L’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, per la prima volta ha pubblicato sul suo sito l’elenco delle case farmaceutiche che non hanno rimborsato il payback, ovvero “versamenti effettuati per il ripiano della spesa farmaceutica per acquisti diretti per l’anno 2019”. Il documento è datato 15 settembre e rivela come diverse grandi aziende debbano ancora rendere allo Stato denari che andavano consegnati entro il 30 giugno scorso, il termine fissato per legge.
Nell’ambito del procedimento di ripiano dello sfondamento del tetto degli acquisti diretti per l’anno 2019, l’Aifa ha effettuato una ricognizione dei versamenti delle aziende farmaceutiche alla data del 30 giugno 2021, termine ultimo del pagamento ai sensi dell’art. 1, comma 477, della legge 30 dicembre 2020 n. 178, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023”, sulla base delle attestazioni di pagamento pervenute.
Su un totale di 156 aziende farmaceutiche (codici SIS) destinatarie dell’onere di ripiano, è emerso che, a fronte di un importo complessivo di ripiano per l’anno 2019 pari a euro 1.361.431.242,46[1], risulta versato l’importo di euro 757.226.116,07, corrispondente al 56% del totale richiesto. Così alle casse pubbliche mancano ancora 604 milioni di euro, ovvero il 44% del totale.
Nel documento pubblicato da Aifa viene reso disponibile il dettaglio dei versamenti effettuati da parte di ognuna azienda farmaceutica (codice SIS) ordinate per importo dovuto.
Secondo i dati, Novartis non ha ancora versato nulla, Pfizer ha dato due terzi di quanto dovuto, mentre Janssen è ancora in debito con lo Stato. Ma i numeri fanno anche capire quanto fatturino le singole case farmaceutiche nel nostro paese solo per una parte dei farmaci che vendono, quelli a carico del sistema sanitario acquistati dagli ospedali.
Nel 2019, per i farmaci ospedalieri, l’Italia aveva stanziato 7,84 miliardi, ma la spesa è stata più alta. L’accordo con l’industria farmaceutica prevede che, a seguito di pagamenti nei tempi prefissati, per il 2022 i tetti sarebbero stati rivisti, aumentando quello per la spesa diretta e riducendo quello per la convenzionata. Si tratta di uno dei tanti vantaggi che i nostri governi hanno sempre concesso alle case farmaceutiche, poiché per la spesa convenzionata non c’è sfondamento. Il problema è che i colossi farmaceutici non hanno rispettato i termini di versamenti.
Il documento di Aifa mostra non solo le case farmaceutiche “ritardatarie”, ma permette di farsi una vaga idea sul giro d’affari di Big Pharma per le sole vendite di farmaci agli ospedali, a cui vanno sommati i guadagni per i medicinali venduti in farmacia, con ricetta a carico dello Stato e del paziente.
Le aziende contribuiscono al ripiano in base alla loro quota di mercato. Per esempio, Novartis dovrebbe versare 139 milioni (che non ha ancora versato), ovvero il 10,2% dello sforamento. Ciò significa che nel 2019, in Italia, la Novartis ha incassato oltre 790 milioni dei 7,8 miliardi che lo Stato ha speso in farmaci. Nonostante abbia incassato in realtà circa 929 milioni, secondo questo contratto, 139 milioni dovrebbe renderli allo Stato.
Sempre secondo il documento di Aifa, la Roche ha versato 110 milioni[2], Janssen deve restituire 74 milioni più i soldi che ancora deve, Pfizer ha già versato il 66% dei 70 milioni calcolati, Bristolmyers Squibb deve 57 milioni, mentre otto multinazionali, tra cui Bayer ed Astrazeneca hanno pagato tutto.
Nel frattempo l’Aifa “si riserva di fornire ulteriori aggiornamenti a seguito della ricezione di ulteriori attestazioni di pagamento” – come è riportato sul sito.
[1] determinazione AIFA n. 1313 del 10 dicembre 2020, pubblicata nella G.U. 307 del 11 dicembre 2020
[2] nel 2019 ha guadagnato circa 624 milioni dagli ospedali, al netto di quello che ha reso