“Sis dies corrents” è la storia di un idraulico marocchino, Mohamed Mellali, che in Catalogna deve superare la settimana di prova per essere assunto in un piccola azienda familiare condotta da una donna; il marito, Valero Escolar, capo di Mohamed, non ne vuole sapere del nuovo arrivato e nutre nei suoi confronti una gran quantità di pregiudizi e una completa sfiducia; sono però obbligati a lavorare gomito a gomito per tutta la settimana, insieme a Pep Sarrà, il terzo idraulico, in attesa di andare in pensione, che cerca di svolgere il ruolo di paciere tra i due, in nome di un’analisi oggettiva del lavoro da svolgere. L’incessante confronto/scontro tra i due protagonisti ha come sfondo le case e la vita quotidiana di coloro che li hanno chiamati per effettuare le riparazioni; un susseguirsi di quadretti segnati da personaggi eccentrici che mettono a dura prova la già precaria relazione tra i tre lavoratori, sui quali si riversano attenzioni, richieste e rigidità che vanno ben oltre il compito tecnico della riparazione richiesta, ma che ben illustrano il rapporto tra vite quotidiane spesso insoddisfacenti e lo “straniero” che entra nella propria casa.
Neus Ballùs, la regista, così ha presentato il film: “Mio padre è un idraulico. Sul suo lavoro ne ho sentite raccontare di tutti i colori. I pregiudizi e la complessità che questi aneddoti del quotidiano rivelavano mi hanno profondamente colpito”. Un film riuscito, che con leggerezza abbatte pregiudizi e stereotipi razzisti mostrando l’inevitabilità della convivenza. I due protagonisti: Mohamed e Valero hanno meritatamente ottenuto il Pardo per la miglior interpretazione maschile.
“Non andrai a vedere “Nebesa”? Hai letto la presentazione? Sarà il solito film anticomunista dato in pasto all’opinione pubblica per magnificare il neoliberismo occidentale.” La mia curiosità e il desiderio di non fermarmi mai alle apparenze mi hanno spinto a vedere comunque il film, nonostante le parole del compagno/attivista conosciuto da lunga data e incontrato al festival. La mia scelta si è mostrata corretta.
“Nebesa” si svolge in una società in transizione dal comunismo al sistema capitalista, rappresentato come il passaggio da un’epoca pagana ad un’era cristiana. Crollano certezze durate decenni, scompaiono riferimenti istituzionali certi e ben identificati, si estingue quell’intreccio tra etica individuale e morale di stato che aveva vincolato comportamenti individuali e collettivi ma anche limitato i conflitti esistenziali; sparisce la sicurezza di un lavoro e quindi di uno stipendio e di un alloggio, mentre si spalanca un futuro che appare senza confini, senza traiettorie da seguire. Un campo ancora da arare dove tutto appare possibile ma incerto, dove leggi e istituzioni devono ancora essere edificate e rese riconoscibili ed eventualmente degne di rispetto, mentre è già evidente che il mondo che verrà sarà comunque una grande opportunità per imbroglioni e approfittatori senza scrupoli.
In questa terra, ancora di nessuno, in questo spazio di passaggio verso un destino ignoto, la religione può manifestarsi in modo pubblico e libero con la sua dimensione di fede, ma anche come un miracolo che, attirando attenzioni e speranze, può diventare un catalizzatore per chi è in cerca di risposte e di riferimenti. Un miracolo che talvolta svela e talvolta nasconde e giustifica le miserie quotidiane, rendendone evidenti le correlazioni con i nuovi valori dei quali sarà impregnato il modello di società verso la quale il paese sta navigando. Due ore di divertimento e di interessanti spunti di riflessione non limitati soltanto al passato, né a nazioni con una storia differente dalla nostra.
“Leynilogga” (Cop Secret/ Il segreto del poliziotto) è una commedia/thriller dell’islandese Hannes por Halldòrsson, sconosciuto come regista, ma famoso in patria per essere stato il portiere della nazionale di calcio. Divenne un eroe nazionale quando il 16 giugno 2018, durante i mondiali, ai quali per la prima volta l’Islanda si era qualificata, parò un rigore permettendo alla sua squadra di pareggiare 1 a 1 con l’Argentina. Nel film ci sono tutti gli ingredienti di un poliziesco: sparatorie, inseguimenti ecc., ma man mano che la storia procede si capisce che la vicenda principale, attorno alla quale gira la pellicola, è l’attrazione reciproca tra i due supereroi maschili, la difficoltà di far emergere, sotto un abito machista, sentimenti che potrebbero mettere a rischio la carriera e l’immagine. La storia si sviluppa su due piani paralleli che si attraversano, ma non arrivano mai ad unificarsi; pian piano il thriller, il film d’azione, lascia spazio alla sua parodia che passo dopo passo ne abbatte i simboli, mentre aumentano d’intensità figure più in sintonia con altri generi cinematografici, dalla dirigente donna della locale polizia, al fratello disabile di uno dei due protagonisti. Il film sembra trasformarsi in una commedia gay, ma senza mai identificarsi con questo stile. Sullo sfondo trova posto anche la passione calcistica del regista, ma anche in questo caso presentata in modo forse irriverente verso almeno una parte dei suoi tifosi: mentre si sviluppa l’indagine poliziesca si svolge la partita di calcio tra la nazionale islandese e quella inglese. Tutto il paese è allo stadio o attaccato alla televisione, ma a giocare sono le nazionali femminili. Una scelta rischiosa quella di un film a cavallo tra differenti stili cinematografici, una scommessa che il regista è decisamente riuscito a vincere.