«Loro, quelli che chiamano genicamente migranti, ma che sono persone con sogni e ferite, arrivano a piedi, lungo la strada che sale da Oulx, singoli e famiglie intere, mal equipaggiati rispetto al clima già rigido».
L’altro ieri mattina [ndr] all’alba (6 ottobre) è stata sgomberata la casa cantoniera di Claviere, occupata domenica scorsa: un’occupazione durata giusto il tempo della “tregua elettorale”.
Pochi giorni di vita per questo presidio solidale, sulla frontiera tra Italia e Francia, punto essenziale di accoglienza e assistenza per i tanti in fuga dalla guerra e dalla fame, lungo sentieri che dovrebbero essere di speranza, ma che sono invece di fatiche indescrivibili, pericoli, disperazione e, per tanti, morte.
Sabato c’ero. Giorno di festa. L’edificio abbandonato da tempo riprendeva a vivere. Sul piazzale antistante, la polenta borbottava nei grandi paioli. Intorno le telecamere inquisitorie e digos. Poco lontano lo schieramento degli agenti in assetto antissommossa: la “giustizia del potere”, che è ingiustizia della vita.
Loro, quelli che chiamano genicamente migranti, ma che sono persone con sogni e ferite, arrivano a piedi, lungo la strada che sale da Oulx, singoli e famiglie intere, mal equipaggiati rispetto al clima già rigido. Una famiglia con otto bambini. Una bambinetta con un grande grappolo d’uva. Una breve sosta per bere qualcosa di caldo, ricevere qualche indicazione, poi via, mentre il giorno è ancora giovane e il sole è tornato a brillare tra le nubi squarciate dal vento.
Per loro comincia il momento più rischioso, tra le pinete di confine pattugliate dai gendarmi di frontiera. Ma non c’è ancora neve e il bosco è amico, pieno di colori….
E poi l’ennesimo sgombero, la vendetta fulminea degli dei invidiosi e vendicativi. La casa che aveva ripreso vita è nuovamente sbarrata. Muta. Gli occupanti denunciati. Le frontiere più ferree.
Claviere tace indifferente, tra il suo campo da golf deserto, gli alberghi disabitati e gli skilift come scheletri immobili.
Fino a quando sopporteremo questa giustizia con l’elmetto, questo mondo di sepolcri imbiancati?
Nicoletta Dosio