Il 18 ottobre del 2019, nelle stazioni della metropolitana di Santiago, con una protesta studentesca contro l’aumento dei prezzi del trasporto, iniziò una rivolta che dilagò per mesi in tutto il Cile, il paese primo laboratorio del neoliberismo. Una rivolta che ha coinvolto milioni di persone in grandi mobilitazioni che sfociarono, tre le altre cose, nella richiesta di una nuova Costituzione. Il Covid-19 ha colpito con violenza la vita collettiva, ma i cileni non hanno smesso di perseguire il progetto di una trasformazione radicale. Nel mondo schiacciato dalla violenza delle corporazioni globali, dalle guerre, dalla crescita del nazionalismo, dal genocidio ordinario nel cimitero mediterraneo e dal susseguirsi delle catastrofi ecologiche (le zapatiste e gli zapatisti la chiamano la Quarta guerra mondiale) c’è sempre meno spazio per un lume di speranza. Per questo rivolte come quella cilena, suggerisce Franco Berardi Bifo, possono alimentare la capacità di vedere l’inimmaginabile come possibile. In questo scenario, il Grip (Gruppo di Ricerca Intercontinentale sulla pandemia), convoca una straordinaria assemblea mondiale (26 giugno) per sostenere l’orizzonte emerso in Cile.
Il Cile non è un posto qualsiasi. Per chiunque abbia vissuto le vicende dei movimenti sociali degli anni Sessanta e Settanta Cile significa il luogo in cui la controrivoluzione globale cominciò l’11 settembre 1973.
Un colpo di stato guidato da un generale fascista di nome Augusto Pinochet abbatté con la forza delle armi il governo socialista di Unidad Popular, uccise il presidente Salvador Allende, e massacrò trentamila persone nel corso degli anni seguenti al golpe. L’intellettualità cilena fu costretta all’esilio per decenni.
Ma Pinochet non era solo: il criminale nazista fu appoggiato e protetto dal presidente Nixon e dal segretario di stato Henry Kissinger, e le misure economiche imposte dal dittatore divennero il laboratorio del neoliberismo. Chi crede ancora che capitalismo liberale e nazismo siano due cose diverse non ha capito cosa significò il colpo di stato di Pinochet sul piano globale: la rottura violenta della democrazia sociale e l’inaugurazione di un aggressivo sistema di privatizzazione, di riduzione dei salari e di devastazione sistematica del pianeta.
Ci raccontano ancora la favola di un conflitto tra democrazia liberale e nazionalismo aggressivo. In realtà si tratta di due modelli complementari e i regimi fascistoidi applicano politiche ultraliberiste. La prima cosa che fece Trump arrivato alla presidenza fu proprio una riforma della tassazione che spostò ulteriormente risorse verso le grandi agenzie finanziarie private.
Il Cile è un paese culturalmente e tecnologicamente avanzato. Negli anni di Allende iniziò la sperimentazione di Cybersyn, un sistema di rete elettronica che aveva le caratteristiche concettuali di quello che sarebbe poi stato Internet.
Anche Cybersyn fu stroncato dalla furia liberal-fascista.
Nel 1980, dopo avere eliminato ogni resistenza con il carcere la tortura e l’esilio, Pinochet varò la Costituzione che è rimasta in vigore fino all’anno scorso. Una Costituzione centrata sul primato assoluto del privato e sull’annullamento dei diritti del lavoro. Alla fine del decennio ’80 il cosiddetto ritorno alla democrazia ha permesso ai cileni di eleggere i loro rappresentanti, ma non di cambiare la regola sociale privatistica sancita dalla Costituzione.
Fino a quando, il 18 ottobre del 2019, nelle stazioni della metropolitana di Santiago, con una protesta studentesca contro l’aumento dei prezzi del trasporto, iniziò una rivolta che dilagò per mesi in tutte le città del paese.
Una rivolta di radicalità estrema che coinvolse milioni e milioni di persone in una serie di strabilianti mobilitazioni di massa che sfociarono nella richiesta di una nuova Costituzione.
