Questa mattina alle 11 alla scuola Holden si è tenuto uno stimolante dibattito sulla narrazione che i media fanno delle migrazioni e dei migranti
Hanno partecipato:
Andrea Pogliano – docente di sociologia della comunicazione (Uniupo), ricercatore (FIERI);
Michele Cinque – documentarista, regista di Iuventa
Fabio Bucciarelli – fotografo e giornalista, autore di The Dream
Pregevolissimi i lavori di Fabio Bucciarelli e Michele Cinque che sono stati proiettati.
Nella sua introduzione Pogliano ha spiegato come dalle sue ricerche emergano sostanzialmente 2 aspetti di una narrazione comune nell’informazione mainstream, la prima riguarda l’immagine dell’immigrato integrato.
La narrazione che viene fatta della persona migrante integrata e quella di chi “ce l’ha fatta” ovvero di chi, persona di origine extracomunitaria, è riuscita ad ottenere un elevato livello di reddito, in parole semplici “chi ha fatto i soldi”, ma, ha sottolineato Pogliano, l’integrazione non è qualcosa che riguardi l’ambito economico-produttivo, riguarda l’ambito sociale.
L’altro aspetto elencato dal sociologo riguarda il fatto che ad una narrazione negativa di migrante venga contrapposta una narrazione del migrante “disperato”, quello che “non ha nulla” e di come questa sia una narrazione che attiene specialmente alle ONG “sul barcone c’erano bambini e donne incinte”, ma, ha continuato Pogliani, questo non attiene ai diritti, che sono indipendenti dalla condizione generale e di salute della persona migrante.
Quindi diventa dominante il pensiero che si debbano aiutare solo malati e disperati, ma il sistema dei diritti e delle garanzie non funziona secondo questi parametri.
Secondo Pogliano c’è una diffusa convinzione da parte degli italiani di conoscere gli aspetti inerenti all’immigrazione, ma questa convinzione può essere errata perché benché di immigrazione si parli molto, spesso gli organi d’informazione non ne descrivono i dati di realtà.
Emblematica la percezione del volume di persone immigrate, che si è statisticamente rivelato estremamente sovrastimato rispetto al dato reale.
Come cambiare quindi questa narrazione?
Sia Cinque che Bucciarelli hanno sottolineato il valore del tempo impiegato nella realizzazione di un progetto, di quanto un’informazione “empatica” richieda tempi adeguati di realizzazione.
Questo tempo però non riguarda solo la realizzazione ma anche la lettura, Bucciarelli ha affermato quanto sia importante la scelta delle fonti dalle quali informarsi e pur rimanendo in generale critico nei confronti di un certo giornalismo, ha sottolineato come anche in Italia esistano casi di giornalisti che lavorano con grande rigore e approfondimento.
Dalle clip proiettate dal film di Michele Cinque si può facilmente evincere quanto una corretta informazione sulle migrazioni e sui migranti si possa realizzare non sovradeterminando né il fenomeno, né le persone, ovvero descrivendo e non raccontando.
E’ stata proiettata un’intervista realizzata da Pogliano a Rashid, un italiano (allora non lo era ancora) di origini marocchine, che vive a Torino, che vendeva fazzoletti e accendini per pagarsi gli studi ad ingegneria e che si è laureato.
Su di lui si è costruita una narrazione a livello razionale al punto da essere intervistato perfino ad una trasmissione televisiva pop della fascia mattutina, nell’intervista si capisce chiaramente quanto Rashid non si riconoscesse nel racconto che l’informazione faceva di lui.
A tutti gli effetti era “il marocchino che si è laureato”, quello a cui avevano prestato la giacca per discutere la tesi, quello che non si era ribellato quando era stato vittima di un fatto di razzismo: l’immigrato sgobbone, docile, povero, che si è riscattato.
Inoltre Pogliano ha anche ricordato che la costruzione della notizia su Rashid é stata realizzata immediatamente dopo il naufragio di Lampedusa in cui morirono 368 persone, che scosse molto l’opinione pubblica, sottolineando che c’era la dichiarata esigenza da parte dei media di controbilanciare la tragedia con una “storia di speranza”.
Questa esigenza di “portare speranza”, non è solo un tic della stampa mainstream, ma anche di certa stampa di “controinformazione”.
Quando si parla di narrazione mainstream e di “contronarrazione” si arriva sempre al chiedersi come arrivare a determinate persone: alla “signora Pina” o alla, di novecentesca memoria, “Casalinga di Voghera”.
Secondo Bucciarelli non c’è modo di poter dare una corretta informazione a chi non ne vuole usufruire, Michele Cinque ha sottolineato come un cambiamento nei palinsesti e delle linee editoriali potrebbe giovare ad un’informazione più corretta.
Pogliano ha posto una domanda interessante: “Ma quando vogliamo arrivare a comunicare con la signora Pina: vogliamo darle un’informazione il più possibile neutra oppure vogliamo che si ‘allinei’ ad un altro modo di pensare?”