Sono arrivate le prime piogge settembrine, inequivocabile segno che la stagione estiva sarà lasciata alle spalle e con questa, si spera, quella degli incendi. Mai come quest’anno l’Italia intera e, in particolare la Sicilia, sono stati flagellati dal fuoco. I dati recentemente forniti dall’European Forest Fire Information System (EFFIS) (https://effis.jrc.ec.europa.eu/), ente della Commissione europea che fornisce informazioni sugli incendi a partire dal 2008, sono sconvolgenti: il Italia circa 150 mila ettari di vegetazione sono andati in fumo, di questi oltre la metà (78 mila ettari) in Sicilia. In altri termini il 3% del territorio regionale, una superficie pari a quasi 10 volte quella di Pantelleria, ridotta in cenere, azzerata, compromessa per anni se non per decenni.
Gironzolare in auto, a metà agosto di quest’anno, è stata un’esperienza straziante: le strade che serpeggiavano in ogni angolo delle sicule terre, attraversando vallate e colline, piccoli centri abitati e campagne sperdute, lembi di bosco e pascoli, incrociavano soltanto terra bruciata e sbuffi di cenere spinti dallo scirocco. Dalle Madonie alle porte di Enna, dagli Iblei ai boschi dei Peloritani, dalle campagne del trapanese alle coste agrigentine dappertutto uno scenario apocalittico dove armenti arsi vivi facevano da contrappunto alle lacrime di contadini che hanno visto i loro frutteti distrutti, dove uccelli ormai fuori dal nido cercavano un appiglio senza successo mentre i pochi vertebrati sfuggiti alle fiamme vagavano come alieni in cerca di un rifugio.
Sulle cause si è già scritto molto, sull’inefficienza degli enti pubblici, sia in fase di prevenzione che di risposta, altrettanto; tuttavia assai poco si è parlato dell’impatto degli incendi sugli ecosistemi, in particolare sulla cosiddetta “fauna minore”. Se infatti l’impatto economico diretto è certamente enorme e non ancora quantificato ma di certo dell’ordine di svariate centinaia di milioni di euro, è quello sulla Biodiversità che è ben più rilevante. Biodiversità il cui contributo quantitativo di gran lunga maggiore è dato dalla fauna invertebrata. Stiamo parlando di animali che godono di un impatto emotivo assai limitato presso il grande pubblico ma costituiscono, nel loro complesso, l’architrave di tutti gli ecosistemi naturali: lombrichi, scorpioni, isopodi, ragni e soprattutto insetti sono base di tutta la complessa piramide della Vita. E in questo senso la Sicilia, dati alla mano, è una delle aree più ricche e importanti in Europa. Solo per limitarci a un esempio: sono presenti in Sicilia ben 112 delle 436 specie di coleotteri citati dalla European Red List of Saproxylic Beetle, ovvero lo 0,24% del territorio europeo ospita circa il 25% dei coleotteri legati al legno deperiente considerati minacciati o prossimi alla minaccia. E gli incendi vanno soprattutto erodere questa ricchezza azzerando o fortemente riducendo tutta la fauna invertebrata associata soprattutto al legno, al suolo, alle radici, alla lettiera ecc. Se infatti la fauna maggiore, soprattutto uccelli e altri vertebrati riesce a sfuggire al fuoco grazie alla loro maggiore vagilità (eccezioni a parte vedi per esempio testuggini o individui immaturi) con un impatto, nell’immediato, più limitato sulle popolazioni, sono gli organismi più minuti e poco mobili che col passaggio del fuoco subiscono una drastica diminuzione, che può arrivare fino al 90% degli effettivi. Ovvero, in termini numerici, un incendio distruttivo in un bosco può portare alla morte di una decina di milioni di piccoli animali per ogni ettaro. Chiaramente questo è un caso limite perché l’impatto del fuoco può variare in relazione all’ambiente, al tipo di incendio e alla caratteristiche ecologiche dei diversi gruppi di invertebrati considerati. Certo è, che anche nel migliore dei casi, è notevolissimo. E gli effetti del fuoco non sono poi soltanto quelli diretti e immediati ovvero attraverso l’eliminazione di individui che soccombono alle fiamme, ma anche indiretti e con ripercussioni a medio/lungo termine. Cambia infatti il microclima, varia la composizione chimica del suolo, le risorse alimentari sono completamente mutate.
La gravità degli incendi che ha investito la Sicilia quest’estate sta anche nella loro estensione: incendi importanti ma geograficamente localizzati possono facilitare la colonizzazione della fauna dalle aree adiacenti, fenomeno, in questo caso gravemente compresso. E le ricadute sono quindi a cascata anche sulla fauna sfuggita all’azione diretta del fuoco. Non a caso, in seguito a un ricorso presentato da diverse associazioni ambientalistiche, il TAR ha emanato il 24 agosto 2021 un decreto (n. 499/21 ric. n. 1366/2021) in cui veniva rimandata in Sicilia l’apertura della caccia al 1 ottobre, rigettando, di fatto, il Calendario Venatorio varato dalla regione il 26/07/2021, “anche in considerazione della rappresentata particolare situazione emergenziale nel territorio siciliano occasionata da diffusi incendi sviluppatisi nel periodo estivo e degli intuibili effetti sull’ambiente e sulla fauna stanziale”. Regione che, tuttavia, ha rimodellato il Calendario Venatorio consentendo alle doppiette di sparare già dal 2 settembre…
Ci vorranno anni, secoli nel caso dei boschi vetusti, prima che le condizioni ritornino a quelle di partenza. Se mai ci ritorneranno. Ed è un danno enorme che, si badi bene, non è limitato alla seppur importante perdita di quel bene immateriale che è la Biodiversità ma anche squisitamente economico. Il contributo economico dei cosiddetti “servizi ecosistemici” offerti dalla piccola fauna è infatti altissimo come emerge anche dalle ricerche pubblicate dall’ex Ministero dell’Ambiente oggi della Transizione ecologica. Un altro macigno che graverà sulle generazioni future. L’ennesimo.