Ieri al Tempio Valdese di Torino si è tenuta una tavola rotonda sui centri di permanenza per il rimpatrio (CPR), iniziativa che è stata  molto interessante sia per chi non conosce l’argomento, sia per chi da tempo se ne occupa

Data la quantità e la qualità degli interventi l’articolo è stato diviso in 2 parti, la seconda parte uscirà domani.

La conferenza si è tenuta nella settimana della Riforma che: “Per la chiesa Valdese è una settimana molto importante in cui si ricordano i valori della Riforma: primo tra i quali la libertà, la libertà di pensiero, la libertà della vita” ha detto la Pastora Bonafede introducendo la conferenza.

Occorre rimarcare anche la presenza di Berthin Nzonza e Yagoub Kibeida, di Mosaico Refugees, un’associazione torinese di persone immigrate che hanno ottenuto la possibilità di vivere in Italia, che assistono altre persone migranti in difficoltà.

Una conferma della sensibilità della Chiesa Valdese e della Pastora Bonafede: di problemi di immigrazione ne parlano, nella quasi totalità dei casi, “bianchi” italiani, qui sono intervenute anche persone di origine straniera, che ben conoscono situazioni che hanno vissuto e che vivono sulla propria pelle.

Hanno introdotto i lavori la Pastora Valdese Maria Bonafede e Berthin Nzonza.

Sono intervenuti:
– Monica Cristina Gallo: Garante comunale delle persone private della libertà personale
– Carla Lucia Landri: Asgi (Associazioni studi giuridici sull’immigrazione)
– Federico Lera: Amnesty International Italia
– Yagoub Kibeida: Mosaico Refugees
– Giovanni Papotti: Asgi (Associazioni studi giuridici sull’immigrazione)
Ha moderato Claudio Sarzotti: Ordinario di filosofia del Diritto, Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino; Presidente di Associazione Antigone Piemonte.

Presente in sala il vice-prefetto Accardi (per anni responsabile delegato per il CPR Brunelleschi di Torino), intervenuto a fine conferenza in rappresentanza del Prefetto Palomba.

Accardi ha dichiarato: “Sono normati (i CPR, n.d.r.): c’è un regolamento di carattere generale (il regolamento CIE  2014, n.d.r.) che in assenza di legge ha valore di legge“, quindi si evince che ci sarebbe stata stata una sistematica violazione della legge nell’esercizio delle visite d’idoneità alla detenzione nel CPR di Torino. Da anni a Torino queste visite non vengono effettuate dall’ASL ma da medici contrattualizzati da Gepsa s.a., Gestore del CPR; procedura sulla cui regolarità la Prefettura ha delega di controllo da parte del Ministero dell’Interno.

Il regolamento CIE (ora CPR) 2014 all’art.3 (pag. 2) sancisce: “Lo straniero accede al centro previa visita medica da parte del medico dell’ASL o dall’azienda ospedaliera”.

Quindi, stante la dichiarazione di Accardi, la Magistratura ha il dovere di indagare, anche perché appare evidente che in assenza dei requisiti normativi il CPR non può restare aperto.

La seconda notizia è che ha confermato che c’è una “assenza di legge”, cosa denunciata peraltro da tutte le associazioni, da politici e dal Garante Nazionale.

L’ultima notizia che ci ha dato è che la sistematica negazione dell’accesso ai CPR da parte dei giornalisti è responsabilità del Viminale: ricordiamo che la libertà di stampa in Italia non è applicabile solo al segreto di Stato ed è sancita dal Diritto europeo, dalla Costituzione e dalla Corte di Cassazione, e che i giornalisti, ovviamente, sono tutti muniti di green pass.

Sarzotti ha fatto un’interessante disamina (citando il libro “La detenzione amministrativa degli stranieri” di Giuseppe Campesi): per quanto riguarda il linguaggio usato dal legislatore, ha definito la detenzione amministrativa (reclusione a fini di ripatrio, determinata da una violazione amministrativa) “un ossimoro, una contraddizione in termini dal punto di vista giuridico“,  in effetti, per fare un semplice esempio, è come se un italiano finisse in galera perché ha messo la macchina in seconda fila “i provvedimenti amministrativi non dovrebbero mai limitare la libertà personale“.

