Indubbiamente una sana concezione dello sport dovrebbe portare valori al di sopra della politica: ma nei fatti la commistione con la politica è un fatto reale.
Dopo la vittoria negli europei di calcio, le affermazioni a Tokyo hanno ringalluzzito l’orgoglio italico e – senza ovviamente nulla togliere all’impegno degli atleti, dagli ultimi ai primi – sono diventate un po’ i surrogati della rovinosa performance nell’affrontare (all’inizio nel “non” affrontare) la pandemia. Un decimo posto nel medagliere olimpico, con 40 medaglie, di tutto rispetto (insisto, soprattutto nei riguardi degli atleti).
Ci sono testate (Il Messaggero) che sottolineano che tutte le superpotenze sono dietro di noi in rapporto alla popolazione.
Non sembri tuttavia pretestuoso un riferimento a Cuba, a fronte dello scalpore mediatico che hanno riscosso le recenti manifestazioni di protesta. Una premessa è necessaria, Cuba conta una popolazione che è circa un sesto di quella dell’Italia. Il trionfalistico Messaggero per onestà non manca di precisare che l’Italia è al 35esimo posto con 0,66 medaglie per milione di abitanti: primeggia a questo riguardo San Marino, 33.500 abitanti, con ben 3 medaglie.
Non è certo il caso di fare una graduatoria dei “meriti sportivi dei popoli”, tuttavia non posso esimermi dall’osservare che il 14esimo piazzamento di Cuba equivale a più del doppio dell’a prestazione dell’Italia, 1,4 medaglie per milione di abitanti (se poi guardassimo solo gli ori – ben sapendo che spesso la differenza sfuma in frazioni impercettibili di secondo, o in un movimento inopportuno – i 10 ori dell’Italia equivalgono a 0,16, i 7 di Cuba a 0,6 per milione di abitanti.
Ma insisto, non intendo in nessun modo alimentare l’orgoglio sportivo. Indubbiamente Cuba lo ha da sempre coltivato, ma l’Italia soprattutto oggi non sembra da meno.
Potremmo osservare un aspetto, la maggioranza di atleti afroamericani, che conferma come a Cuba sia superata la discriminazione razziale.
Ma vi sono ben altri aspetti che dovrebbero depotenziare l’orgoglio italico. L’orgoglio sportivo è senza dubbio vissuto in questo momento specifico quale potenziale riscatto dopo la figura tutt’altro che brillante nell’affrontare la pandemia del Covid 19, e qui con Cuba non c’è paragone che tenga, malgrado l’isola sia sotto il feroce bloqueo statunitense. In queste settimane Cuba non se la sta passando bene con l’infuriare della variante Delta, ma i 3.440 decessi totali non hanno raffronto con i 128.000 dell’Italia: un fattore 7 per mille abitanti rispetto a noi (con il rispetto che ovviamente si deve a ogni singola vittima).
E non possiamo mancare di ricordare i 2 vaccini contro il Covid-19, su 5 totali sviluppati da Cuba: senza contare lo sforzo coordinato dell’industria biotecnologica cubana di eccellenza mondiale, a fronte della quale la penalizzazione della ricerca pubblica pone l’Italia in una situazione tutt’altro che brillante a livello mondiale.
Poi indubbiamente il feroce bloqueo USA sta strangolando l’economia cubana e privando la sua popolazione dei generi di prima necessità, ma questo non può che moltiplicare la nostra concreta solidarietà.