Domenica 26 settembre, in Germania si è votato per rinnovare il parlamento federale. Oltre a questo, i cittadini di Berlino si sono espressi su un tema molto scottante e “scomodo”: il referendum per l’esproprio e la ripubblicizzazione di 240.000 abitazioni privatizzate al tempo della riunificazione della Germania e finite in mano ai grandi fondi immobiliari.
Dopo che nei mesi scorsi una serie di associazioni sindacali, partiti di sinistra e rappresentanti dei cittadini è riuscita a raccogliere le 350mila firme richieste per indire questo referendum, Berlino è diventata pioniera in Europa sul fronte del diritto alla casa. Attraverso un referendum che era stato promosso da Die Linke (partito della sinistra radicale), domenica i cittadini berlinesi, raggiungendo il quorum con il 56,9% dei voti, hanno confermato la vittoria del SÌ al referendum.
I promotori del referendum hanno fatto riferimento all’Articolo 15 della Legge Fondamentale tedesca, in virtù della quale è concessa la nazionalizzazione di asset “per ragioni di pubblica utilità” e la possibilità di colpire le compagnie del real estate che possiedono più di 3.000 immobili, guardando in particolare a un colosso come Deutsche Wohen, titolare di 113mila lotti, e a gruppi come Adler, detentore di 20mila.
Come ricorda il Financial Times, Berlino ha subito un aumento del 43% nel costo medio degli affitti negli ultimi cinque anni, ovvero una forte asimmetria tra la domanda crescente di alloggi di alta qualità e i freni alla disponibilità di appartamenti, e ha visto una crisi di accessibilità per giovani, studenti, famiglie a basso reddito ai quartieri con la migliore disponibilità di servizi.
Secondo i dati l’80% delle persone di Berlino vive in affitto e il tasso di povertà si avvicina al 20%, complice la presenza di sacche ereditate dalle disuguaglianze legate alla riunificazione tra Est e Ovest, ben sopra la media nazionale. Il quartiere di Spandau è destinato a subire un rincaro dell’8% già dal mese di novembre, e nel complesso il costo dei lotti è salito dell’83% dal 2007 in avanti. Non solo, oltre un milione di persone a Berlino vive in attesa di case popolari e alloggi pubblici; molti sono colpiti dall’aumento dei costi legati alla gentrificazione dei quartieri e proprio nel periodo delle crisi pandemica è in aumento il numero dei senzatetto. Il tutto condito da precarizzazione del lavoro, dall’aumento dei tassi di povertà e dalla riduzione del Welfare State.
Insomma, la questione abitativa è centrale per la capitale tedesca e sono questi i motivi che hanno portato la popolazione a votare per il referendum.
Un referendum che ha subìto fin dall’inizio una forte gogna mediatica, fino ad essere additato come “referendum sovietico”, o addirittura come “proposta di rubare alla proprietà privata, cosa che non era mai successa neanche ai tempi della DDR”. Si tratta, in realtà, di un esempio di democrazia e di equità in funzione di una riappropriazione degli spazi sociali.
La ripubblicizzazione di abitazioni privatizzate è un tema molto attuale, che merita di essere trattato anche in Italia: tagliare le unghie agli immobiliaristi per garantire il diritto alla casa, in quella grande questione che attraversa i temi della riorganizzazione delle città, il fenomeno della gentrificazione e il neoliberismo.
Argomenti che in tempi in cui le disuguaglianze sociali stanno emergendo in seguito ad una fortissima crisi pandemica, dovrebbero essere all’ordine del giorno.