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Il 25 ottobre del 2020 si tenne il referendum che sancì a larghissima maggioranza la cancellazione della Costituzione liberal-fascista.
Il Covid-19 ha colpito con violenza la vita collettiva, ma i cileni non hanno smesso di perseguire il progetto di una trasformazione radicale.
Il 15 e 16 maggio 2021 si sono svolte le elezioni dell’assemblea costituente. Ha votato il 42,5 per cento dell’elettorato (6.108.676 persone). Gli eletti sono 77 donne e 78 uomini la cui età media è di 42 anni. 37 eletti sono di Chile Vamos, una formazione di estrema destra. 25 a una lista di centro che si chiama Apruebo. Gli altri costituenti, corrispondenti al 70 per cento, appartengono alla lista “apruebo dignidad”, al Frente Amplio al Partito comunista, e a Lista del pueblo. Queste formazioni sono dichiaratamente favorevoli a una costituzione fondata sui diritti sociali e rivolta alla redistribuzione del reddito entro una prospettiva egualitaria. Tra queste formazioni la lista del pueblo (27 seggi) è quella che rappresenta le istanze più radicali di tipo indigenista ecologista egualitario, ed è quella per cui hanno votato in maggioranza i movimenti sociali. (Fonte: https://2021.decidechile.cl/#/ev/2021).
In contemporanea si sono svolte le elezioni per il Comune di Santiago del Cile: la sindaca è una trentenne del Partito Comunista. Il programma cui si ispirano queste forze sono: garanzia dei diritti sociali e del lavoro, riconoscimento delle autonomie delle popolazioni indigene, una educazione pubblica di qualità (la scuola privatizzata è stato uno dei temi su cui i movimenti si sono ripetutamente mobilitati negli ultimi decenni, forse qualcuno ricorda la prolungata rivolta studentesca del 2011).
Non c’è bisogno di dire che il processo costituente cileno è un evento del tutto in controtendenza. Stupefacente è il silenzio assoluto della stampa e dell’opinione pubblica europea (ammesso che essa esista ancora e mi pare di no).
Naturalmente dobbiamo attenderci la reazione del sistema finanziario globale e la reazione della casta militare che non è stata riformata dopo la fine del pinochettismo. Ma proprio per questo occorre fare tutto quel che possiamo perché l’informazione sul Cile cominci a circolare, e occorre anche comprendere che il processo costituente ci riguarda tutti, perché è l’ultima finestra aperta nel mondo prima che il buio diventi completo.
Dalla prima settimana di luglio inizia il lavoro dell’assemblea costituente: si tratta di riscrivere la carta su basi egualitarie, anti-autoritarie, di trasformare il Cile in un paese pluri-culturale, femminista, radicalmente ecologista.
Da qualche tempo mi esercito a pensare con due cervelli.
Il cervello del probabile vede il dominio delle corporazioni globali schiacciare definitivamente dovunque la società. Vede il fascismo diffondersi in Europa: i generali francesi minacciano la guerra civile. Il nazionalismo madrileno e quello catalano specularmente si preparano allo scontro. In Italia l’uomo della Goldman Sachs stende il tappetino rosso su cui avanzano il partito razzista di Salvini e il partito fascista di Meloni.
Dall’Ucraina alla Bielorussia, dalla Palestina all’Iran, la guerra si delinea alle frontiere d’Europa.
Il genocidio continua nel cimitero mediterraneo.
Le catastrofi ecologiche si susseguono a ritmo quotidiano.
Navi cariche di sostanze tossiche in fiamme nel Golfo Persico e nell’Oceano indiano.
Non c’è un lume di speranza nel panorama del cervello probabile. Eppure il cervello del possibile vede la rivolta cilena, vede il processo costituente, e non smette di vedere l’inimmaginabile come possibile. È tempo di immaginare l’inimmaginabile.
Un emergente globale
Rivolta cilena, un emergente globale?
