Ho pubblicato di recente un articolo che esprimeva considerazioni critiche nei confronti di alcuni atteggiamenti messi in atto nelle recenti manifestazioni del “Pride”, e segnatamente sulla rappresentazione del Cristo in croce con i tacchi a spillo e la tunica arcobaleno. Il mio ragionamento era sostanzialmente di tipo politico, e tendeva a sottolineare come certe scelte fossero controproducenti per la causa, specialmente in un momento particolarmente delicato in cui impazzano le polemiche (spesso pretestuose) intorno alla possibile approvazione della “legge Zan”.
Ho ricevuto diversi apprezzamenti ma anche alcune critiche. Ho gradito i primi e ai secondi vorrei ora rispondere cercando di capire le ragioni di tutti e evitando, ove possibile, inutili contrapposizioni.
Sgombriamo subito il campo rispetto a chi ha voluto sottolineare come i comportamenti di cui discutiamo siano del tutto legittimi. Su questo non ho avuto mai nessun dubbio. Qualcuno può non approvare o si può anche risentire, ma nessuno può mettere in discussione la liceità di fatti che non infrangono nessuna legge.
Un amico sui social mi ha scritto in modo polemico: ”Me lo scrivi un articolo anche sullo sterminio dei Nativi canadesi da parte di Chiesa e Governo Canadese? Grazie”. Provvedo subito! Quanto avvenuto in Canada credo sia tutto sommato di facile lettura e poco contestabile. Si tratta di gravissimi atti che definire criminali è semplicemente riduttivo. Non ci troviamo, infatti, di fronte a semplici fatti avvenuti in modo isolato e ascrivibili a singoli individui perversi. Quanto è accaduto ha il carattere di un vero e proprio genocidio, minuziosamente programmato, organizzato e “scientificamente” messo in atto con una rete di complicità e omertà che non ammette discussioni e che implica una condanna senza appello. Come anche ha sottolineato il mio interlocutore, il tutto è aggravato dalla circostanza che i fatti sono avvenuti non nelle nebbie di un lontano medioevo, per certi versi ormai passato in giudicato, ma appena trenta anni fa. Io aggiungerei che non si tratta neppure di fatti ascrivibili come particolarmente anomali o eccezionali rispetto alle pratiche di governo delle comunità messe in atto dalla Chiesa Cattolica. Basti pensare a quanto avvenuto in Irlanda, anche lì in tempi non lontanissimi. E basti pensare, per altro verso, all’annoso, gravissimo e mai veramente risolto (malgrado intenzioni e dichiarazioni) problema della pedofilia, che coinvolge tanti prelati in tante parti del mondo.
Tornando alla nostra discussione vorrei però ricordare come credo sia necessario fare una doverosa distinzione tra la Chiesa Cattolica come istituzione e il complesso e variegato mondo delle comunità dei credenti che, almeno in teoria, attingono a più di un miliardo e trecento milioni di (ipotetici) aderenti al cattolicesimo. Come già ricordavo nel mio precedente articolo, più che di un mondo si tratta di una costellazione di mondi, che a prescindere da qualsiasi altra valutazione ( etica, teologica, sociale ecc.) se visti considerando il solo aspetto dello “schieramento politico” possono essere assimilati a posizioni che vanno dall’estrema destra alla sinistra radicale. Mi pare evidente come sia precipuo interesse di tutti i laici e i “progressisti” fare il possibile per aiutare le comunità dei credenti particolarmente sensibili a determinate questioni, perché si schierino in maniera chiara e decisa, per un verso contro i crimini purtroppo a volte commessi dalle istituzioni ecclesiastiche, e per altro verso in favore del pieno riconoscimento dei diritti di tutti e in particolare, nel nostro caso in questione, di quelli delle comunità LGBT. E’ solo in ragione di questa necessità di natura politica che mi sono permesso di criticare la vicenda del “Cristo con i tacchi a spillo” come controproducente.
