Venerdì sera in piazza Castello si è tenuto il presidio in ricordo delle tragedie nucleari di Hiroshima e Nagasaki, a 76 anni dalla tragedia umanitaria che ha iniziato l’era atomica.
L’appuntamento torinese è stato organizzato anche quest’anno dalla Casa Umanista e dal comitato AGITE con l’obiettivo di ricordare le vittime delle bombe atomiche, ribadire il NO alle armi nucleari, chiedere all’Italia di ratificare il trattato per la messa al bando delle armi nucleari adottato dall’ONU il 7 luglio 2017 ed entrato in vigore il 22 gennaio di quest’anno.
Nella cornice di piazza Castello è stato allestito un simbolo della pace con le candele per creare, anche visivamente, un ambiente adatto al ricordo ed alla meditazione; i partecipanti si sono riuniti in cerchio intorno al simbolo.
Risulta chiaro che la percezione del pericolo nucleare da parte dell’opinione pubblica è praticamente assente benché si tratti, insieme al cambiamento climatico, del pericolo più serio di estinzione dell’umanità: ricordare e ricostruire la memoria dei due lanci atomici su città abitate è una delle strade per riottenere questa sensibilità; per ricordare un padre ed un figlio hanno letto insieme un estratto del discorso che Setsuko Thurlow, sopravvissuta di Hiroshima, ha esposto alla conferenza per la consegna del Nobel per la Pace ad ICAN nel 2017.
Il pericolo nucleare appare lontano dimenticando che l’Italia stessa, nel suo ruolo di paese ospitante di ordigni nucleari della NATO, è un obiettivo nucleare.
A partire dalla sua entrata in vigore il 22 gennaio di quest’anno il trattato TPAN risulta una formidabile strumento della legislazione internazionale per chiudere definitivamente l’era nucleare: per questo la campagna Italia Ripensaci fa pressione sulle istituzioni italiane per l’adesione al trattato, seguendo l’esempio degli altri cinquantacinque stati che lo hanno già ratificato fra i quali l’Austria.
Straordinario anche il processo che ha portato al trattato, con l’impostazione rivoluzionaria che vede le armi nucleari non come un problema militare e di equilibrio strategico, ma come un problema umanitario: la catastrofe di una guerra nucleare, per la sua dimensione, renderebbe impossibile qualsiasi intervento di soccorso o supporto alle popolazioni colpite, quindi va eliminata questa possibilità bandendo le armi nucleari.
Ultimo, ma non secondario aspetto le risorse impiegate per la costruzione ed il mantenimento di ordigni nucleari ed in generale dell’apparato militare potrebbero essere impiegate per risolvere i problemi vecchi e nuovi dell’umanità: la fame, le insufficienti risorse sanitarie e le questioni climatiche.
Il presidio è durato circa un’ora coinvolgendo un centinaio di persone tra organizzatori e passanti.