denunciò la gravità di escludere i non vaccinati dalle biblioteche.
Federica Pasini, storica dell’arte, portavoce del collettivo ci racconta:
“Le fasce più deboli e bisognose di uno spazio pubblico e accogliente come la biblioteca, sono proprio quelle più escluse. Adolescenti e bambini sopra i 12 anni non ancora vaccinati, persone che non hanno avuto esenzione per motivi sanitari pur avendone bisogno, migranti senza tessera sanitaria (e quindi neppure il GP), migranti vaccinati con vaccini qui non riconosciuti, e tutti quelli che per vari motivi non possono o non vogliono vaccinarsi…tutta questa gente non viene più in biblioteca. Dicono che hanno messo il GP come un incentivo al vaccino. Ma realisticamente, in quanti correranno a vaccinarsi per entrare in biblioteca? E d’altra parte, quanti correranno a tamponarsi (a pagamento) per poter prendere in prestito un libro in biblioteca? Se va bene, lo comprano in libreria, se va male, ci rinunciano. I problemi sociali e culturali non sono meno rilevanti di quelli sanitari, anzi sono interconnessi”.
Con l’ulteriore aggravante che in Italia non è permesso neppure accedere alle biblioteche universitarie.
Sempre nella pagina del collettivo “Tu m riconosci?” il 17 novembre compare un post:
“Una mia amica, ricercatrice nordafricana è da poco arrivata a Roma, con una borsa di ricerca. E’ vaccinata con il vaccino cinese, l’unico disponibile nel suo Paese, ma i documenti che bastavano per entrare e varcare la frontiera, non bastano per ottenere il green pass. Conseguenza: per visitare musei, prendere treni, andare in biblioteca, insomma per fare tutto quello che è normale che un ricercatore faccia in una città in cui viene a studiare, deve fare un tampone a pagamento o sperare nel buon cuore di chi incontra all’ingresso. Io lo trovo assurdo, e discriminante”.
Federica Pasini prova a spiegare: “Molte biblioteche hanno esternalizzano i servizi a cooperative e quindi c’è meno possibilità di organizzarsi e protestare, da parte dei bibliotecari italiani”.
Il 15 ottobre un coraggioso gruppetto di bibliotecari milanesi, ha organizzato un sitin davanti alla biblioteca comunale, inviando poi un appello a tutti i bibliotecari italiani.
“Il clima è teso e pesante. Non è stata presa bene, siamo stati attaccati, ma altri ci hanno ringraziato per aver spezzato questo silenzio” ci raccontano.
In alcune amministrazioni, come appunto Milano, i bibliotecari hanno codici disciplinari che li vincolano a non criticare pubblicamente (a mezzo social o interviste) l’operato della propria amministrazione, e anche se le perplessità sul GP sono di carattere nazionale, in molti hanno (comprensibilmente) paura a parlare. Quelli che accettano di parlarci, chiedono l’anonimato.
Giulia (nome di fantasia) mi racconta: “Sono una bibliotecaria pubblica, credo nell’accesso universale alla cultura. E’ imbarazzante lasciar fuori delle persone, compresi ragazzini. Nelle grandi città il controllo, fatto all’ingresso, viene spesso appaltato a cooperative. Noi bibliotecari vediamo solo la gente già ‘selezionata’ e questa cosa mi fa rabbrividire, ma per altri colleghi è rassicurante. Quello che non si vede, non esiste e non dà pensiero”.
Luca (nome di fantasia), bibliotecario, riflette: “mi chiedo se stiamo rispettando il nostro codice deontologico che è molto chiaro: i bibliotecari devono combattere la discriminazione. So che questa parola fa saltare i nervi ai benpensanti, ma è esattamente quello che avviene oggi. Lasciamo una persona fuori dalla biblioteca, e ne facciamo entrare un’altra, questa è discriminazione, anche per la Treccani.” poi rimarca: “Che ci sia il GP per le biblioteche e non per le librerie, oltre all’assurdità palese, dimostra solo la nulla considerazione in cui le biblioteche sono tenute”.
L’associazione italiana bibliotecaria AIB, a differenza della sua corrispettiva francese, si espone poco. Questa estate, timidamente, ha emanato linee guida chiedendo una certa flessibilità nel primo mese di applicazione e la possibilità di prestiti (già prenotati) senza GP, cosa che effettivamente accade a macchia di leopardo.