Voglio infine rispondere ad una amica e compagna che così commenta il mio precedente scritto: “Molto ponderato e rispettoso di ogni altrui pensiero… pur condividendolo mi sento avvolta da pruriti di omologazione stereotipata. Tutti siamo pieni di rispettose attenzioni cattodemosociali. E forse è proprio il comodo e ipocrita sistema patriarcale che le offre al santuario di pace familiare a gogò, con regole che stringono cappio, lacci, emozioni, amori etc. Così ti lancio uno sfogo di rottura sostenendo come ogni forma artistica scandalosa è stata dirompente per i cambiamenti futuri precorrendo i tempi. Vedi “L’orinatoio”: la scultura “Fountain” dell’artista francese dadaista Marcel Duchamp che venne rifiutata. Con un orinatoio avvenne il battesimo dell’arte concettuale che fece orrore, come prima “Le Déjeunersurherbe” del pittore francese Édouard Manet”.
Commento, come si può vedere, intelligente ed estremamente “intrigante” nel suo spiazzare il discorso ponendo questioni che esulavano dal mio intervento. Credo, per l’appunto, che la chiave per capire e poter rispondere, sia quella di sottolineare come ciò che fa la differenza tra le mie originarie argomentazioni e questo interessantissimo commento, non sono presunte o possibili differenze contenutistiche e di vedute, quanto il fatto che ci si muove entro i limiti di diversi ambiti concettuali, e di conseguenza, e secondariamente, su differenti registri linguistici. In soldoni: Il mio articolo partiva e si muoveva entro l’esigenza di una interpretazione squisitamente politica dei fatti considerati, il commento in risposta invece pone al centro un modello interpretativo che si fonda su considerazioni di tipo estetico-artistiche con valore e finalità fortemente trasgressive. L’esigenza della “arte della politica” è quella di schierare i fronti conquistando adesioni e compattando la schiera degli amici e al contempo scompaginando e sottraendo forze alla schiera dei nemici. La trasgressione (specialmente quella a forte impatto estetico) porta invece lo scompiglio in tutti fronti. Non è al contempo aggregativa e disgregativa, ma semplicemente disgregativa. Porta rottura e turbamento. Fa scandalo, nel senso etimologico di ostacolo e inciampo. Non deve convincere, ma insinuare il dubbio, mettere un tarlo nella mente. Non ha infine l’obbligo di essere rispettosa (nel nostro caso e per esempio, della sensibilità dei cattolici) perché deve colpire ed essere straniante.
Credo che per capire la differenza tra la logica della politica e quella della trasgressione estetica sia fondamentale fare riferimento alla differenza della dimensione temporale, entro la quale agiscono. La politica gioca sul “qui, ora e subito”. Sull’accorciamento dei tempi e sulla immediatezza dei risultati da conseguire, per i quali diventa fondamentale spiazzare l’avversario precedendone le mosse. Il suo tempo ideale è quello dell’azzeramento dei tempi; quello della realizzazione immediata. Al contrario le pratiche trasgressivo-estetiche guardano al futuro piantando semi e sperando che diventino piante. Il presente è solo terreno di scontro. La realizzazione sta sempre in un “dopo”, che nello “adesso” si da come “altro” e come “diversità”, al limite come “l’inconcepibile”.
Certo entrambe, la politica e la trasgressione estetica, vivono oggi le loro difficoltà e la loro crisi. La politica (ci riferiamo a quella ufficiale) stretta nell’abbraccio mortale tra immediatezza degli esiti e pervasività dei media, sempre più diventa arte dell’inganno e della manipolazione dell’opinione pubblica. Mentre la trasgressione estetica, uscita dai musei per conquistare le piazze, soffre di una certa inflazione che la spinge verso una sempre minore significanza. Ma questi sono altri discorsi che esulano dagli scopi di questo scritto.
In conclusione, seguendo la logica di quanto discusso finora, credo di potere ribadire quanto già detto: e cioè che il senso delle mie perplessità e delle mie critiche intorno alla vicenda del “Cristo con i tacchi a spillo”, stia nella considerazione che in questo momento, con tutte le polemiche e gli scontri scatenati dal dibattito intorno alla “legge Zan”, una scelta di tipo politico era, con ogni probabilità, da preferire (almeno negli esiti) a pratiche di tipo trasgressivo.