La storia più grottesca dell’estate ha conosciuto per il momento un esito rapidamente positivo.
Il 12 agosto le autorità del Pakistan hanno annullato l’accusa di blasfemia mossa tre giorni prima contro un bambino di otto anni che, secondo due poliziotti, aveva intenzionalmente urinato mentre si trovava all’interno di una madrasa (scuola religiosa), per di più su un tappeto della biblioteca contenente testi sacri.
La vicenda era avvenuta in un villaggio dello Stato del Punjab. Dopo che era stata resa nota, una folla di facinorosi aveva assaltato un tempio induista e molti appartenenti a questa minoranza, compresa la famiglia del bambino, erano stati costretti a lasciare la zona.
La legge sulla blasfemia, disciplinata dall’articolo 295.C del codice penale che prevede la sanzione obbligatoria della pena di morte, è regolarmente utilizzata per perseguitare i fedeli di credi religiosi minoritari ed è sfruttata per vendette, regolamenti di conti o vicende del tutto private. Anche la vicenda del più giovane accusato di blasfemia ha seguito la prassi.
Il bambino e la sua famiglia sono stati trasferiti in un luogo protetto, controllato dalla polizia. Non sarà semplice né immediato garantire il loro ritorno al villaggio natale in condizioni di sicurezza.