Ha continuato sottolineando come il termine “permanenza” indichi il persistere nel tempo: l’esatto contrario di provvisorietà o temporaneità che la norma stabilisce per la detenzione: “il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario”, trattenuto significa privato della libertà, recluso all’interno del CPR. “Anche altri legislatori, non solo quello italiano, hanno cercato di utilizzare un linguaggio che facesse passare l’idea  che questi centri non avessero niente di detentivo: non si parla mai di detenzione, si parla di trattenimento (i detenuti spesso vengono chiamati addirittura ‘ospiti’,n.d.r.), espressioni che cercano di esorcizzare ciò che sono i CPR: a tutti gli effetti dei centri detentivi, anche peggiori degli istituti penitenziari“.

Ha citato Hannah Arendt: “Se si vuole sapere se quella realtà si possa considerare un campo di concentramento, occorre chiedersi se il recluso in quel campo sarebbe giuridicamente avvantaggiato nel commettere un reato penale“, non è la prima volta che sento citare questa frase in conferenze sui CPR, in moltissimi sono concordi nel definire la detenzione amministrativa ben peggiore di quella in carcere.

La Garante comunale ha parlato di un, a nostra memoria, approccio inedito: è stato fatto un lavoro di analisi del bando di gara d’appalto emanato dalla Prefettura per la nuova gestione del CPR (la gestione, una delle tante anomalie, è affidata a privati).

Il bando si è chiuso, hanno risposto 9 realtà delle quali 5 sono sul tavolo della Prefettura.

La Gallo ha auspicato che con il nuovo Gestore del CPR si possa instaurare un dialogo più aperto, con la città, con le associazioni, che non sia “un cono d’ombra per la nostra città“, ha poi continuato: “Abbiamo accolto con favore l’ultima circolare del Dipartimento delle Libertà Civili che pone un’attenzione particolare alle vulnerabilità all’interno del CPR, che sono tantissime: il disagio tra i trattenuti è evidente, lo sarebbe per chiunque, restando chiuso in quella gabbia.  A volte capita che in base alla capienza dei CPR le persone provengano da altre città, queste persone spesso si ritrovano rilasciate dal CPR in una città che non conoscono, con in mano un decreto di espulsione per il quale sono costrette, in qualche modo, a lasciare il Paese in 7 giorni: se lo Stato in 90 giorni non è riuscito a rimpatriare è impossibile pensare che la persona possa farlo in maniera autonoma”.

Questo problema descritto dalla Garante genera un circolo vizioso e costoso nel quale la persona migrante entra ed esce dai CPR, con aspetti devastanti per la salute psicofisica e dannosi per le casse dello Stato, dannosi quindi per la collettività. La circolare citata dalla Gallo pone l’accento anche sulle vulnerabilità in uscita: sono state dimesse e sostanzialmente abbandonate davanti alla porta del CPR (spesso la sera), persone con vulnerabilità, con grossi problemi di gestione autonoma della propria esistenza quanto meno nell’immediato e nel breve termine.

La Garante ha inoltre ricordato l’impegno di Mosaico Refugees nel collaborare all’assistenza e all’accompagnamento di queste persone. Auspica una migliore gestione sanitaria all’interno del CPR Brunelleschi di Torino, di una maggiore presenza dell’ASL soprattutto per quanto riguarda l’assistenza e il follow-up psichiatrico, che le visite d’idoneità alla detenzione vengano effettuate dall’ASL e che venga redatto un protocollo di prevenzione dei suicidi, il quale sussiste nelle carceri, ma è assente nei CPR.

Inoltre ritiene che occorra identificare in carcere le persone lì detenute con decreto di espulsione e abbandonare l’utilizzo delle gabbie, ovvero di tutte quelle grate alte 5 metri onnipresenti nei CPR e nel CPR di Torino.

La seconda parte dell’artiicolo: https://www.pressenza.com/it/2021/10/centri-di-permanenza-per-rimpatri-cpr-tavola-rotonda-al-tempio-valdese-di-torino-parte-2/