“L’Agricoltura Industriale non è un sistema alimentare, visto che non riesce a produrre cibo nutriente. È, al contrario, un sistema anti-alimentare, che immette sul mercato «prodotti alimentari» tossici, vuoti dal punto di vista nutrizionale e ad alta intensità chimica. Questa mercificazione del cibo non solo non nutre le persone, ma contribuisce alla fame, alla malnutrizione e alle malattie croniche in tutto il mondo. Ancora più grave è il fatto che, mentre il mondo è ancora in una situazione di pandemia, il sistema agroalimentare industriale che il Vertice intende portare avanti è uno dei fattori chiave nella generazione di epidemie” – questo ci dice Vandana Shiva sull’importanza dei sistemi agro-ecologici, ricordandoci che i killer non sono i batteri e virus che convivono, da sempre, con e dentro di noi, ma l’impatto antropico sugli ecosistemi attraverso pesticidi, veleni, antibiotici, zootecnia e monoculture intensive.
Di questo ne parliamo con Antonio Lupo, medico, membro del Comitato Amigos Sem Terra Italia, ambientalista da molti anni a fianco del Movimento Sem Terra in Brasile e del Movimento La Via Campesina, una delle più grandi organizzazioni contadine e ambientaliste del Sud del Mondo a cui aderiscono più di 200milioni di contadini.
Cosa si sono detti i ministri dell’Agricoltura durante la Riunione G20 tra il 17 e il 18 settembre a Firenze, e cosa si è trattato durante l’Open Forum sull’Agricoltura Sostenibile?
Questo è quello che si legge sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali Mipaaf https://www.myfruit.it/politiche-agricole/2021/09/mipaaf-approvata-la-dichiarazione-finale-del-g20-agricoltura.html
“La Carta della Sostenibilità di Firenze vuole rafforzare la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo in materia di cibo e agricoltura”. I ministri, riuniti nel G20 Agricoltura di Firenze, hanno approvato la dichiarazione finale in cui è stato ribadito l’impegno per raggiungere la sicurezza alimentare, nel contesto delle tre dimensioni della sostenibilità: economica, sociale e ambientale. Per garantire sistemi alimentari sostenibili e resilienti, i ministri del G20 hanno ribadito la volontà di raggiungere l’obiettivo fame zero, minacciato anche dalle conseguenze del Covid-19. Pur con l’aumento della produzione, infatti, ancora un quarto della popolazione mondiale soffre d’insicurezza alimentare.
Per i ministri del G20 il cambiamento climatico, gli eventi meteorologici estremi, i parassiti, le malattie di animali e piante e gli shock come la pandemia da Covid-19, richiedono risposte coordinate ed efficaci. In particolare, si è deciso di non adottare alcuna misura restrittiva ingiustificata che possa portare a un’estrema volatilità dei prezzi alimentari nei mercati internazionali, e quindi minacciare la sicurezza alimentare.
I ministri, con la sottoscrizione del comunicato finale detto anche Carta della Sostenibilità di Firenze, desiderano rafforzare la cooperazione tra i membri del G20 e i paesi in via di sviluppo in materia di cibo e agricoltura per migliorare, condividere le conoscenze e aiutare a sviluppare le capacità di produzione interna più adatte alle esigenze locali, contribuendo alla resilienza e al recupero dell’agricoltura e delle comunità rurali.”
Leggendo i 21 punti della Carta della sostenibilità dei sistemi alimentari di Firenze (comunicato della conferenza conclusiva del G20 dell’Agricoltura a Firenze) si rilevano affermazioni e contraddizioni significative ai punti 4, 7, 9, 10, 12, 15, 17 e 19.
Tra le conclusioni dell’Open Forum sull’Agricoltura sostenibile del 16 settembre si legge: “Produttività e livelli occupazionali sono cresciuti, anche in epoca di pandemia, in virtù dell’incremento della domanda di prodotti internazionali. La filiera agricola è diventata globale ed ha contribuito a garantire una sempre maggiore distribuzione dei prodotti, la disponibilità di cibo a prezzi contenuti ed il mantenimento, quando non l’aumento, dei livelli occupazionali.”
Ci sono molti impegni generici, nel comunicato, ma non si parla del cibo spazzatura industriale, che contribuisce in gran parte ai due miliardi di obesi e sovrappeso, anche tra i poveri per il suo basso prezzo, un numero doppio degli affamati ed in aumento con le chiusure delle persone nelle case a causa del Covid. Nè si parla dell’Agroindustria, degli allevamenti intensivi e dei suoi effetti sulla crisi climatica e sulla resistenza agli antibiotici.
