In Algeria nasce l’agenzia statale che dovrà bonificare e riabilitare i siti dei test nucleari francesi. Ma se ascoltate il presidente…
Quattro Hiroshima messe insieme. Nel nostro “Mediterraneo allargato”, a casa dei tuareg, sottoterra e nel cielo. Funghi atomici e tempeste color ocra, nebbie radioattive e veleni senza tempo. Storie di 60 anni fa, che non sono ancora finite. Sui notiziari italiani righe zero, eppure questa è la storia dell’umanità. Accade che, con decreto in Gazzetta ufficiale qualche giorno fa, l’Algeria prometta la decontaminazione dei siti sahariani dove tra il 1960 e il 1966 furono effettuati i test nucleari francesi. Il compito è affidato a un’agenzia statale: dovrà “riabilitare” le aree di Raggane e tutte le altre dove Parigi fece detonare prima e dopo l’indipendenza della sua ex colonia 17 esplosioni (solo la prima, Operazione ‘Gerboise Bleue’, quattro volte più potente di Hiroshima).
Chi e cosa pagherà non lo ha chiarito per la verità neanche il presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune. In un’intervista ha solo ribadito la richiesta alla Francia affinché “ripulisca” i siti e sostenuto che invece parlare di risarcimenti sarebbe come comportarsi da “popolo mendicante” che “sminuisce” i suoi “martiri”. La nascita dell’agenzia è stata accolta come una buona notizia pure in Francia: ancora nel marzo scorso l’Institut de radioprotection et de sûreté nucléaire aveva rilevato cesio-137 radioattivo in una nube di sabbia proveniente dal Sahara. Per ora non commentano invece le associazioni delle vittime algerine, come Taourirt: il suo presidente, Abdelkarim Touhami, un sopravvissuto, continua a denunciare morti sospette, nascite di bambini con malformazioni e patologie tumorali fuori media.
Ne renderà conto mai qualcuno? Il Parlamento francese ha appena bocciato una proposta del deputato Moetai Brotherson, che voleva rendere “transgenerazionale” una legge del 2010 sui risarcimenti estendendo il diritto ai discendenti di chi si ammalò per le scorie radioattive. Non solo in Algeria ma anche dall’altra parte del mondo. Cercate sulla mappa Papeete, Polinesia francese: una settimana fa almeno 2.500 persone hanno manifestato chiedendo giustizia per le vittime dei test. Aspettano Emmanuel Macron il 25 luglio, ma non tutti gli daranno il benvenuto.