Sulla fusione nucleare l’opinione pubblica sa molto poco, e non ne ha nessuna colpa, ma da qualche mese ha fatto capolino agli onori della cronaca dopo le dichiarazione del super Ministro per la transizione tecno-verde (sarebbe più appropriato chiamarla “grigia”) Cingolani. La novità non è certamente che l’abbia presentata come quasi in arrivo, poiché fior di scienziati e tecnici ci raccontano da 70 anni che è questione di pochi decenni, ma i decenni sono trascorsi e non si è mai concretizzata, e realisticamente si dovrà eventualmente aspettare quasi altrettanto tempo. Penso che quasi tutti sappiano che la fusione nucleare, è stata realizzata nel 1949 con la realizzazione delle bombe termonucleari, nelle quali una esplosione a fissione nucleare (primario) genera temperature di milioni di gradi necessarie per innescare la reazione di fusione di nuclei leggeri (secondario). Ma è ovvio per tutte e tutti che non è una reazione esplosiva quella che si sta cercando per una transizione verde, ma una reazione di fusione controllata.
La storia sarebbe molto lunga e non è il caso di entrare qui in troppi dettagli tecnici, ma una breve storia può essere molto istruttiva per non farci prendere per i fondelli. In parole povere, sono state proposte varie strade per riscaldare un plasma a milioni di gradi in uno spazio confinato, ma due strade si stanno praticando da molti decenni.
Le due strade per la fusione nucleare controllata
1) La prima si chiama “confinamento magnetico” e sfrutta il fatto che un plasma è un fluido composto di atomi spogli degli elettroni che normalmente li circondano e di elettroni liberi: le cariche elettriche in momento vengono deflesse in un campo magnetico, e il tentativo è di riscaldare il plasma all’interno di un campo magnetico estremamente intenso da piegare le traiettorie delle particelle cariche di crescente energia in orbite circolari confinate in un volume limitato. I progetti di questo tipo sono stati innumerevoli (forse è noto il nome tokamak, acronimo russo per “camera toroidale magnetica”), anche in Italia, ma l’innesco di una reazione di fusione che si autosostenga e produca più energia di quella che viene immessa per riscaldare il plasma e generare il campo magnetico è finora sempre sfuggita. Attualmente, oltre a vari progetti nazionali, è in costruzione dal 2007 a Cadarache, nel sud della Francia, un mega-progetto internazionale1, ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor, come spesso avviene l’acronimo ha un significato, di ‘inizio di un cammino’), con costi che come sempre avviene sono in progressiva lievitazione (già rivisti al rialzo nel 2009 a 15 miliardi di euro, ora presumibilmente 20, ma… del doman non v’è certezza!), così come i tempi già spostati in avanti rispetto al 2025. Ma non è l’argomento di questo articolo2.
2) La seconda strada proposta si chiama “confinamento inerziale”: l’idea consiste, in parole povere, nel concentrare energie enormi su una piccolissima sferetta (pellet), delle dimensioni di un grano di pepe, composta di deuterio e trizio per eccitarne la temperatura a milioni di gradi ed innescare la reazione di fusione nucleare della miscela. Credo che non occorrano molti commenti per capire che la reazione sarebbe una micro-esplosione nucleare innescata senza l’utilizzo dell’esplosione nucleare a fissione del primario3; né occorrano molti commenti per capire che su tali progetti vi siano precisi interessi dei militari.
Ma per inquadrare la notizia che qui intendo commentare sono necessarie un paio di premesse.
Prima gli scopi civili o quelli militari?
La prima premessa è una informazione che penso nessuno dei lettori conosca, o eventualmente ricordi. Quasi 50 anni fa, nel lontano 1975, uno specialista del settore fece sull’autorevole rivista Science una previsione profetica, e altamente significativa, della quale è molto istruttivo rileggere oggi alcuni passi4:
“Per quasi 20 anni gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica hanno professato interesse per sottoscrivere un trattato per la messa al bando totale dei test nucleari. Ma se le due superpotenze arriveranno eventualmente ad un accordo su una messa al bando totale globale5, una tecnologia importante e in rapida evoluzione può, in modi rilevanti, aiutare entrambe le parti ad aggirarlo.
La nuova tecnologia è la fusione mediante laser […] non viene capito in generale che l’obiettivo pratico immediato […] è di trovare una tecnica di laboratorio per simulare esplosioni di testate nucleari. Vi è anzi un corpo di opinioni […] che sostiene che la simulazione delle armi può essere l’unica applicazione pratica della fusione laser in questo secolo6. [corsivo mio]
[…] gli esperti di armamenti si aspettano che la fusione laser diventi uno strumento sperimentale straordinariamente utile per studiare la ‘fisica delle testate’ fondamentale e, unitamente a codici di simulazione elettronica sempre più raffinati, per sviluppare nuovi progetti di armi.
[…] Il maggior generale Edward B. Giller, capo della sicurezza nazionale nell’Amministrazione per la Ricerca e lo Sviluppo dell’Energia, ha detto in una recente conversazione: ‘La gente va dicendo che questo è un programma energetico, ma […] in realtà questo è ed è sempre stato un programma militare’.”
