Il mondo è un posto complesso, l’insieme delle azioni umane in particolare.
Pare un’affermazione scontata ma non lo è.
Per lo meno non lo è se analizziamo il mondo mediatico attuale, afflitto da numerose semplificazioni e banalizzazioni indegne di chi pretende di fare informazione e, soprattutto, formazione.
Sui temi alla moda sembra che predomini una tendenza da stadio a dividere la gente, le azioni e le opinioni secondo criteri stereotipati e monolitici: se si critica il green pass si è novax, se si appoggia la campagna per i vaccini gratis si è governativi, se si critica la politica sanitaria si diventa noglobal, se partecipiamo a una manifestazione no green pass siamo tutti fascisti e se siamo per una radicale azione ecologista dobbiamo mangiare vegano e smettere di fumare…
Il mondo è pieno di sfumature, i problemi sono complessi, la scienza non è un dogma ma un metodo per la ricerca e soluzione di problemi, le idee non sono scomparse e dovrebbero guidarci, insieme ai principi, nella comprensione e trasformazione della realtà.
Un altro problema diffuso, e che mi pare correlato, tipico del settore giornalistico, è quello dell’approfondimento e chiarimento delle fonti: adesso si chiama “fake news” qualunque informazione che non corrisponda alle nostre credenze, senza la minima verifica della autenticità o meno della notizia, senza il beneficio del dubbio o la possibilità di approfondimento.
Dove porta tutto questo? Porta a un sostanziale appiattimento del dibattito e una riduzione dei temi a slogans da stadio dove spesso si usano le parole a sproposito e, invece di preoccuparci di fondamentare i nostri argomenti, ci si spende nell’ignobile arte di degradare l’avversario.
Ho visto un noto opinionista rispondere a una persona che in un talk show educatamente si lamentava che non lo facevano parlare, interrompendolo in continuazione: “lei non lo sa che questo si chiama talk show perche fa spettacolo litigare e interrompersi?”. Ora a parte che talk show vuol dire spettacolo di parole e che quindi la Parola dovrebbe essere sacra, rispettata ed ascoltata da qualunque parte venga, quel simpatico opinionista (che non nomino perché è solo il rappresentante di una nutrita serie) non si rendeva più conto in che livello di degrado era finita l’idea di “dibattito”.
La nonviolenza ci ricorda che non abbiamo nemici, abbiamo a volte antagonisti con cui è bene confrontarci e da cui è bene imparare, poiché quando spieghiamo il nostro pensiero di fronte alle obiezioni stiamo chiarendoci e perfezionando la nostra idea. E, qualche volta, potrebbe essere una grande liberazione e un grande atto umano dire “mi sono sbagliato” e correggere le proprie azioni.
E’ abbastanza banale dire che quest’appiattimento e semplificazione giovano a chi è al potere, secondo il vecchio principio divide et impera; in più aggiungerei la conseguente distrazione di massa dai problemi reali che affliggono l’umanità: la fame, il disastro ecologico, la distribuzione della ricchezza, il senso nella vita ecc.
Dobbiamo con urgenza tornare la dialogo, alla critica, al diritto di esprimere opinioni, al confronto di punti di vista, siano esse di maggioranza o di minoranza; magari con una maggiore attenzione al piccolo, perché le nuove idee e i nuovi movimenti nascono piccoli, così come i nuovi nati di tutte le specie viventi.
Dobbiamo ritrovare la meraviglia del nuovo, del diverso, del divergente perché è dal confronto e dalla ricerca che può nascere un mondo migliore, quello che la gravità dei problemi globali (molto più in là della crisi pandemica) ci richiede come specie umana.
Ma dobbiamo intanto con urgenza smettere di far di tutta l’erba un fascio.