I processi per “disastro ambientale” sono spesso tecnicamente complessi. Applicare tempi eccessivamente stringenti nelle indagini significherebbe indebolire le prove. Così pure i tempi per l’appello e la Cassazione devono tenere conto della oggettiva difficoltà dei processi ambientali.
Lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi
Gentile Presidente,
la riforma della giustizia è attualmente oggetto di un approfondimento critico e a tal fine Le scriviamo per chiederLe di includere in tale approfondimento critico gli ecoreati, e in particolare il “disastro ambientale”.
I processi per “disastro ambientale” si rivelano spesso molto complessi dal punto di vista tecnico-scientifico. Applicare tempi eccessivamente stringenti alla fase delle indagini significherebbe non avere a disposizione elementi di prova tali da andare oltre il “ragionevole dubbio”. Così pure i tempi per l’appello e la Cassazione devono tenere conto necessariamente della oggettiva complessità dei processi, che non di rado coinvolgono anche pubblici amministratori compiacenti. Non deve essere consentita a questi ultimi la possibilità di “sfilarsi” dai processi più ampi perché questo incentiverebbe la corruzione e l’illegalità in generale.
Il processo Ambiente Svenduto, che ha coinvolto a Taranto oltre quaranta imputati, costituisce un esempio di processo estremamente complesso e articolato rispetto al quale una tempistica eccessivamente contratta porterebbe non ad un processo breve ma alla morte del processo stesso. Una tempistica ristretta per appello e Cassazione porterebbe alla spasmodica ricerca, da parte delle difese, di un ostuzionismo esasperato per allungare i tempi nella speranza di giungere alla cosiddetta “improcedibilità”, con avvocati e testimoni che perderanno la voce in aula o che accuseranno misteriosi malori.
L’articolo 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sancisce:
“Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale”.
Precludere la possibilità di concludere il processo, con gli attuali tempi imposti dalla riforma, significherebbe pertanto negare la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, tutelati dall’articolo 2 della Costituzione Italiana. Nei processi per disastro ambientale sono quasi sempre in gioco i diritti tutelati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e quindi dalla Costituzione Italiana. Se la riforma della giustizia non tutelasse i diritti inviolabili dell’Uomo – compromessi dai disastri ambientali – sarebbe gravissimo. Questo aumenterebbe i ricorsi alla Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) per mancata tutela dei diritti inviolabili dell’uomo da parte dello Stato italiano che – interrompendo i processi – non renderebbe giustizia alle vittime dei disastri ambientali, ai morti per inquinamento e per le omissioni letali nella sicurezza sui luoghi di lavoro.
Le chiediamo pertanto di considerare, nella riforma in discussione, anche gli ecoreati, e in particolare il disastro ambientale, fra i reati per i quali prevedere una più realistica valutazione dei tempi necessari a far concludere i processi.
Distinti saluti
Prof. Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
www.peacelink.it