A Milano però il sistema bibliotecario ha tirato in ballo il prefetto, come se la questione “prestiti” fosse una questione di ordine pubblico. Il prefetto dal canto suo ha introdotto una interpretazione restrittiva vietando anche il semplice prestito di libri a chiunque fosse sprovvisto di GP, anche al di fuori della biblioteca. “E difatti ben presto anche le bellissime biblioteche a pedali, smisero di girare nei parchi.” testimoniano vari utenti.
Lidia, anche lei una bibliotecaria che preferisce restare anonima, racconta la sua esperienza: “Ci troviamo davanti situazioni penose, ragazzini che fino al giorno prima possono accedere e poi dal giorno dopo non possono più, fratelli divisi, gruppi di amici che decidono in blocco di non entrare perché uno di loro non ha il green pass. Nelle biblioteche di periferia, unico presidio di cultura in luoghi marginali, questa esclusione è stata ancora più ingiusta. I ragazzi stanno perdendo la biblioteca come punto di riferimento. E’ un danno gravissimo, perché quando un ragazzo di fascia povera viene respinto una volta dalla biblioteca, difficilmente ci tornerà”.
Un’altra bibliotecaria aggiunge: “A tutti i ragazzini, in caso di dubbio sull’età, il personale deve chiedere i documenti, che spesso i bambini non hanno con sé per ovvi motivi. Si riduce l’autonomia, già scarsa, in Italia. Un tempo i ragazzini venivano in biblioteca da soli, ora non se ne vedono più”.
E quindi la domanda che tutti si fanno: “Era davvero necessario applicare questa misura anche ai ragazzini? Che almeno togliessero questo vincolo sotto i 18 anni, anche perché a quell’età non possono decidere se vaccinarsi o meno”.
Secondo i bibliotecari, non si fa più vedere neppure tutta la fascia fragile dei senza fissa dimora, rom, migranti che passavano in biblioteca qualche ora, anche solo per scaldarsi.
“In tanti anni di lavoro, non ho fatto distinzioni tra i miei utenti. Non ho mai chiesto se chi entrava era regolare o clandestino” continua Lidia “ho sempre creduto che la biblioteca fosse un presidio di umanità per tutti, senza distinzione di sorta. E invece ora…”.
D’altra parte, sottolineano tutti i bibliotecari intervistati, “le norme per la prevenzione del Covid erano ottime già prima del GP: mascherine, distanziamento, misurazione della temperatura all’ingresso, igienizzante, quarantena dei libri, areazione dei locali. Tanto che in tutta Italia non risultano essersi verificati focolai in biblioteca. Bastavano quelle misure, senza la necessità di escludere gente”.
Intanto è stata lanciata una petizione, da un’appassionata lettrice, Giulia Abbate: “Biblioteche aperte a tutte e a tutti!” https://chng.it/ypzvztcYTw.
“Sono una assidua utente delle biblioteche milanesi, e editor indipendente. Per me le biblioteche sono state la seconda casa. Nel 2020 lanciai una petizione per riaprire le biblioteche, e infatti le riaprirono. Da agosto 2021 però, non ho potuto più entrarci, causa GP, lo stesso mia figlia di 12 anni. Qui a Milano non fanno neppure il prestito, se non hai il GP. Abbiamo protestato, e infine ci hanno “concesso” di ritirare i libri ordinati da alcune edicole (poche) convenzionate. Che senso ha? Le biblioteche stanno allontanando la gente, soprattutto i ragazzini. Se una volta le biblioteche erano un presidio di cultura e giustizia sociale, soprattutto nei quartieri popolari, ora sono luoghi dove si alimenta la spaccatura sociale, secondo una logica punitiva. Ho inviato questa petizione due volte all’AIB, ma non mi hanno mai risposto”
Nonostante il clima pesante e la consegna di non parlare, i bibliotecari italiani si stanno organizzando: “Dovremmo davvero fare come in Francia, essere uniti, fare rete. E chiedere come minimo di togliere il green pass per i minorenni. E’ un appello a tutti i bibliotecari, uniamoci!”
INFO:
Per chi volesse organizzarsi o avere info:
Petizione: https://chng.it/ypzvztcYTw
pagina FB “Tu mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”.