I Ministri sembrano invece tutti d’accordo ad incrementare la tecnologia digitale, compreso i nuovi OGM, la filiera globale e il commercio internazionale come progetto e garanzia della sicurezza alimentare: questo è l’opposto della Sovranità Alimentare, rivendicata dai 200 milioni di piccoli contadini di Via Campesina Internazionale, ma anche delle centinaia di milioni di cittadini che consumano prodotti locali e che vogliono continuare a farlo.
Si accenna all’impatto del sistema alimentare sul surriscaldamento alimentare, ma si assolve la produzione e il commercio di cibo industriale, responsabile dal 44 al 57% delle emissioni globali di gas serra, vedi La Via campesina in Action for Climate Justice radical_realism_for_climate_justice_volume_44_6_1.pdf (boell.de) .
Tu hai lavorato e lavori molto con il Movimento Sem Terra in Brasile e con La Via Campesina. Come vivono i contadini la speculazione da parte dell’agrobusiness?
Ho conosciuto 18 anni fa il Movimento Sem Terra, il movimento brasiliano di 2 milioni di contadini che con le loro lotte hanno conquistato ed ora coltivano un territorio pari a 1/5 dell’Italia. Da allora ho lavorato con loro nel Comitato Amigos MST Italia e con gli altri Comitati Amigos di Europa e Nord America, e con le altre associazioni contadine che abbiamo visitato, in tutta l’America latina. I piccoli contadini mi hanno illuminato e rincuorato, con la loro lezione di umanità e dignità. MST definisce da anni l’Agricoltura Industriale, l’Agrobusiness, come “Agricoltura petrolifera senza Contadini”, cioè hanno capito che, in un Brasile con ancora il 16% di popolazione agricola, la vittoria del modello di produzione di cibo industriale li avrebbe espulsi dalle campagne e confinati nelle tremende favelas brasiliane, in mano alle mafie e ai militari.
È stata e continua ad essere una questione di vita o di morte per i piccoli contadini, soprattutto nelle parti del mondo con tanta terra e acqua e con relativamente poca popolazione, come l’America Latina e Africa. Acqua e Terra sono il vero obiettivo dell’estrattivismo, il “Land e Water Grabbing”, sia quello minerario, per ricavare i metalli indispensabili all’industria militare, civile e informatica, sia quello agricolo, per le monocolture intensive.
OGM, Agrocombustibili e Agricoltura Climaticamente Intelligente, incentivati dai grandi tycoon dell’agro-chimica, sono “false soluzione alla crisi climatica”?
Alla vigilia di COP 21 del 2015 a Parigi, che è stato un evidente fallimento totale, Via Campesina Internazionale (VCI) si mobilitò dicendo “Clima: problema vero, soluzioni false”. Consideravano soluzioni false appunto gli OGM, gli Agrocombustibili e l’Agricoltura Climaticamente Intelligente Sul fallimento degli OGM non mi ripeto, gli agrocombustibili hanno tolto grandi quantità di terra all’agricoltura e ostacolato lo sviluppo delle energie rinnovabili. È doveroso però fare alcune considerazioni sull’Agricoltura Climaticamente Intelligente. Lanciata il 23 settembre del 2014, alla Conferenza ONU sul clima convocata da Ban Ki-moon a New York, la Fao e la Banca Mondiale dovevano permettere un incremento della produzione agricola, il rafforzamento della resistenza dei sistemi agricoli e la riduzione delle emissioni di gas serra, tutto in un colpo solo! Risolvendo così tre grandi sfide: alimentare la popolazione mondiale, lottare contro il cambiamento climatico e garantire la sostenibilità dei sistemi agricoli. VCI la definì subito una falsa soluzione, perchè non escludeva l’uso di prodotti chimici e di transgenici e neppure la produzione di agrocombustibili industriali. Multinazionali come Yara (leader mondiale dei fertilizzanti), Monsanto o Syngenta erano gli attori principali di questa nuova alleanza internazionale, che salvava i sistemi di agricoltura industriale del Nord e del Sud, i più nocivi per l’ambiente, con l’ulteriore sviluppo di un’agricoltura che espelleva i contadini, sottraendo loro le terre, le pratiche e i saperi.
