Apocalisse vuol dire rivelazione. Quale rivelazione ci riserva l’Apocalisse ormai in corso? Decine di migliaia di profughi si ammassano ai confini dell’Europa, degli Stati Uniti e dell’Australia: alcuni per sfuggire a guerre e bombardamenti, altri costretti dall’impossibilità di sopravvivere nelle loro terre devastate, molti spinti dal desiderio di sfuggire a un ambiente senza futuro (come fanno migliaia di giovani italiani che cercano all’estero quello che il loro paese gli nega).
In molti casi, si sentenzia, quei “migranti” sono la componente meno sofferente delle loro comunità: i più istruiti, i più intraprendenti, i meno poveri. E’ vero; gli altri non hanno i mezzi per muoversi se non fino al territorio più vicino, in attesa di poter tornare a casa, ma quelli che cercano una via di fuga lontano lo fanno spesso per cercare di aiutare chi resta. Magari con una parte dei 30 euro al giorno che guadagnano spaccandosi la schiena in un campo. Poi ci sono quelli ancora lontani dai nostri confini, intrappolati in paesi di transito dove l’Europa e gli Usa vorrebbero che restassero per sempre.
Governi e associazioni criminali paragovernative (come in Libia) giocano sulla loro pelle per ricattare i Paesi meta di quei viaggi. La Turchia si fa pagare senza rinunciare, di quando in quando, a minacciare di “aprire la diga”. Il Marocco ha cominciato a farlo. La Libia – o chi per essa – si riprende, a pagamento, quelli che non riescono a raggiungere le navi delle ONG. Non per portarli in salvo, però, ma per depredare di nuovo loro e le loro famiglie e poi imbarcarli in un nuovo viaggio. La Bielorussia li fa arrivare in aereo come turisti e li spinge contro la frontiera polacca per ricattare l’Unione Europea. Ma non si tratta certo di sprovveduti; quei profughi non se li è inventati Lukashenko. Molti di loro, senza questa “opportunità”, intraprenderebbero comunque quel viaggio con altri mezzi.
Di fronte a questo “assedio” l’Unione Europea ha fatto una scelta univoca: guerra ai migranti. A questo servono l’agenzia Frontex, ormai finanziata con centinaia di milioni di euro, il suo esercito in formazione di 10.000 unità e, soprattutto, l’apparato ipertecnologico di sorveglianza dei confini. Le navi di Frontex non salvano i migranti in mare; i suoi aerei non ne segnalano la presenza alle navi commerciali. Se non c’è una motovedetta libica pronta a sequestrarli per riportarli all’inferno, li lasciano annegare. Così succede anche alle frontiere di terra: sia di qua che di là del filo spinato viene lasciata mano libera a polizie, milizie parafasciste, truppe nazionali e ora anche alla Nato, per respingere i migranti catturati, o abbandonarli al gelo in un bosco, dopo averli depredati e massacrati di botte. Li aspetta la morte.
Sono fatti noti e documentati: trattamenti riservati a uomini, donne, famiglie, bambini, non più considerati esseri umani, ma topi, scarafaggi, parassiti, intrusi. E’ questo il messaggio che le politiche dell’UE fanno passare nell’opinione pubblica. Addio ai decantati “valori europei”: non solo per i tanti che non sanno che farsene, ma anche per chi finge di “tenerci”. Scrive Bernard Guetta su Repubblica del 9.11: “Devo confessarlo, per quanto sia ironico, per quanto sia doloroso… non resta che sistemare reticolati… Se non fosse che alla frontiera tra la Bielorussia e la Polonia le temperature sono così rigide che i rifugiati muoiono di freddo… Nondimeno, dramma umano o no, i polacchi non possono cedere a questo ricatto. In guerra come in guerra”.
Ma c’è qualcuno che pensa che queste “ondate” possano arrestarsi, o invertire la rotta? E’ ovvio che continueranno a crescere come valanghe, tanto più che le non decisioni del G20 e della COP26 renderanno sempre più inospitale un numero crescente di aree della Terra, le cui popolazioni non potranno che cercare di sfondare le barriere dei paesi dove la vita sarà o sembrerà ancora possibile.
Ecco allora che cosa ci rivela l’Apocalisse già in corso: nel nostro futuro c’è una guerra sempre più intensa contro una moltitudine crescente di genti escluse dal novero degli esseri umani, condannate allo sterminio. Per loro, in un mondo stravolto dalla crisi climatica e ambientale non c’è più posto e farglielo capire toccherà, in modo sempre più diretto, a tutti noi. Per difendere il nostro “stile di vita” non negoziabile? Neanche per sogno! Se il covid 19, con “solo” 5 milioni di morti (o forse il doppio) ha stravolto catene di fornitura, prezzi delle materie prime, rifornimenti di gas, vita quotidiana, è facile immaginare che cosa provocherà la crisi climatica mano a mano che i suoi effetti si faranno più pesanti: altro che auto elettriche, riscaldamento a gogò, vacanze all’estero…
Riusciranno forse a “sfangarla” le comunità che avranno organizzato per tempo sistemi energetici, di mobilità, di alimentazione diversi, stili di vita più sobri, una rinnovata attenzione per la vita che ancora popola il nostro pianeta. In comunità del genere c’è posto per tutti. Sperando che il loro esempio si diffonda nel resto del mondo.