Il Nicaragua è decisamente un Paese che continua a stupire, assai più del mago Silvan.
«Oggi, venerdì 13 agosto 2021, la Polizia Nazionale ha avviato un’indagine contro l’Editoriale La Prensa Sociedad Anónima e i suoi direttori, per i reati di frode doganale, riciclaggio di denaro, beni e patrimoni, a danno dello Stato del Nicaragua e della società nicaraguense». Con queste parole inizia l’ultimo comunicato ufficiale della Polizia Nazionale del Nicaragua. È il n. 228-2021.
Circa cinque pattuglie di polizia hanno messo sotto sequestro le strutture del giornale e dopo un paio d’ore hanno abbandonato il luogo della perquisizione, per quanto diversi agenti siano rimasti a guardia delle strutture. Nel corso della perquisizione, la polizia ha tolto l’accesso a internet, l’alimentazione e spento tutti i server all’interno della redazione. E ha impedito ai giornalisti presenti di poter comunicare con i loro cellulari.
Per il momento non risultano persone denunciate o arrestate fra i redattori dell’organo della destra picapiedra del Nicaragua.
Sarà perché mai abbiamo creduto nelle coincidenze, ma un piccolo fatto precedente ci fa pensare.
«La dittatura blocca la nostra carta, ma non può nascondere la verità», aveva titolato a tutta pagina il giornale giovedì 12 agosto. Il giorno prima della perquisizione. La denuncia del quotidiano era relativa al fatto che la dogana non sbloccava la carta destinata alla stampa, come capitò nei mesi delle proteste del 2018. In rete si trovavano allora e si trovano oggi articoli a non finire sulla morte dell’informazione in Nicaragua.
«La materia prima che è stata trattenuta è stata contabilizzata in 92 tonnellate di carta da giornale, 49 di carta da stampa, lastre, gomma, sviluppatore per la stampa, cinghie, inchiostro e pezzi di ricambio che sono entrati nel Paese con dieci spedizioni. Il costo della carta e delle forniture ammontava a 225.352 dollari più il pagamento dei depositi fiscali», riportava La Prensa nell’editoriale.
Sarebbe troppo lungo spiegare i meccanismi legislativi, ma un accenno è obbligatorio. Non esistendo come da noi una sovvenzione statale per la stampa, i giornali possono però chiedere l’esonero dal pagamento delle tasse doganali sui materiali importati. La legge prevede che la risposta sia fornita dopo un massimo di dieci giorni. La Prensa aveva chiesto questo beneficio il 26 luglio, senza ottenere alcuna risposta.
Tornando alla cronaca, in realtà il venerdì 13 La Prensa è uscita regolarmente e gli ormai quasi inesistenti strilloni giravano per le strade annunciando i titoli nella speranza di trovare almeno un acquirente disposto a credere che non fosse uno falso organizzato da quelli di Il Male. Come accadde nel 2018-19 per un anno e mezzo: all’epoca ridusse il numero delle pagine e poi il formato. Infine utilizzò carta di vario tipo. Ma continuò a uscire per circa cinquecento giorni prima dello sblocco doganale. Allora, la stessa cosa accadde anche a El Nuevo Diario, vicino alle posizioni dei dissidenti dal FSLN.
Se il titolo e l’editoriale del 12 agosto erano una provocazione, come è possibile che fosse, ci pare evidente che il potere ci è caduto in pieno. Ormai auto-convinto della politica del molti nemici, molto onore, continua a darsi la zappa sui piedi sia internamente sia internazionalmente. Ormai ai ferri corti con numerosi Paesi, persino con alcuni non certo nemici come il Messico e l’Argentina (con ritiro dei rispettivi ambasciatori, quasi una rottura diplomatica), pare che gli inquilini di El Carmen siano ben oltre una semplice e passeggera crisis de nervios. E qualche commentatore acefalo è persino arrivato a sostenere che Lula sia affetto dalla sindrome di Stoccolma, dopo il lungo soggiorno nelle galere brasiliane, per il fatto che ha dichiarato di essere contrario a un Presidente perpetuo, sostenendo invece la più democratica alternanza.
Chissà da quali altre patologie psicologiche sono affetti Angela Davis, Frei Betto, Noam Chomsky… e l’elenco in ordine alfabetico potrebbe continuare per alcune pagine.
Volendo essere ironici, si potrebbe dire che non tutto va male in Nicaragua. È senza dubbio il Paese che detiene un primato difficilmente eguagliabile. Se La Prensa dovesse davvero smettere di uscire, a quanto ci risulta sarebbe l’unico al mondo senza un giornale stampato (e forse neppure in rete). Nel settembre del 2019 aveva chiuso i battenti El Nuevo Diario e la sinistra nostrana tacque. Oggi, per mancanza di carta trattenuta in dogana o per il blocco della redazione da parte della polizia, pure La Prensa potrebbe sospendere le pubblicazioni.
Che fine ha fatto nel nostro bel Paese quella sinistra pronta a difendere con le unghie e con i denti la libertà di stampa? Se chiude un giornale dichiaratamente di destra, si volta dall’altra parte? Il diritto di parola non è a senso unico, appartiene a tutti, senza distinzione di colore politico. E la destra la si combatte con le idee e con i fatti politici. Altrimenti non si riesce davvero a capire la differenza fra cos’è la destra e cos’è la sinistra.
Se La Prensa ha commesso reati, si abbia il coraggio politico di sanzionarla in base alle leggi recentemente approvate e osannate dai megafoni sparsi un po’ in tutti i paesi occidentali, non con i giochini doganali o con le perquisizioni alla ricerca di documenti per provare le accuse. Tanto, i suoi trentamila acquirenti non cambieranno di certo la loro idea.
Bái Qiú’ēn