VCI dichiarò che, “in sintesi, il suo vero obiettivo era quello di portare avanti in maniera accelerata l’industrializzazione e la finanziarizzazione dell’agricoltura. L’Agricoltura Climaticamente Intelligente è il nuovo strumento utilizzato dalle multinazionali affinché l’agricoltura continui a produrre profitti esorbitanti!”. A distanza di 6 anni, dopo il rapporto dell’IPCC sull’imminente catastrofe climatica, Governi e Agrobusiness rilanciano l’Agricoltura di precisione e innovazioni tecnologiche imminenti e trascendentali. In realtà non si vuol smettere di fare la guerra alla Natura e ai cicli naturali (già alterati dal surriscaldamento globale) dell’Acqua, dell’Ossigeno, dell’Azoto ecc, cioè ridurre i consumi e riconoscere l’Agroecologia come l’unica soluzione vera.
Come pensano i contadini del Sud del Mondo sulle derive distopiche dell’agrobusiness?
Tu hai lavorato e lavori molto con il Movimento Sem Terra in Brasile e con La Via Campesina. I piccoli contadini possono essere la soluzione alla crisi climatica ed ecologica? Ci sono dati ad affermarlo?
Il 23 settembre scorso, alla vigilia della preCOP 26 a Milano e poi di COP 26 a Glasgow, VCI ha lanciato da Harare, la capitale dello Zimbawe, dove vive la contadina Elizabeth Mpofu, coordinatrice generale di VCI, una “chiamata all’azione”: “Non c’è futuro senza sovranità alimentare, ora è il tempo di cambiare! La Sovranità Alimentare è Terra, Acqua, Semi, Pane e Solidarietà! Noi, contadini, uomini e donne, popolazioni indigene, popolazioni rurali, lavoratori agricoli, giovani nelle aree urbane e rurali, abbiamo la soluzione: Sovranità alimentare e Agroecologia Contadina. L’ Agroecologia raffredda il Pianeta!
La sovranità alimentare è la soluzione per trasformare i sistemi alimentari, porre fine alla fame e alla malnutrizione e raffreddare la Terra, preservare la biodiversità e rispettare i diritti dei contadini e dei lavoratori. I sistemi alimentari globali dominati dal grande business non solo hanno fallito, ma causano la maggior parte dei problemi e delle crisi che affrontiamo oggi.
I dati su cui si basano sono ampiamente riconosciuti. I piccoli contadini, che utilizzano solo il 30% delle terre coltivabili nutrono il 70% della popolazione mondiale, mentre l’Agrobusiness, che ne detiene il 70%, nutre solo il 30% della popolazione mondiale.
Grain, un gruppo internazionale di ricerca https://grain.org/en che dagli anni Ottanta supporta le organizzazioni di piccoli contadini, e VCI da anni documentano che dal 44 al 57% dei gas serra sono emessi dal ciclo di produzione e consumo del cibo industriale. Quindi il problema sono l’industrializzazione dell’agricoltura e il cibo industriale.
La Fao stessa lo ha confermato http://www.fao.org/news/story/it/item/1379526/icode/ , con numeri un po’ inferiori: “Stando a un nuovo studio pionieristico pubblicato nella rivista Nature Food, i sistemi alimentari di tutto il mondo sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni mondiali di gas a effetto serra di origine antropica.
Si calcola che nel 2015 le emissioni riconducibili ai sistemi alimentari, a partire dai cambiamenti nella destinazione d’uso dei terreni per arrivare alla produzione agricola e, infine, ai settori dell’imballaggio e della gestione dei rifiuti, abbiano raggiunto un volume pari a 18 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio equivalente. Questa cifra equivale al 34% delle emissioni totali, una percentuale che sta progressivamente diminuendo rispetto al 44% del 1990, sebbene le emissioni generate dai sistemi alimentari abbiano continuato ad aumentare in termini assoluti.”
Tale dato riguarda tutte le fasi del sistema alimentare su scala mondiale, dalla produzione di cibo al suo consumo: deforestazione, agricoltura, allevamento, lavorazioni industriali, trasporto, packaging, distribuzione e commercializzazione (inclusa la conservazione con impianti refrigeranti), smaltimento finale di scarti e rifiuti.
Circa il 72% delle emissioni del sistema alimentare (pari a 12,9 GtCO2 eq) è imputabile all’agricoltura e al cosiddetto LULUC (Land Use and Land-Use Change – uso del suolo e cambiamenti nell’uso del suolo), mentre il rimanente 28% (oltre 5 GtCO2 eq) è dovuto alle attività di filiera. Si stima che il flusso annuale di CO2 tra il suolo e l’atmosfera sia sette volte quello derivante dalla combustione di combustibili fossili e che la perdita di materia organica nei suoli (soil organic matter – SOM) rappresenti il 20% delle emissioni di CO2 nell’atmosfera.”
Più chiaro di così? Ma di questo si parla troppo poco. Come dicono i piccoli contadini di VCI “Globalizziamo la lotta, Globalizziamo la speranza!”