BOLOGNA sulla rotta balcanica: un’intervista.
“Crediamo che l’incontro con i migranti sia sempre il miglior modo per essere su questa rotta, quella balcanica. Sembra una banalità, ma passare il tempo con persone che prima di essere migranti in grande difficoltà sono, per l’appunto, persone, sia il migliore modo per vivere questi posti a pieno”. Lungo la rotta balcanica, in Bosnia, migranti in fuga dai loro paesi, “grandi e piccoli qui non fanno nulla dalla mattina alla sera, giocano per terra, fumano, cucinano da mangiare, si riposano, provano il ‘Game’ e se non riescono a passare tornano, e lo provano di nuovo. Senza promettere niente né dare nulla (perché non abbiamo nulla da dare), vogliamo ascoltare storie da raccontare”. Ma anche portare altri aiuti. A parlare è Nico, giovane attivista di ‘Bologna sulla rotta‘, la piattaforma nata in città a inizio 2021 e che sta concludendo in queste ore il terzo viaggio in Bosnia, dove i migranti iniziano appunto il ‘Game’, il cammino nei boschi per superare le frontiere e arrivare in Europa.
Già in estate un altro volontario di ‘Bologna sulla rotta’ era stato a Lipa dove sta sorgendo il nuovo campo di accoglienza in cui la Bosnia vuole riunire tutti i migranti in transito, e venerdì scorso è partito dal capoluogo dell’Emilia-Romagna il terzo carico di aiuti. Al volante del furgone che trasportava medicinali, mascherine, indumenti, coperte, scarpe, prodotti per l’igiene personale, telefoni e altro ancora (per un totale di quasi 700 chili di materiale), c’era proprio lo studente universitario Nico. Superate le lunghe operazioni doganali, gli aiuti sono stati portati a Velika Kladusa, la cittadina a pochi chilometri dalla frontiera con la Croazia: nei boschi che la circondano o nelle case abbandonate a due passi dal confine stanno appunto i migranti che tentano il ‘Game’.
Sul confine Bosnia-Croazia, “d’estate c’è molto più movimento. Molte più persone col bel tempo provano il Game, si ammalano meno, non è freddo. Il confine ora però è molto più controllato: tutti ci dicono che è difficilissimo passare a piedi. Chi ha più soldi prova o con taxi abusivi o sui bus transfrontalieri”, racconta Nico alla ‘Dire’. “Venire qui più volte ti consente poi di toccare con mano quanto sia un mondo fluido: si spostano le persone, a volte accampamenti interi con decine di famiglie, per stare più vicini al confine, ma soprattutto per essere vicini a posti abitati dove poter trovare aiuto sia dalle attività che dalle organizzazioni, che spesso non si addentrano nei boschi più lontani dai paesi”.
Il terzo viaggio di ‘Bologna sulla rotta’ in Bosnia è servito anche a stringere i contatti con altre organizzazioni attive sul campo. “È fondamentale per la nostra piattaforma- spiega Nico- incontrare il maggior numero possibile di organizzazioni locali e internazionali. Certamente per capire quanti progetti differenti e quante macchine diverse si muovono in questi luoghi. Alcuni sono contatti che non portano a nulla e difficili da mantenere; altri invece possono essere prolungati nel tempo: persone disponibili sul territorio a ricevere le risorse che riusciremo a raccogliere e portare. Non solo aiuti concreti e soldi, ma anche volontarie e volontari, con o senza competenze, a disposizione di chi qua tutti i giorni fa qualcosa a vari livelli”. Del resto, “come abbiamo sempre detto non vogliamo inventare nulla: partire, conoscere, tornare, raccontare, e poi scegliere insieme al fianco di chi poter mettere la nostra piccola goccia in questo grande mare”, conclude il volontario bolognese. (mattia.cecchini@agenziadire.com)