È un lavoro di notevole interesse, quello curato da Alfonso Navarra, Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, dal titolo Memoria e futuro (Mimesis Edizioni, Milano – Udine, 2021), recentissima pubblicazione collettiva che raccoglie contributi di autori diversi, quali Vittorio Agnoletto, Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Mario Agostinelli, Rocco Altieri, Pola Natali Cassola, Antonia Baraldi Sani, Adriano Ciccioni, Gianfranco D’Adda, Mario Di Padova, Giuseppe Farinella, Renato Franchi, Agnese Ginocchio, Antonella Nappi, Nadia Scardeoni, Oliviero Sorbini, cui i curatori dell’opera hanno affidato il compito di delineare, ciascuno e ciascuna in base al proprio specifico e ai propri saperi, tratti per la costruzione di una rinnovata coscienza militante che si vuole non solo ecopacifista ma anche orientata alla cura complessiva della comunità della vita e della terra, con una proiezione diretta sui territori della costruzione della pace con giustizia, giustizia sociale e giustizia ambientale, in una parola, «pace positiva».
È un testo ambizioso, al contempo agile e articolato, nella misura in cui, sin dalle battute introduttive, si propone di essere una delle manifestazioni di un impegno militante, politico nel senso proprio del termine, per promuovere, in generale, una rinnovata cultura della pace per il XXI secolo e, nello specifico, per avanzare nella direzione di una complessiva «educazione alla terrestrità». Quest’ultima merita una specificazione, dal momento che il termine non può essere ridotto al suo tradizionale significato lessicale («ciò che appartiene propriamente alla natura o alla condizione terrestre») bensì necessita di essere ampliato e aggiornato in una dimensione propriamente ecosistemica. Come precisa Alfonso Navarra, si tratta della dimensione complessiva in base alla quale «gli esseri umani appartengono alla comunità della vita e alla Terra – Terra Madre – unico ecosistema globale di viventi e non viventi» (p. 55). Il riferimento che gli autori e le autrici seguono è cioè quello indicato da Edgar Morin quando, nel 2013, segnala lo sviluppo di «un sentimento di appartenenza alla comunità, a ciò che chiamo «Terra-Patria». […] «Terra-Patria» non significa che le comunità nazionali ed etniche debbano essere dissolte: l’umanità deve preservare la sua diversità producendo unità» (p. 57).
Si tratta di un orientamento utile perché fornisce una chiave di lettura del volume, nel senso, appunto, della portata sociale ed ecosistemica di questa nuova, auspicata, presa di coscienza e assunzione di responsabilità collettiva, in cui traspare persino una lontana eco dell’utilizzo gramsciano del concetto di terrestrità, quando afferma che «la filosofia della praxis è lo «storicismo» assoluto, la mondanizzazione e terrestrità assoluta del pensiero, un umanesimo assoluto della storia. In questa linea è da scavare il filone della nuova concezione del mondo» (Quaderno 11, § 27, sul Concetto di «ortodossia», edizione critica Valentino Gerratana, 1975). Come viene specificato nella presentazione, redatta dallo stesso Alfonso Navarra e da Luigi Mosca, Fabrizio Cracolici e Laura Tussi, il volume è prodotto di «un lavoro collettivo portato avanti dai Disarmisti Esigenti, nati dall’appello «Esigete! Un disarmo nucleare totale» di Stéphane Hessel e Albert Jacquard, e dai loro stretti collaboratori, membri anch’essi di ICAN, la Campagna Internazionale per la messa al bando delle armi nucleari, Premio Nobel per la Pace nel 2017», alla quale aderiscono come partner, in Italia, diverse organizzazioni e reti, quali l’Associazione Italiana Medicina per la Prevenzione della Guerra Nucleare, Cormuse, l’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo, PeaceLink, Pressenza – Agenzia di Stampa Internazionale, la Rete Italiana Pace e Disarmo, Senzatomica, la WILPF Italia, la World Foundation for Peace, Pax Christi Italia, Mondo senza Guerre e senza Violenza – Argonauti per la Pace, e, appunto, come detto poc’anzi, i Disarmisti Esigenti.
È, al tempo stesso, un lavoro militante ma non episodico, con l’ambizione di coltivare, insieme con l’obiettivo più specifico della costruzione di una «Rete per l’Educazione alla Terrestrità», con lo scopo di delineare una «cittadinanza planetaria organicamente pervasa di coscienza ecologica […] che riconosca e tuteli i diritti dell’unica umanità e della natura» (p. 9), anche l’obiettivo più generale dell’avanzamento verso «una cultura di pace, di nonviolenza efficace, di umanesimo integrale, basato sulla vera giustizia sociale, sulla fiducia reciproca e sullo spirito di cooperazione tra i popoli e tra le nazioni, sul rispetto della dignità di ciascuno, sul rispetto e la cura della Natura […] nello spirito di una ecologia integrale» (p. 128) come indica Luigi Mosca nel suo ampio saggio su “Il lungo percorso dell’umanità per uscire dalla barbarie”, al centro del volume. Non a caso a questo si accompagnano altri due contributi “simmetrici”, quello di Laura Tussi sulla «nonviolenza efficace come strategia educativa», un contributo sulla nonviolenza efficace come «forza dell’unione popolare […] innestata su un agire politico collettivo pianificato e organizzato, bene appoggiata sul principio di responsabilità» (p. 144), e quello di Rocco Altieri su «ecologia, economia e costruzione della pace», una riflessione, a partire dalla lezione di Kumarappa (1945), sulla necessità della trasformazione «da un’economia parassitaria e predatoria, verso un’economia della permanenza, al servizio del benessere di tutti, … che Gandhi chiama Sarvodaya» (p. 158).
Un testo prezioso, dunque, utile per alimentare coscienza e impegno verso un’alternativa percorribile, di pace.