«La pandemia è ancora in pieno corso, la crisi sociale ed economica è molto pesante, specialmente per i più poveri. Malgrado questo, ed è scandaloso, non cessano i conflitti armati e si rafforzano gli arsenali militari». È questa l’amara constatazione di papa Francesco davanti alla crescente e paurosa militarizzazione mondiale. E bacchetta un’Europa che «parla di pace, ma vive di guerra».
Lo scorso anno infatti a livello mondiale i governi hanno investito in armi ben 1.981 miliardi di dollari, 74 miliardi in più del 2019. L’Italia, sempre secondo i dati del SIPRI, lo scorso anno ha investito 27 miliardi di euro in armi.
E le previsioni sono che, quest’anno, l’Italia spenderà ben 30 miliardi di euro in armi, pari a 82 milioni di euro al giorno. Tutti questi enormi investimenti in armi avvengono a spese della Sanità pubblica e dell’Istruzione. Basta pensare che negli ultimi dieci anni i vari governi italiani hanno tolto alla Sanità pubblica ben 37 miliardi, mentre questi stessi governi hanno speso in media oltre 20 miliardi di euro all’anno in armi.
È UNA FOLLIA TOTALE la nostra. Pagata a caro prezzo, durante la pandemia, da migliaia e migliaia di cittadini morti per la Covid-19, specie in Lombardia, una regione che in gran parte ha privatizzato la Sanità. Tra il 1995 e 1998, ben 222 ospedali pubblici sono stati chiusi.
L’Italia è il nono esportatore mondiale di armi. E vendiamo queste armi a tutti. Il caso più clamoroso è il quantitativo di armi di ben 9 miliardi di euro che vogliamo vendere all’Egitto, un paese governato dalla più spietata dittatura d’Africa, di cui è stata vittima il nostro concittadino, Giulio Regeni.
Nulla da fare, ‘business is business‘(gli affari sono affari). Vendiamo armi e bombe all’Arabia Saudita che le usa per fare la guerra allo Yemen. Vendiamo armi a Israele che le usa per reprimere il popolo palestinese. La litania potrebbe continuare. Tutto questo avviene mentre il popolo della Pace è frantumato in mille rivoli. Se ogni comitato, se ogni associazione, se le varie realtà antimilitariste camminano per proprio conto, non otterremo molti risultati.
È FONDAMENTALE unirsi e connettersi con le altre realtà per formare un grande movimento per la pace. A Napoli cinque diverse realtà impegnate per la pace hanno deciso di formare un’unica ‘realtà’: gli Antimilitaristi Campani. Durante la pandemia abbiamo scritto insieme un libretto dal titolo Fermiamo la guerra. Il 30 giugno gli Antimilitaristi Campani sono riusciti a interconnettersi con le diverse realtà che sono impegnate sul territorio contro questa spaventosa militarizzazione: No Muos della Sicilia, le mamme della Sardegna e i portuali di Genova, di Livorno e di Ferrara.
Questi gruppi ‘fanno’ la pace. Trovo particolarmente efficace l’azione dei portuali che si stanno rifiutando di caricare armi sulle navi. Hanno iniziato i portuali di Genova quando nel giugno dell’anno scorso hanno impedito alla nave saudita Bahri Abha (gemella della Jazan,..) di caricare materiale bellico destinato ad alimentare la guerra nello Yemen, «la più sporca e criminale» di quelle in corso.
IL GOVERNATORE della Liguria Toti ha subiro reagito: «È assurdo impedire che non si imbarchino questi prodotti». Papa Francesco ha detto invece che «i lavoratori del porto sono stati bravi». E ha aggiunto che «i paesi Europei parlano di pace, ma vivono di armi».
Il 12 dicembre dello scorso anno, quando di nuovo la nave Bahri Abha attraccò a Genova, il porto era pieno di carabinieri e Digos per garantire le operazioni di carico bellico. Cinque dei portuali disobbedienti sono ora indagati e rischiano il processo. «Non un passo indietro», ha risposto il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova. Questa lotta si sta ora estendendo ai porti di Livorno, Ferrara e Napoli. A Ferrara i portuali, con l’appoggio dei tre sindacati, si sono rifiutati di caricare materiale bellico sulla nave Asiatic Liberty diretta in Israele.
E si sta ora creando una rete di porti in Europa che si rifiutano di caricare materiale bellico con lo slogan «Block the Boat». (Blocca la nave). A Napoli gli antimilitaristi Campani sono scesi nel porto di Napoli per solidarizzare con i portuali , appoggiando la loro iniziativa di non caricare materiale bellico sulle navi della morte. Basta parlare di pace, bisogna fare la pace!
E come Antimilitaristi Campani appoggiamo anche l’altro strumento fondamentale di resistenza alla militarizzazione: ritirare i propri soldi dalla banche che investono in armi. È la cosiddetta «Campagna Banche Armate», lanciata dalle riviste Mosaico di Pace, Nigrizia, Missione Oggi e anche da Pax Christi. Anche questa è una pratica molto efficace se diventa una campagna popolare, soprattutto se sostenuta dalle comunità cristiane.
DOPO LE FORTI PRESE di posizione di papa Francesco sulle armi, sul nucleare, ogni parrocchia, ogni diocesi dovrebbe togliere i propri soldi da quelle banche che investono in armamenti. È un dovere di coscienza per un cittadino , ma soprattutto per un cristiano. Se davvero il disinvestimento dalle banche armate diventasse una prassi popolare, metteremo in crisi un Sistema basato sulle armi, sulla Bomba (atomica).
Smettiamola di parlare di pace, ma facciamo pace attraverso pratiche efficaci, mettendoci in rete. Dobbiamo cambiare questo Sistema economico-finanziario-
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