I sistemi educativi hanno subìto un gran cambiamento negli ultimi 40 anni. Insieme all’aumento dell’offerta, l’educazione è andata via via disumanizzandosi, fortemente influenzata dai modi di pensare capitalisti che hanno associato la qualità unicamente all’apprendimento cognitivo. L’enfasi sulle materie e l’abbandono di una formazione integrale inibiscono lo sviluppo di una identità.
Le scuole di oggi sembrano più una catena di montaggio che una comunità di persone alla ricerca della crescita e dello sviluppo umano. Come ogni catena di montaggio, si cerca di ottenere un “prodotto” quanto più omogeneo possibile, che possa essere valutato nei successivi controlli di qualità che si applicano nel corso degli anni. Come, ad esempio, il SIMCE (Sistema de Medición de la Calidad de la Educación) o PDT (Pruebas de Admisión Transitorias).
Un prodotto omogeneo permette di realizzare dei paragoni, cosa che, nel caso delle persone, risulta sempre odiosa e discriminatoria. L’idea di un “prodotto di buona qualità” nell’educazione, misurato attraverso prove standard, è risultato essere un meccanismo perverso per le comunità educative. Docenti e professionisti dell’educazione hanno messo in secondo piano l’istruzione e lo sviluppo socio-emotivo dei loro studenti. Mamme, papà e tutori focalizzano la loro attenzione su ciò che credono offrirà una stabilità economica. E bambine, bambini e giovani vedono la scuola come un obbligo noioso e limitante per la loro creatività.
Invece di un “prodotto standard”, noi di Fundación Semilla promuoviamo la formazione di persone autentiche attraverso l’utilizzo di metodologie di supporto pedagogico che aprono spazi per consentire a bambine, bambini e giovani di avanzare verso lo sviluppo delle caratteristiche proprie ed individuali, permettendo così di distinguersi dalle altre nell’insieme. Vale a dire, nello sviluppo delle proprie identità.
Le scuole che si prendono carico del proprio ruolo educativo in modo completo, si trasformano in agenti di tutela dato che lo sviluppo dell’identità permette di valorizzare sé stessi e di ritenersi autentici nel gruppo. Senza identità non esiste senso di appartenenza. Senza identità si è invisibili agli altri.
Ogni volta che affronto il tema dell’identità e del senso di appartenenza, mi vengono in mente testimonianze strazianti, come quella di un ragazzo: “la prima volta che qualcuno mi ha detto di essere stato bravo in qualcosa, è stato per lo sparo di una pistola e per aver centrato il bersaglio” o quella di una ragazza: “avere rapporti sessuali mi fa sentire importante”.
Non si tratta di sminuire gli studi matematici, la lettura, la scrittura o altri insegnamenti, ma di voler ridurre i programmi per avere più tempo a disposizione per umanizzare l’educazione. Contare sulla possibilità di avere spazi per sognare e creare, per dialogare e riflettere, per giocare e cantare, per conoscere altre persone e sé stessi.
Mettere bambine, bambini e giovani al centro dell’attenzione e come soggetti prioritari, vale molto di più che ottenere punteggi alti ai test d’ingresso (ex PSU – Prueba de Selección Universitaria – ed ex PAA – Prueba de Aptitud Académica), ma fin quando le autorità politiche non cambiano il loro paradigma educativo, l’istruzione continuerà ad inibire lo sviluppo dell’identità e del senso di appartenenza con le conseguenze nefaste che esso implica per la società nel suo insieme.
Traduzione dallo spagnolo di Caterina Mauriello. Revisione di Thomas Schmid.