In effetti in molti paesi da tempo i militari hanno coltivato progetti di fusione nucleare per confinamento inerziale mediante laser, ma i laser presentavano dei limiti fisici di potenza, che solo alla fine degli anni ’80 sono stati superati con l’invenzione dei super-laser7. Da allora il progetto più avanzato di un impianto di fusione nucleare per confinamento inerziale partì, naturalmente, negli Stati Uniti nel 1997, la National Ignition Facility (NIF), presso il Lawrence Livermore National Laboratory in California, uno dei tre grandi laboratori militari nazionali, esplicitamente dedicato alle armi nucleari8. La NIF ha iniziato gli esperimenti nel 2009 dopo vari ritardi che non hanno risparmiato polemiche, come riportava l’autorevole New York Times 9 anni fa9:
“… gli scettici al di fuori del governo hanno a lungo attaccato il progetto National Ignition Facility, o NIF, come un colossale spreco di denaro. Il solo funzionamento, ammettono i funzionari, costa circa 290 milioni di dollari all’anno. Alcuni dubbiosi lo hanno ridicolizzato come National Almost Ignition Facility, o NAIF.” [‘naif’ significa ingenuo].
Il record della NIF, e cosa significa . . . per le armi nucleari!
Queste lunghe premesse mi sono sembrate necessarie per chi non sia addentro a questi problemi, ma anche per apprezzare appieno la notizia che intendevo riportare, che si riduce a poche parole (a parte i dettagli tecnici che si trovano nella referenza che indico).
Recentemente sulla rivista Nature è stata data notizia di un primato conseguito alla NIF nel campo della fusione nucleare10:
“Gli scienziati dell’impianto laser fiore all’occhiello del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti hanno infranto il loro stesso record all’inizio di questo mese, generando più di 10 quadrilioni di watt di potenza di fusione per una frazione di secondo – circa 700 volte la capacità di alimentare l’intera rete elettrica degli Stati Uniti in un dato istante. La notizia ha ravvivato le speranze che la NIF, a lungo in difficoltà, possa ancora raggiungere il suo obiettivo di produrre più energia di quella che consuma in una reazione di fusione autosostenuta.”
Ma occhio alla precisazione, spesso l’importante sta nei dettagli:
“… l’impianto da 3,5 miliardi di dollari tuttavia non è stato progettato per servire come un prototipo di centrale elettrica ma piuttosto per sondare le reazioni di fusione nel cuore delle armi termonucleari.
Con il risultato di questo mese gli scienziati sono cautamente ottimisti che la NIF potrebbe mantenere la sua promessa, aiutando i fisici a capire meglio l’inizio della fusione nucleare, e quindi la detonazione delle armi nucleari. ‘Questa è davvero la domanda scientifica per noi al momento’, dice Mark Herrmann, vice direttore del Livermore per la fisica fondamentale delle armi.” [le evidenziazioni sono mie]
Chiaro? Una perplessità: e se le armi nucleari venissero davvero eliminate dalla faccia della Terra, con tutte le infrastrutture ad esse collegate?
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1. Cina, Euratom (rappresentata dalla Commissione europea), India, Giappone, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti.
2. Si veda, anche per ulteriori dettagli, il mio articolo del 20 aprile 2021: https://www.pressenza.com/it/2021/04/cingolani-apprendista-stregone-per-una-crescita-illimitata-antiecologica/
3. L’innesco della reazione a catena richiede una massa critica nel materiale esplosivo (uranio altamente arricchito o plutonio) che condiziona drasticamente li peso, le dimensioni, e anche la potenza minima della testata.
4. Robert Gillette, “Laser fusion: an energy option, but weapons simulation is first”, Science, vol. 188 (4 aprile 1975), pp. 30-34.
5. Il trattato Compreħensive Test Ban Treaty è stato firmato nel 2006, ma gli Stati Uniti non lo hanno mai ratificato.
6. L’autore aveva, appunto, pienamente ragione nel prevedere che nel successivo quarto di secolo la fusione nucleare controllata non avrebbe avuto applicazioni pratiche civili: e ancora oggi ne siamo lontani.
7. La nuova tecnica, chiamata chirped pulse amplification(termine difficilmente traducibile in italiano), consentì un progresso spettacolare
8. La Francia non è stata da meno, costruendo l’impianto Laser Mégajoule operativo dal 2014 con il fine esplicito di ottimizzare con i suoi esperimenti i calcoli per le testate nucleari francesi, anche se si è lasciato spazio per esperimenti propriamente scientifici (https://en.wikipedia.org/wiki/Laser_M%C3%A9gajoule).
10. J. Tollefson, “US achieves laser-fusion record: what it means for nuclear-weapons research”, Nature, 27 agosto 2021, https://www.nature.com/articles/d41586-021-02338-4?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=c1422e61a3-briefing-dy-20210830&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-c1422e61a3-45893170.