Assemblea per collegare e formare comitati e gruppi, che diano visibilità e sostegno alla rivolta popolare e al potere costituente in Cile e nel mondo
Il GRIP (Gruppo di Ricerca Intercontinentale sulla pandemia), convoca in assemblea i vari gruppi provenienti da Italia, Svizzera, Spagna Francia, Argentina, Uruguay, Brasile, Messico, Belgio e Cile con cui siamo venuti in contatto in questi tempi, La data è il 26 giugno dalle 11 alle 14 in America Latina e dalle 16 alle 19 in Europa. In questo gruppo lavoriamo dal marzo 2020 sui fenomeni sociali, clinici e di gruppo, che si stanno sviluppando intorno alla sindemia del coronavirus, che consideriamo un evento che ha evidenziato molti dei conflitti già presenti nel nostro mondo globalizzato. Crediamo che il modo in cui denotiamo i processi in cui siamo immersi, ci aiuti a stabilire ampi orizzonti di comunicazione e azione. Il linguaggio dà forma all’immaginario collettivo.
Abbiamo già convocato diverse assemblee aperte per riflettere su alcuni di questi aspetti, e consideriamo la rivolta popolare cilena come un’emergente globale che ci mostra nuove e inventive forme di lotta e di gestione politica e sociale. Ci sentiamo legati a questi processi e proponiamo di continuare così perché crediamo che si debba espandere questa gruppalità creatrice nata nella rivolta popolare cilena perché mostra come si possa affrontare la paura e il terrore che il neoliberismo inocula di fronte alla ribellione alle situazioni sociali di disuguaglianza e sofferenza. Passare attraverso un processo costituente come quello che si sta aprendo in Cile significa necessariamente creare piani di coerenza e organizzazione tra forze diverse: organizzazioni della società civile, partiti politici, varie agenzie di organismi collettivi e intelligenze, singolarità e molteplicità. La rivolta cilena e il modo in cui è stato costruito un potere costituente è una novità, un’invenzione politica che la rende in questo momento un’emergente di una situazione universale.
Il processo iniziato con la rivolta del 2019 apre una prospettiva che va ben oltre i confini del Cile. Produrre connessioni e radiazioni di questa esperienza è un modo per portare visibilità e dare coerenza al nostro lavoro nei gruppi e istituzioni.
“Non era depressione era capitalismo”. Questo slogan è stato visto scritto sui muri e nei cartelli portati da giovani donne cilene in una rivolta popolare che non è stata fermata della repressione criminale lanciata dalle forze governative. Una rivolta a vari livelli della vita quotidiana che dimostra che è possibile un altro modo di vivere. Un’orizzontalità moltitudinaria si sta dimostrando nelle azioni dei più diversi gruppi indipendenti che si esprimono, combattono e sollevano le loro richieste. Così si produce un movimento, un’onda, in cui la vibrazione emotiva è combinata con una semiotica che inaugura nuovi eventi.
Per questi motivi dal GRIP convochiamo un’assemblea per sabato 26 giugno. Cerchiamo dalla zona latina dei due continenti di fare il punto sulle condizioni di soggettività post-pandemia, di immaginare come l’evoluzione caotica del prossimo futuro possa aprire una finestra di attivazione alla solidarietà e al piacere di vivere, all’equa ridistribuzione della ricchezza, e alla felice frugalità contro il cinismo e la fuga nel buco nero della depressione. L’esperienza cilena ci mostra un modo per smantellare il senso comune imposto dal neoliberismo. In Cile è nato il ciclo neoliberista con il golpe del 11 settembre 1973 di Pinochet, e in Cile ha iniziato a morire con la rivolta del 2019 e il processo costituente. Si può aprire un nuovo orizzonte a tutto il pianeta.
Hasta pronto
GRIP (Groupe de recherche intercontinentale sur la pandemie)
Per partecipare alla assemblea inviare una mail a: gruppo_diricerca@libero.it